Non soltanto le terre rare: nel mirino di Trump anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia
L’accordo per la pace che metterà fine alla guerra iniziata nel 2022 è legato a doppio filo a quello che Washington riuscirà a stringere per ottenere accesso preferenziale alle risorse energetiche degli ucraini. Il patto per le terre rare è vicino e verrà firmato “molto presto”: il presidente Trump – che ha “apprezzato” la disponibilità […] L'articolo Non soltanto le terre rare: nel mirino di Trump anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia proviene da Il Fatto Quotidiano.

L’accordo per la pace che metterà fine alla guerra iniziata nel 2022 è legato a doppio filo a quello che Washington riuscirà a stringere per ottenere accesso preferenziale alle risorse energetiche degli ucraini. Il patto per le terre rare è vicino e verrà firmato “molto presto”: il presidente Trump – che ha “apprezzato” la disponibilità dell’omologo ucraino – l’ha dichiarato ieri.
Non è ancora chiaro quali siano i termini dell’intesa sulle terre rare più volte rifiutata dagli ucraini, che hanno rigettato contratti in cui si dava accesso agli statunitensi a materiale minerario del valore di 500 miliardi di dollari (senza però avere garanzie di sicurezza). Trump, le terre rare, le sta cercando ovunque, non solo a Kiev e dintorni: “Stiamo firmando accordi in varie località per sbloccare terre rare e minerali e lots of other things, e molte altre cose, in tutto il mondo, ma in particolare in Ucraina”. Lo ha detto ieri alla Casa Bianca dopo aver firmato un ordine che impone di “aumentare drammaticamente” la produzione dei minerali critici (un settore in cui a dominare è la Cina).
Trump ora ha messo gli occhi anche sulle centrali nucleari: “La proprietà americana degli impianti potrebbe rappresentare la migliore protezione per quell’infrastruttura” ha detto in seguito alla telefonata avuta con Zelensky, che lo ha però smentito: i due hanno parlato di controllo, non di proprietà. “Non ne discuteremo. Oggi abbiamo 15 reattori nucleari in funzione. Tutto questo appartiene al nostro Stato” ha detto Zelensky in conferenza stampa a Oslo con accanto il premier norvegese Jonas Gahr Store. Oggetto costante di appelli dell’Aiea, agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite, che teme una prossima, collettiva, potenziale catastrofe, di tutte le strutture atomiche, la centrale di Zaporizhzhia è quella che preoccupa di più.
Lungo il fronte degli scontri, sotto attacco dall’inizio del conflitto nel 2022 e dal marzo di quell’anno in controllo delle forze di Mosca, è la centrale più grande d’Europa (una delle dieci più grandi al mondo) e prima di diventare inattiva, forniva prima all’Ucraina il 20% dell’energia nazionale. Con i suoi sei reattori spenti, necessita di costante manutenzione; ci vorranno due anni per farla tornare al lavoro, secondo Zelensky, convinto anche che “la sua esistenza è impossibile senza l’Ucraina”: “Abbiamo bisogno di soldi e specialisti per ripristinarla. E anche di tempo, ci vorranno diversi anni. È la nostra centrale”.
Oggi l’Ucraina controlla tre centrali nucleari ancora attive, site nel sud, ovest e nordovest del Paese, lontane dalla linea del fronte. Zaporizhzhia sarà di certo parte dei negoziati tra Mosca, Kiev e Washington, anche se al momento l’impianto è danneggiato da costanti attacchi di droni e bombardamenti. “Se Zaporizhzhzia non appartiene all’Ucraina, allora non funzionerà per nessuno” ha detto il leader ucraino, lasciando però aperta un’opzione: “Se gli americani vogliono prendere la centrale dai russi e vogliono investire lì e modernizzarla, è una questione completamente diversa. Siamo disponibili a discuterne, ma la questione della proprietà non l’abbiamo discussa col presidente Trump”.
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