Linguaggio antiretorico. La grammatica della misericordia
Ha camminato tra la gente senza barriere e schemi. Ha fatto della vulnerabilità un gesto sacerdotale.

Non servono parole per cambiare il mondo. A volte basta una mano che accarezza un detenuto, un corpo piegato sul dolore degli ultimi, un silenzio che si carica di senso. Papa Francesco non è stato il primo sul soglio di Pietro, ma l’ha occupato con la carne del pastore e la voce di un padre.
Nessuna retorica e pochi orpelli fin dalla sua prima apparizione quando Bergoglio ha osservato la piazza e ha pronunciato parole semplici "buonanotte, buon riposo", con il tono quieto di chi entra in una stanza dove si è già accolti. Da quel momento, tutto in lui ha seguito la stessa traiettoria. I suoi movimenti sono stati misurati, mai rigidi. Le mani sempre visibili, lo sguardo diretto ma mai dominante. Francesco ha saputo parlare con la grammatica della misericordia. Una comunicazione credibile perché coerente: mai paternalistica, ma autenticamente paterna. Ha scelto di entrare in sintonia con la fatica collettiva, di rispettare la soglia dell’ascolto, di accorciare la parola alla misura dell’altro. Così, ha spostato l’asse rispetto al passato. Giovanni Paolo II ha incarnato la fede con un corpo che guidava.
Movimenti ampi, braccia alzate, passo deciso, volto acceso di intensità. Parlava alle folle come un padre-condottiero. Benedetto XVI, al contrario, ha custodito il silenzio con un corpo raccolto. Mani strette, sguardo basso, voce lieve e riflessiva. Parlava alla mente, ma con il corpo chiedeva distanza. Francesco ha rotto ogni schema. È stato il primo a comunicare attraverso le crepe: è inciampato, ha sbagliato, ha chiesto scusa.
Ha camminato tra la gente senza barriere e ha fatto della vulnerabilità un gesto sacerdotale. Fino a cambiare la semantica stessa del pontificato. Anche nel momento più solenne, Francesco ha riscritto il copione.
Ha voluto che il suo funerale fosse spogliato di ogni residuo monarchico, alleggerito fino a somigliare alla vita che ha predicato. Niente catafalco, nessuna doppia veglia e nessuna liturgia da sovrano. Una bara. Un unico momento come per ogni cristiano. Non nelle Grotte Vaticane, ma a Santa Maria Maggiore. Nel congedo, ancora una volta, ha parlato la coerenza e non il cerimoniale.
Del resto, nell’era dei social, dove l’immagine è il messaggio, ha scelto in vita un codice che non passa dalla testa, ma dalla pelle: quello dell’umanità che si fa prossimità. E lo ha fatto anche quando, a Regina Coeli, si è inginocchiato per lavare i piedi ai detenuti. La schiena curva, le mani nude, lo sguardo fermo nella dignità. Nessun discorso. Solo un segno che ha riassunto un pontificato. Il suo.