L’età dell’oro sembra non voler terminare

Le incertezze sul commercio e la debolezza del dollaro continuano ad attirare acquisti sul bene rifugio per eccellenza e gli analisti ritengono che il suo prezzo potrebbe continuare a crescere ancora.

Apr 16, 2025 - 18:26
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L’età dell’oro sembra non voler terminare

È sempre età dell’oro con la guerra dei dazi che spinge gli investitori verso porti sicuri. Oggi la materia prima gialla ha superato per la prima volta quota 3.300 dollari l’oncia, toccando il suo venticinquesimo record nel corso di quest’anno a 3.333 dollari l’oncia per il future e i 3.318 per il prezzo spot.

Dall’inizio del 2025, l’oro ha guadagnato il 26% in dollari, mentre il bilancio si ridimensiona a +15% se convertito in euro.

“L’instabilità provocata dalla guerra commerciale rende l’oro molto attrattivo grazie alla sua caratteristica di bene rifugio”, spiegano gli analisti di WebSim Intermonte.

Il metallo prezioso "insieme al franco svizzero, sta emergendo come uno dei principali beneficiari dell'attuale fuga verso la sicurezza che sta attraversando i mercati", concordano gli analisti di ActiveTrades.

Dallo scattare dei nuovi dazi, lo scorso 9 aprile, il contratto spot ha guadagnato oltre il 7%, "poiché gli investitori, scossi dall'escalation del caos tariffario e dai crescenti timori di una recessione innescata dall'intensificarsi della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, continuano ad aumentare la loro esposizione al metallo prezioso”, proseguono gli esperti, aggiungendo che “l'incertezza pesa sugli asset legati al rischio come i titoli tecnologici e rafforza la domanda di beni rifugio tradizionali".

Inoltre, conclude ActiveTrades, "a questa dinamica si aggiunge l'indebolimento del dollaro USA, che ha perso terreno nei confronti delle altre principali valute a causa del ritiro degli investitori dagli asset denominati in dollari".

"La lotta tra le grandi potenze continuerà. Il fascino dell'oro come bene rifugio rende più probabile un rialzo nel breve-medio termine, anziché un ribasso", prevede Luchen Wang, analista con sede a Shanghai di Galaxy Futures Co.

Se Bank of America e UBS stimano 3.500 dollari nel 2025 e Anz indica 3.600 dollari come obiettivo, in queste ore Goldman Sachs ha aumentato le sue previsioni, prevedendo quota 3.700 dollari entro la fine dell’anno rispetto alla precedente attesa di 3.300 dollari, e 4 mila dollari entro la metà del 2026.

GS cita tra le cause l’aumento dell’acquisto del metallo prezioso da parte delle banche centrali e l’incremento dei flussi di ETF. “La presidenza di Donald Trump è stata una benedizione per i cercatori d’oro che ora traggono vantaggio dalle incerte prospettive economiche innescate dalla guerra commerciale della sua amministrazione”, spiegano gli analisti della banca, ritenendo che il prezzo abbia ancora spazio per correre grazie alla crescente probabilità di un crollo dell’economia globale innescato dai ripetuti cambi di rotta dell’amministrazione Trump in merito alle sue tariffe punitive.

“Lo stress di questa settimana nel mercato obbligazionario statunitense e il rally di oggi e di ieri aumentano la nostra convinzione che l’oro sia in una posizione unica per coprire il rischio di recessione”, scrivevano ieri gli analisti.

Non solo acquisto diretto dell’oro. Secondo Peter Schiff, per trarre profitto dall’età dell’oro si può guardare anche ai titoli minerari, come quelli di Newmont con sede a Denver, della canadese Barrick Gold e della sudafricana AngloGold Ashanti.

Il gestore finanziario di Euro Pacific, un noto ‘goldbug’ che da anni raccomanda il prezioso metallo, ritiene che le aziende minerarie possono potenzialmente offrire un maggiore rialzo assoluto, poiché il costo dell’energia, fattore chiave che erode i profitti, sta contemporaneamente diminuendo.

“Per la prima volta nella mia carriera, dico davvero agli investitori: per ora non comprate oro fisico” ma “quando puntate sulle società minerarie aurifere, state comprando oro che si trova ancora sottoterra, e l’oro sottoterra non è mai stato più economico, in tutta la storia, di quello in superficie”, avvisa Schiff.

Proprio per questo motivo, ieri la canadese Allied Gold si è tirata indietro da un accordo raggiunto a febbraio per vendere una quota del 12% a una società di investimento di Abu Dhabi, dopo che sia il prezzo dei lingotti che quello delle sue azioni sono saliti ben oltre i prezzi concordati solo poche settimane fa.