Non solo Russia: tutti i dossier che agitano il petrolio

La possibilità di un cessate il fuoco tra la Russia e l'Ucraina e di un maggiore ritorno del greggio russo sui mercati fanno scendere i prezzi del petrolio. Ma il contesto è incerto, tra Iran, Opec e Trump. Tutti i dettagli.

Mar 24, 2025 - 12:16
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Non solo Russia: tutti i dossier che agitano il petrolio

La possibilità di un cessate il fuoco tra la Russia e l’Ucraina e di un maggiore ritorno del greggio russo sui mercati fanno scendere i prezzi del petrolio. Ma il contesto è incerto, tra Iran, Opec e Trump. Tutti i dettagli

La possibilità di un cessate il fuoco tra la Russia e l’Ucraina ha portato gli investitori a scommettere su un aumento dei volumi di petrolio russo sui mercati internazionali. Di conseguenza, il prezzo dei contratti (futures) del Brent, il riferimento basato sul mare del Nord, è sceso oggi dello 0,4 per cento, a 71,9 dollari al barile; similmente, il prezzo del Wti, il riferimento statunitense, è calato dello 0,3 per cento a 68 dollari.

COSA C’È DIETRO AL MOVIMENTO DEI PREZZI DEL PETROLIO

Entrambi i benchmark erano saliti di prezzo venerdì, registrando il secondo aumento settimanale consecutivo, a seguito delle nuove sanzioni sull’Iran imposte dagli Stati Uniti e dell’ultimo piano produttivo dell’Opec+, ovvero il gruppo che riunisce alcuni dei principali paesi esportatori di greggio, che ha alimentato i timori di un’offerta petrolifera ristretta rispetto alla domanda.

Toshitaka Tazawa, analista di Fujitomi Securities, ha detto a Reuters che “le aspettative di progressi nei negoziati di pace tra Russia e Ucraina e di un potenziale alleggerimento delle sanzioni statunitensi sul petrolio russo hanno fatto scendere i prezzi” del greggio. Ma, ha aggiunto, gli investitori vogliono capire quale sarà la linea dell’Opec+ sulle quote di produzione.

COSA FARÀ L’OPEC+

Ad aprile, infatti, l’organizzazione – formata dai paesi dell’Opec più alcuni alleati come la Russia – dovrebbe aumentare i suoi livelli produttivi, ma ha chiesto a sette dei suoi membri di ridurre l’output per compensare il mancato rispetto dei precedenti tagli.

“I colloqui per il cessate il fuoco tra Ucraina e Russia aumentano le prospettive di un aumento delle esportazioni russe in caso di una risoluzione, mentre l’aumento della produzione dell’Opec+ già ad aprile indica un’ulteriore aggiunta di offerta che potrebbe essere difficile da assorbire completamente dai fattori di domanda”, ha spiegato all’agenzia Yeap Jun Rong di Ig.

Dal 2022 l’Opec+ ha adottato una serie di misure di contenimento della produzione per bilanciare il mercato petrolifero ed evitare un crollo dei prezzi, riducendo il proprio output complessivo di 5,8 milioni di barili al giorno, cioè il 5,7 per cento dell’offerta globale. Da aprile, tuttavia, otto membri aumenteranno le loro produzioni di 138.000 barili al giorno.

L’IMPATTO DELLE SANZIONI SULL’IRAN E IL RUOLO DELLA CINA

La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni sull’industria petrolifera dell’Iran, prendendo di mira soprattutto le esportazioni verso una società di raffinazione cinese, la Shandong Shouguang Luqing Petrochemical: in gergo viene definita una teapot, cioè una piccola raffineria indipendente pressoché slegata dal sistema finanziario statunitense e dunque poco vulnerabile alle sanzioni. La Cina, comunque – che è la principale acquirente di greggio iraniano -, non riconosce le sanzioni americane.

Il presidente Donald Trump aveva promesso di ripristinare una campagna di “massima pressione” sull’Iran per impedire al regime di sviluppare le capacità di realizzare una bomba atomica. Il segretario del Tesoro Scott Bessent ha dichiarato che “gli acquisti di petrolio iraniano da parte delle cosiddette raffinerie teapot costituiscono la principale fonte di sostentamento economico per il regime iraniano, il principale sponsor statale del terrorismo al mondo e il principale finanziatore degli houthi assassini nello Yemen”.

L’INCERTEZZA CREATA DA TRUMP

I mercati petroliferi risentono del clima di incertezza creato da Trump con l’imposizione di dazi commerciali e le conseguenti risposte (annunciate o effettive) dei paesi colpiti, tra cui il Canada e la Cina. Rispetto al picco toccato a metà gennaio, i futures del petrolio hanno perso oltre il 10 per cento, scrive Bloomberg.