Non ci piacciono i politici che mentono. Meno ancora se dicono la verità
Catalogo del vittimismo innocentista, tra cronaca nera, catastrofi naturali e droghe. Il corsivo di Battista Falconi

Catalogo del vittimismo innocentista, tra cronaca nera, catastrofi naturali e droghe. Il corsivo di Battista Falconi
La notizia del contratto di schiavitù sessuale sottoscritto tra i due vigili, lui comandante e assassino, lei sottoposta e vittima in tutti i sensi, è sconcertante. Non meno dell’altro caso all’attenzione pubblica di questi giorni, lo straziante suicidio del giovane perugino, incentivato a togliersi la vita dai partecipanti a una chat che gli fornivano consigli su come superare la comprensibile incertezza del povero ragazzo. Viene mestamente da concludere come la stupidità sia più pericolosa della cattiveria e come i social abbiano dato un palcoscenico più comodo agli imbecilli. E invece c’è chi, come Raffaele Cantone, ancora riciccia con la fola apocalittica: “Il web è un mondo spaventoso”. Facendo perfettamente il paio con la mamma dell’istigatore secondo cui anche il figlio è “una vittima di droghe e web”.
Così non si va da nessuna parte. Soltanto nel momento in cui accettiamo le nostre e le altrui debolezze come l’enzima catalizzatore di certe tragedie potremo comprenderle davvero, se non risolverle. Finché non guardiamo questa faccia oscura della Luna ma solo le dita degli idioti malvagi (i chattisti e il comandante, nei due casi) resteremo fermi a un causalismo che non porta da nessuna parte. Le società complesse, assieme a tante altre curiose caratteristiche, hanno anche questa: di distribuire le responsabilità in modo da risultare tutti innocenti, la vittima sempre in quanto tale. Non è vero. La colpa ce la portiamo tutti dietro e dentro dalla nascita, come si diceva quando credevamo al peccato originale (metafora efficacissima, che dovremmo tenere a mente anche in questi tempi di laicismo ostentato).
La questione non riguarda solo la cronaca nera, investe anche le relazioni sociali e istituzionali. Nei giorni scorsi hanno fatto scalpore le dichiarazioni del responsabile della Protezione civile, Fabio Ciciliano, e del ministro di competenza, Nello Musumeci. Il primo ha ribadito che i crolli non avvengono per i terremoti ma per le case mal costruite, cosa che aveva già affermato nei giorni precedenti, il secondo ha affermato che le case ai Campi Flegrei non saranno mai del tutto sicure. Cioè, esattamente il principio che il geologo Mario Tozzi sostiene lamentando: la visione fatalistica italiana e meridionale in particolar modo; l’ipocrita stupore per le alluvioni dopo avere edificato nei compluvi, tombato i fiumi e impermeabilizzato i suoli; l’edificazione selvaggia nell’area vesuviana e flegrea.
In una parola, la verità. Solo che la verità ci piace o almeno la accettiamo se la dice “la scienza”, ma ci fa male se la dicono i politici che, per convenzione, dovrebbero blandirci e captare il nostro consenso, concedendoci immunità da qualunque colpa. Ai politici rimproveriamo le bugie, ma soprattutto la verità. E il politico, che lo sa e tiene al proprio posto, in genere accetta di fare il capro espiatorio. Ed ecco che si fatica a portare avanti una delle poche soluzioni sensate e sostenibili, l’assicurazione contro le calamità naturali, che spalmerebbe il costo delle ricostruzioni su tutti con una spesa media, si calcola, di un centinaio di euro l’anno.
L’ultimo esempio lo ricaviamo dalla puntata di domenica di “Presa Diretta”, che è una sorta di “Report” come andrebbe fatto, con la stessa ideologizzazione “de sinistra” ma temperata dall’onestà intellettuale. Riccardo Iacona ha per esempio ammesso, quasi a mezza bocca, che il piano di prevenzione e contrasto al fentanyl del sottosegretario Mantovano è “lungimirante”, poiché una volta che queste sostanze cominciassero a diffondersi sul territorio sarebbe già tardi.
Eppure, nel programma una strizzatina d’occhio al vittimismo innocentista c’è stata, quando una mamma canadese ha elogiato le camere dello sniff, per chiamarle così, nelle quali i giovani canadesi possono usare le droghe avendo alle spalle, letteralmente, un’equipe medica che li soccorre se vanno in overdose. Una cosa orribile, come la mamma di una ragazza uccisa dal fentanyl ha ammesso, dicendo però: “Se mia figlia fosse stata lì sarebbe ancora viva”.
Che lo dica una mamma è umanamente, ovviamente, totalmente comprensibile. Ma le regole sociali, le norme, dovrebbero funzionare in altro modo.