Le parole di Francesco
Inaspettatamente come era arrivato dalla fin del mundo, così se ne è andato. Se dovessi provare in poche parole a riassumerne la cifra del pontificato, direi innanzitutto: evangelismo, misericordia, ecumensimo, […]

Inaspettatamente come era arrivato dalla fin del mundo, così se ne è andato. Se dovessi provare in poche parole a riassumerne la cifra del pontificato, direi innanzitutto: evangelismo, misericordia, ecumensimo, fratellanza; ma poi subito dopo potrei aggiungere: povertà, accoglienza, anti-clericalismo e anti-costantinismo. Le spiegherò una ad una ma tutte sono contenibili nella prima: evangelismo.
Da papa, Bergoglio ha proposto un ritorno integrale al Vangelo – cioè all’annuncio di Dio per come Gesù lo ha rivelato – che è prima di tutto, nel suo senso etimologico, Buona Notizia. Ritorno al Vangelo per l’appunto, non alla filosofia, non alla teologia, non al tomismo, che pure nella reazione post-rivoluzionaria aveva caratterizzato – almeno da Leone XIII in poi – lo strumento ideologico della Chiesa romana; questo ritorno implica un rinvio alla Chiesa delle origini, alla semplicità della predicazione paolina non ancora soffocata dalla stratificazione dei secoli:
<< Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. […] Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? […] E mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani. […] Anch’io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso>> (1 Corinzi 1, 17 ss.; 2, 1-2).
Recuperare questa centralità vuol dire quindi recuperare dei riferimenti, che per i cristiani, i quali appartengono a una religione del Libro, significa innanzitutto rimettere al centro il Libro, la Parola di Dio, allontanata per paura (soprattutto a partire dalla reazione alla Riforma) dalla fruizione delle masse, alle quali se ne è impedito in tutto i modi l’accesso per paura che potessero capirla e ritorcela contro chi ne faceva uno strumento di potere.
Il Concilio Vaticano II ha provato a ripartire da lì, ma questo tentativo si deve scontrare ancora con la difficoltà del clericalismo, cioè con la mentalità che mette il sacerdote a un livello superiore, in contatto diretto con Dio, e il popolo a un livello inferiore, a cui è possibile al massimo chiedere una mediazione e obbedire. Invece, la Scrittura ci dice che Gesù ha riscattato con il suo sangue << […] uomini di ogni tribù, lingua, popolo, nazione/e li ha costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti/e regneranno sopra la terra>> (Apocalisse 5, 9-10). Francesco usava spesso la metafora del pastore, che deve avere addosso l’odore delle pecore.
Ma tra i riferimenti da recuperare c’è anche il meglio della Tradizione, nella misura in cui è vivificazione continua del Vangelo nei secoli, giacché – come diceva Gregorio Magno – “la Scrittura vive con chi la legge”. Bergoglio si è dimostrato in questo sempre vicino non solo, come uomo di preghiera, ai maestri della spiritualità (nel cui numero è il fondatore del suo stesso ordine), ma anche alla spiritualità popolare, come ad esempio – durante la pandemia – con la devozione alla Madonna salus populi Romani e al crocifisso di San Marcello al Corso. Spiritualità popolare implica semplicità del credere, come quella dei bambini e degli anziani, che sono sempre stati al centro delle attenzioni del papa, come lo erano i migranti, i poveri, i carcerati, i malati, alla cui cura Francesco invitava spesso ricordando le attenzioni dei profeti vetero-testamentari verso lo straniero, l’orfano, la vedova.
Centralità del Vangelo vuol dire anche e soprattutto misericordia, che forse è stato il vero centro della predicazione di questo pontificato, come lo era per i profeti e per il Signore stesso. Ma ai legalisti di ogni tempo questo non è piaciuto e hanno risposto con le parole del figlio maggiore della parabola: «[…] ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici; ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso» (Luca 15, 29-30). Piaceva al papa, in particolare, un capitello di una chiesa francese mostrante due facce: da una il tradimento di Giuda, dall’altra il Buon Pastore che si carica il traditore sulle sue proprie spalle. La misericordia – letteralmente la povertà di cuore – implica anche l’accoglienza, perché come spesso ha ripetuto Francesco “la Chiesa è aperta a tutti”: divorziati, conviventi, omosessuali, transessuali ecc. che sono benedetti dal Signore e hanno perciò diritto come tutti a ricevere una benedizione.
Bergoglio è stato criticato per il suo ecumenismo, per aver intessuto rapporti di più stretta fratellanza con altre confessioni cristiane, ma anche con leader di altre religioni, incluse ovviamente quelle del Libro; persino lo è stato per aver detto che ogni religione è un modo per arrivare a Dio (cosa senz’altro vera). È stato per questo accomunato alla massoneria, al globalismo, al marxismo, persino all’ateismo, o semplicemente tacciato di propagare ideali di fratellanza universale. Ognuno giudichi se questo sia un male in un’epoca in cui il disprezzo unito alla potenza tecnologica fanno stragi di popoli: «davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità» [ultimo messaggio pasquale di Francesco]. Questa libertà di critica contro i potenti ha come base l’anti-costantinismo, che per Bergoglio significava appunto rifuggire la tentazione per la Chiesa di abbracciare il potere, contro cui anche Paolo VI aveva già implicitamente avvertito, riconoscendo nella perdita del potere temporale un dono della provvidenza. Ed è stata proprio questa libertà dal potere civile ed economico che, a mio avviso, ha guadagnato a Francesco anche le simpatie di tanti leader di diverse religioni, nonché di diversi Stati e movimenti in tutto il mondo, da quelli della sinistra latino-americana, ai contadini organizzati, ai leader musulmani (memorabile l’incontro in Iraq con al-Sistani), e che ha consentito finalmente ai cattolici cinesi di uscire dalla semi-clandestinità in cui erano, solo per citare alcuni dei maggiori successi internazionali. Ma alcuni hanno voluto vedere in questo anti-costantinismo un tradimento dell’Europa e dell’Occidente, patrie della cristianità latina e quindi della Chiesa romana, che però per una specie di ironia della storia le hanno dato lo sfratto.
Mi sia consentita infine un’immagine. Qualche giorno fa, imbattutomi per le strade di Roma nel mega-convoglio trasportante il vice-imperatore J. D. Vance, e inevitabilmente colpito dal dispositivo di sicurezza dispiegato, non ho potuto fare a meno di pensare a come certi leader politici abbiano paura di girare per strade e avvicinare il popolo, per la violenza di cui sono portatori e che si potrebbe ritorcere contro di loro. Appena due giorni dopo, il papa in carrozzina e allo stremo delle forze dopo una lunga malattia – e ormai sappiamo anche nelle ultime ore della sua vita – faceva l’ennesimo bagno di folla in un clima festante e senza paure: anche questo dà la misura della vita di un uomo e di un pastore che ha addosso l’odore delle pecore.