Non c’è differenza tra pellicce e maglioni di lana. Basta crudeltà contro animali indifesi!
di Naike Rivelli* La scorsa settimana, nella giornata dell’International Woolmark Prize tenutosi a Milano, ho partecipato all’iniziativa di People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) in Piazza Duomo dove ho mostrato ai fotografi e ai passanti una finta “testa di pecora insanguinata”, con il messaggio “Ecco il resto della tua maglia di lana”. Mentre […] L'articolo Non c’è differenza tra pellicce e maglioni di lana. Basta crudeltà contro animali indifesi! proviene da Il Fatto Quotidiano.

di Naike Rivelli*
La scorsa settimana, nella giornata dell’International Woolmark Prize tenutosi a Milano, ho partecipato all’iniziativa di People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) in Piazza Duomo dove ho mostrato ai fotografi e ai passanti una finta “testa di pecora insanguinata”, con il messaggio “Ecco il resto della tua maglia di lana”. Mentre osservavo le reazioni dei presenti, alcune incuriosite, altre scioccate, immaginavo che la maggior parte di loro non si sognerebbe mai di indossare una pelliccia, ma che la stessa cosa non si possa dire per la lana perché molte informazioni non sono ancora di dominio pubblico ed ecco perché il lavoro di sensibilizzazione della PETA è fondamentale.
La PETA ha pubblicato 15 video report sull’industria della lana, documentando la crudeltà in oltre 100 allevamenti e strutture in quattro continenti. In quelle che sembrano scene di un film horror, i filmati di queste attività investigative mostrano i lavoratori mentre calpestano e salgono sulle teste delle pecore, le colpiscono violentemente sul volto e alla testa con pugni e utensili elettrici. Quando si tratta della sofferenza inflitta ad animali indifesi, non c’è alcuna differenza tra queste atrocità e ciò che accade negli allevamenti di animali da pelliccia.
Un malinteso comune e generalizzato è che le pecore “debbano” venire tosate. Senza l’interferenza umana, come l’ingegneria genetica volta a ottenere la massima produzione di lana, le pecore crescono solo la lana necessaria a isolarsi dal freddo e perdono la lana in eccesso da sole durante i mesi più caldi. Ma abbiamo modificato geneticamente le pecore per avere fino a 10 volte più lana di quanta ne avrebbero bisogno in natura.
E non è tutto. Di prassi, gli allevatori tagliano la coda agli agnelli e castrano i maschi senza l’uso di antidolorifici, mentre i tosatori, che sono spesso pagati a volume e non a ore, nella fretta assieme alla lana possono tagliare anche capezzoli, orecchie, escrescenze e pieghe cutanee, persino genitali. Se leggere questo ti fa rabbrividire, lo capisco. Tutto ciò è doloroso per questi animali docili e indifesi esattamente quanto lo sarebbe per te o per me. Le pecore tosate vengono poi lasciate malconce e insanguinate, quando riescono a sopravvivere. Durante una sessione di tosatura, un lavoratore è stato ripreso mentre torceva il collo di una pecora con così tanta violenza da spezzarlo.
Anche quelle strutture che si dichiarano “responsabili” nascondono abusi eclatanti. L’ultima indagine di PETA Asia sulla produzione di lana “etica” in Nuova Zelanda ha mostrato lavoratori che frustavano, afferravano con la forza e colpivano le pecore con vari oggetti. Un tosatore ha ripetutamente sbattuto la testa di una pecora contro il pavimento duro. Diverse pecore sono state lasciate con ferite aperte che sono state poi cucite grossolanamente senza alcun antidolorifico.
Il futuro della moda è vegano. L’uso di materie di origine animale non è etico né tantomeno sostenibile dal punto di vista ambientale. Gli stilisti stanno prendendo consapevolezza di questo e si stanno orientando verso le lane vegetali optando per il bambù, il filato di soia, la canapa, il lino e il cotone biologico.
Oggigiorno, la maggior parte delle persone non indosserebbe mai la pelliccia, poiché sono consapevoli degli orrori di cui questo settore è responsabile. Ora è il momento di prendere atto che non c’è differenza tra le pellicce e i maglioni di lana che riempiono gli scaffali dei negozi. Le indagini sotto copertura hanno dimostrato che ogni qualvolta gli animali sono considerati come merci da trasformare in prodotti, il loro benessere viene messo da parte. E sappiamo anche che i corpi degli animali non sono “tessuti”, appartengono a loro e non a noi per disporne a nostro piacimento. Con l’avvento di materiali innovativi a base vegetale e rispettosi del pianeta, non è forse giunto il momento di abbandonare definitivamente lana, pelliccia e altre pelli di animali dai nostri guardaroba?
*attrice, cantante, attivista Peta
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