L’opposizione che non c’è

Esiste una galassia di associazioni, gruppi, partiti, canali di informazione e altri soggetti che elaborano idee e posizioni contrapposte alla narrazione ufficiale a reti unificate della realtà odierna. Idee e […]

Apr 17, 2025 - 08:29
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L’opposizione che non c’è

Esiste una galassia di associazioni, gruppi, partiti, canali di informazione e altri soggetti che elaborano idee e posizioni contrapposte alla narrazione ufficiale a reti unificate della realtà odierna. Idee e posizioni contrapposte anche alla propaganda della destra sovranista che soffia sul fuoco dell’intolleranza e alimenta la guerra tra poveri. Gli elementi di questa galassia sono esclusi dal dibattito politico somministrato quotidianamente ai cittadini; un dibattito costretto entro la camicia di forza di polemiche da talk show, in cui i protagonisti si scontrano su questioni irrilevanti e temi fondamentali sono distorti, esclusi o presentati come bizzarrie.

Non facciamo un elenco, perché la galassia è talmente ampia che ingiustificate omissioni sarebbero inevitabili. Purtroppo, oltre che ampia, questa galassia è tanto frammentata quanto riottosa a unire le forze, come se l’identità di ciascuno dei suoi componenti sia irriducibilmente antitetica a quella degli altri.

Rappresentando una minoranza e consistendo di soggetti di piccole dimensioni, ciascuno con limiti strutturali e invalicabili di visibilità e capacità di incidere significativamente, questo atteggiamento di orgogliosa autonomia è politicamente delittuoso. Le specificità che ognuno difende saranno tutte nobilissime e fondate, ma la distanza che separa un soggetto di questa galassia dagli altri è obiettivamente molto minore da quella che separa la galassia nel suo insieme dal resto del panorama politico. Senza pretesa di completezza, si possono identificare almeno otto punti qualificanti che accomunano tutti coloro che elaborano idee e posizioni di critica radicale all’ordinamento sociale ed economico corrente da un punto di vista che potremmo definire “di classe” e li distanzia sia dalle posizioni oggi dominanti nel dibattito politico sia dalla destra sovranista. 

  1. Non c’è uno scontro di civiltà tra Occidente e regimi autoritari e oscurantisti, ma il tentativo di un modello di capitalismo finanziario globale con al centro la potenza imperiale degli Stati Uniti di sopravvivere ai suoi squilibri interni e alla crescita delle economie emergenti.
  2. L’Unione Europea non è un passo verso l’ideale di un continente unito politicamente, vissuto come il proprio Paese da tutti i suoi cittadini, ma una struttura tecnocratica, non democratica, irriformabile, che favorisce il capitale e gli interessi della Germania e dei suoi satelliti.
  3. Difendere lo stato nazionale come unico contesto istituzionale che oggi offra l’opportunità di sviluppare strumenti di governo davvero coerenti con il modello sociale europeo non ha niente a che vedere con il nazionalismo egoista e aggressivo della destra. Sovranità non è sovranismo.
  4. Le condizioni di vita dei lavoratori e della maggioranza dei cittadini non migliorano mai accettando di rinunciare al conflitto sociale per aiutare le imprese e la competitività o per risanare il bilancio pubblico.
  5. Formulazioni di apparente buon senso come “riduzione del debito”, “sostenibilità del sistema previdenziale”, “sostegno alle imprese”, “competitività”, “lotta agli sprechi”, “riduzione del peso fiscale” sono usate strumentalmente per giustificare come doverose e inevitabili, agli occhi dei cittadini, le politiche che li hanno progressivamente impoveriti.
  6. Mancando la volontà, l’interesse e la capacità di governarli, i flussi migratori generano problemi di ordine economico e sociale che ricadono prevalentemente sui cittadini più deboli. Dipingere ogni reazione di disagio sociale come egoismo razzista in nome di un astratto principio di accoglienza è ipocrisia che non aiuta nemmeno gli immigrati, i quali sono a loro volta vittime, non responsabili dei problemi sociali.
  7. Il riscaldamento globale è una realtà che richiede di agire, ma la strategia seguita attualmente non mette in discussione il modello di accumulazione capitalista, non è realistica e pretende di addossare i costi ai lavoratori e alla maggior parte dei cittadini, che sono i meno responsabili.
  8. La maggior parte delle circostanze che colpiscono negativamente i diritti delle donne non sono frutto di una congiura maschilista, bensì una versione dell’indebolimento dei diritti sociali per tutti, donne e uomini.

Da alcuni di questi punti ne discendono altri quattro che riguardano questioni di drammatica urgenza, in questi tempi di rivolgimenti geopolitici.

  • Le contrapposizioni raccontate dalla narrazione dominante sono tutte tra alternative che rappresentano idee inaccettabili e interessi contrari a quelli dei lavoratori e della maggior parte dei cittadini. Tra l’Unione Europea e gli europeisti, Trump, i partiti della destra sovranista non c’è un meno peggio, sono tutti avversari.
  • La guerra in Palestina non inizia il 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas, rispetto al quale le azioni militari di Israele sarebbero una legittima risposta di cui si può eventualmente discutere solo le proporzioni. La guerra è in corso da decenni e Israele ne è il principale responsabile.
  • La guerra in Ucraina non è stato un atto di aggressione decisa a freddo da un dittatore nei confronti di un paese democratico, ma la conseguenza di una situazione geopolitica fomentata deliberatamente dalla NATO e dagli USA fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica.
  • La Russia non ha alcuna intenzione di attaccare militarmente l’Europa; il progetto di riarmo deciso dall’Unione Europea è un’iniziativa folle di una classe politica screditata, che costruisce le condizioni di un conflitto, rafforza meccanismi di decisione non democratici e deruba i cittadini per arricchire il complesso militare-industriale e i fondi finanziari.

Per chi vi si riconosce, questi punti appaiono delle banalità, ma per la maggior parte dei cittadini non sono tali. Ed è per questo che coloro chi li condividono sono una minoranza. Piaccia o non piaccia, la narrazione dominante è largamente accettata dai cittadini, anche perché, in molti casi, è l’unica che conoscono o che si sentono ripetere. E per chi condivide questa narrazione, le posizioni di critica radicale e di classe, che non si schierano con l’uno o con l’altro dei protagonisti della cronaca politica da talk show, suonano ideologiche, incomprensibili o, nel migliore dei casi, astratte e irrealistiche.  L’incapacità o indisponibilità a comprendere ciò, o a darvi il giusto peso, è incomprensibile.

Ad approfondire le differenze e le polemiche all’interno dei soggetti che popolano la galassia della critica di classe pesano molto le convinzioni sulla tattica. Sul se e come posizionarsi rispetto alla polemica del momento, sull’aderire o meno a una manifestazione, sull’opportunità o meno di dialogare con questo o con quello, sulla necessità o meno, urgenza o meno, di diventare un simbolo su una scheda elettorale. Porre queste questioni come dirimenti denota il desiderio di essere in grado di incidere da subito. Un desiderio comprensibile alla luce della drammaticità dei problemi e del momento, ma alimentato più dalla volontà che da una lettura realistica della situazione attuale. Partecipare al confronto politico, magari anche elettorale, mentre l’agenda e le regole del confronto sono saldamente in mani avverse, è velleitario e autolesionista.  

Qualsiasi progetto di reale alternativa sia all’imperialismo guerrafondaio che alla destra razzista e sovranista ha bisogno di un visibile sostegno sociale. Il primo passaggio indispensabile di un percorso volto a generare questo sostegno sociale è colmare la distanza tra ciò che dovrebbe essere ampiamente conosciuto e ciò che è effettivamente conosciuto. Se questo venisse compreso e accettato, ci creerebbero le condizioni per unire le forze attorno a questo obiettivo comune e fondamentale.  

Sarebbe straordinario, e di straordinaria potenzialità, se i soggetti appartenenti alla galassia della critica di classe concordassero sulla necessità di privilegiare il parlare insieme a cittadini e lavoratori. Non si sta invocando la formazione di un partito unico o dell’ennesimo tentativo di federazione, ma della disponibilità a concentrare l’attività di ogni soggetto sulla diffusione dei contenuti comuni in modo da massimizzare la loro visibilità. Non che forme di aggregazione sarebbero sgradite o inutili, tutt’altro, ma è sempre una questione di realismo a consigliare di non forzare alcuna mano. Potrebbe essere la collaborazione stessa a mostrare la labilità delle differenze e i vantaggi di condividere le forze. In questo momento sarebbe già gran cosa il riconoscimento del fatto di essere dalla stessa parte riguardo agli aspetti sostanziali e la disponibilità a collaborare. Ad esempio, la sottoscrizione di una dichiarazione articolata attorno a termini come i seguenti:

  • La condivisione dell’analisi di fondo, sintetizzata dall’accordo con i punti qualificanti (vedi elenchi precedenti), nessuno escluso.
  • La disponibilità a impegnare le proprie risorse per iniziative volte a diffondere i punti qualificanti condivisi.
  • La disponibilità a creare un “luogo” di coordinamento per evitare iniziative in concorrenza tra loro e, anzi, organizzarle con contenuti e tempi condivisi e con una “etichetta” comune che si affianchi a quella di ciascuno.
  • L’impegno a non assumere alcuna iniziativa che contrasti con uno o più dei punti qualificanti.
  • L’impegno a rispettare la posizione degli altri aderenti riguardo alla partecipazione ad iniziative che coinvolgano soggetti che non hanno sottoscritto tutti i punti qualificanti, se tali iniziative sono coerenti con uno o più di questi ultimi.
  • L’impegno a rispettare le posizioni degli altri aderenti riguardo agli aspetti non inclusi nei punti qualificanti

Alla luce dell’attualità, la sperimentazione di un’unione di intenti di questo tipo dovrebbe essere affidata primariamente alla realizzazione di iniziative contro la corsa al riarmo, per smascherarne la inconsistenza dei presupposti, sottolinearne la pericolosità e denunciarne le implicazioni sul piano sociale ed economico. I meccanismi che spingono la classe dirigente europea a giocare con il destino di tutti sono difficili da scardinare; se c’è una possibilità di farlo, essa passa per far crescere un’ampia e visibile posizione contraria dei cittadini. Occorre contrastare la propaganda più becera ma anche gli argomenti cerchiobottisti che pretendono di essere contro il riarmo ma giustificano il progetto europeo in nome della creazione di una difesa comune. La difesa comune di cui avremmo urgente bisogno è quella da chi sta costruendo le condizioni per la guerra. In primo luogo contro costoro, l’unione farebbe la forza.