L’impoverimento della classe media e l’incapacità della sinistra | L’intervento di Giuseppe Coco
Mentre il mondo scivola verso una china autoritaria, nella sinistra italiana ci si interroga sulle cause del declino della stessa, un esercizio che dura almeno da 40 anni senza che sia emersa una vera risposta. Va detto che si tratta di un dibattito non solo italiano, la crisi interessa l’intero mondo occidentale con caratteristiche sostanzialmente […] L'articolo L’impoverimento della classe media e l’incapacità della sinistra | L’intervento di Giuseppe Coco proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Mentre il mondo scivola verso una china autoritaria, nella sinistra italiana ci si interroga sulle cause del declino della stessa, un esercizio che dura almeno da 40 anni senza che sia emersa una vera risposta. Va detto che si tratta di un dibattito non solo italiano, la crisi interessa l’intero mondo occidentale con caratteristiche sostanzialmente simili. Inoltre, questo dibattito dovrebbe interessare in maniera importante almeno con altrettanta passione anche i liberali di destra, che sono stati di fatto esautorati da una visione del mondo che niente ha a che fare con la tradizione conservatrice.
Il dibattito, come in tutta la storia del socialismo, ha due poli. Da un lato i massimalisti sostengono che la sinistra ha sostanzialmente tradito il proprio codice genetico con una eccessiva moderazione nelle politiche economiche e sociali poco redistributive, e non sufficientemente coraggiose nemmeno sui diritti civili. Insomma, la crisi elettorale sarebbe dovuta a una disaffezione del potenziale elettorato schierato. Dietro questa teoria c’è la visione per cui in un mondo polarizzato le elezioni non si vincono al centro ma motivando i propri tifosi perché un elettore non motivato non va a votare.
Ed in effetti negli ultimi decenni abbiamo assistito a un inesorabile declino della partecipazione elettorale, nonostante i toni delle campagne siano sempre più accesi. In effetti quasi tutti gli ultimi Presidenti di destra negli USA sono stati eletti su piattaforme abbastanza estremiste (l’ultimo centrista fu Bush padre) e la teoria della ‘motivazione’ fu applicata con successo da Karl Rove, il consulente strategico di Bush figlio, per vincere due volte le elezioni all’inizio di questo secolo. Tuttavia, come vedremo, tutti i candidati democratici vincenti sono stati di fatto moderati.
Una variante abbastanza interessante di questa teoria è che, incapace di affrontare i temi economici del declino delle classi medie e operaie, la sinistra si sia eccessivamente concentrata sui temi dei diritti civili. In questa maniera si sarebbe alienata le classi popolari, quasi mai interessate a questi diritti. Questa variante si sta facendo strada rapidamente in Germania dove una formazione di estrema sinistra contraria però all’immigrazione non è entrata in Parlamento di poco e viene da alcuni vista come un baluardo contro l’avanzata delle destre autoritarie. In Italia a sostenere questa posizione è soprattutto Stefano Fassina, un economista stimato trasversalmente, ex parlamentare di una piccola formazione di sinistra, ma se ne rinvengono tracce anche nel Movimento 5 stelle, non a caso Sara Wagernach, la leader del partito è stata invitata al congresso del Movimento l’anno scorso.
Questa teoria è interpretata dal grande filosofo serbo Zizek quando sostiene che di fatto non esiste ancora un vero progetto di sinistra per le masse, e che lo scontro cui stiamo assistendo è in effetti tra liberali e autoritari di destra, con i primi soccombenti nel medio periodo. Le elezioni in Germania in effetti illustrano bene questa teoria, con la SPD relegata a terza forza in sostegno della forza conservatrice tradizionale.
Contro questa posizione ci sono componenti più moderate della nostra sinistra che in effetti si richiamano alla vecchia teoria secondo la quale le elezioni si vincono sempre al centro. E gli elettori di centro non amano né una redistribuzione estrema, né l’instabilità che certamente politiche economiche più espansive non possono non provocare nei conti pubblici.
E a dire il vero la storia politica recente dimostra abbastanza chiaramente che tutte le volte che la sinistra ha abbracciato leader estremisti ha perso, mentre le vittorie recenti sono sempre associate a centristi da Blair, a Obama, Macron (che è stato presidente in un sistema maggioritario per 14 anni!), a Starmer recentemente- in Italia Prodi e più recentemente persino Renzi. Nessun leader massimalista è invece mai andato al governo nei paesi occidentali negli ultimi 35 anni. Siccome in politica il vuoto non esiste, se ci fosse questo spazio e questa opportunità, difficilmente sarebbe rimasta inutilizzata.
A mio parere entrambe queste spiegazioni evitano di affrontare alcune questioni più fondamentali che sono allo stesso tempo valoriali ed economiche. Dal punto di vista dei valori, la sinistra ‘mondialista’ ha ignorato per decenni la necessità dei cittadini di sentirsi parte di una comunità connotata da una appartenenza. Da un punto di vista economico la globalizzazione ha allo stesso tempo svuotato di senso il lavoro e l’utilità delle classi popolari, diminuito i loro salali reali e sottratto alcuni strumenti per la redistribuzione, con la fuga sempre più plateale di materia imponibile verso paradisi fiscali e paesi più ‘affidabili’. Tutto questo mentre nei paesi europei (ma ora anche negli Stati Uniti), la spesa pubblica raggiungeva livelli mai visti e il debito pubblico, di conseguenza, cresceva in maniera impetuosa.
(Fine Prima Puntata )
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