Le disgrazie non arrivano sole: con Trump, anche i filoputiniani nostrani si sentono legittimati.
In questi giorni il mondo sembra girare al contrario. È come se la nostra linea temporale avesse sbandato per avvicinarsi pericolosamente a un’altra, quella di qualche ucronia dove ci si saluta ancora con il saluto fascista, i popoli invasi sono i colpevoli e i carnefici non devono più giustificare alcuna azione: la compiono e basta. Approfittando di questo clima di “tanto vale tutto”, sono riemersi in Italia i filoputiniani. Non che prima fossero scomparsi. L'articolo Le disgrazie non arrivano sole: con Trump, anche i filoputiniani nostrani si sentono legittimati. proviene da THE VISION.

In questi giorni il mondo sembra girare al contrario. È come se la nostra linea temporale avesse sbandato per avvicinarsi pericolosamente a un’altra, quella di qualche ucronia dove ci si saluta ancora con il saluto fascista, i popoli invasi sono i colpevoli e i carnefici non devono più giustificare alcuna azione: la compiono e basta. Ci siamo in qualche modo trovati tra le pagine de La svastica sul sole di Philip K. Dick, e non sappiamo il perché. Approfittando di questo clima di “tanto vale tutto”, sono riemersi in Italia i filoputiniani. Non che prima fossero scomparsi, ma il tema del conflitto in Ucraina era stato un po’ messo in naftalina, gli occhi del mondo erano su Gaza. Due sono i fattori che hanno determinato questo ritorno: il terzo anniversario dell’invasione russa e i deliri di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha definitivamente scaricato l’Ucraina tra insulti a Zelensky e minacce espansionistiche. Vuole 500 miliardi di terre rare ucraine, lascia fuori l’Europa e gli ucraini dai negoziati e riabilita al mondo Putin, un criminale di guerra con un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale. Come conseguenza siamo arrivati alla taumaturgia dei filoputiniani, anche di pseudo sinistra, schierati a fianco del tycoon. Che sia l’eclissi della coscienza o il rivelamento di fazioni già predeterminate da anni, il risultato è lo stesso: la democrazia è in pericolo.
Con la vicenda Israele-Palestina eravamo tornati sorprendentemente sui binari quasi novecenteschi del concetto di guerra: il sostegno al popolo vessato da parte di sinistra e moderati, con la destra a fiancheggiare i vessatori. Per cui le posizioni seguivano un ordine naturale a livello ideologico. Era normale che Trump, Meloni o Salvini proteggessero Netanyahu, così come potevamo aspettarci l’indignazione dell’altra fetta di popolo di fronte all’inferno di Gaza. Per l’Ucraina questi codici sono saltati, ed è stato così sin dall’inizio. Qualcuno si è addirittura stupito per le parole vergognose di Giuseppe Conte in riferimento alle azioni di Trump sull’Ucraina, dimenticandosi che è il leader di un partito da sempre vicino a Russia Unita, come facilmente documentabile. Ci si è spinti ancora oltre, con il proliferare del rossobrunismo e con i vetero-comunisti costretti a stare nella stessa bolla di arroganza trumpiana. Per non parlare dei giornalisti e dei commentatori che sono tornati a riempire i salotti televisivi a suon di peana per la Madre Patria Russia e, soprattutto, denigrando il popolo invaso. Hanno ritrovato terreno fertile in un periodo di esaltazione della post-verità, e quel “tanto vale tutto” li ha ringalluzziti a tal punto da riproporre le loro tesi su una pace che deve essere una resa.
Il mio guilty pleasure è leggere gli editoriali di Marco Travaglio. So che potrei spendere il mio tempo in attività più edificanti, ma lo considero il termometro per capire a che livello sia arrivata la mistificazione e la capacità di indirizzare le masse. Come il berlusconismo continua anche dopo la morte di Berlusconi, il grillismo va avanti nonostante la rottura tra Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle. E lo fa più con Travaglio che con Conte, più con il sottobosco che con il partito in sé, ormai quasi irrilevante a livello elettorale. Per cui i Travaglio, i Di Battista e gli Orsini sono tornati a dirci che la Russia ha vinto, che Trump ha sbugiardato l’Europa e che “avevano ragione loro”. Peccato che se avessimo seguito i loro piani oggi l’Ucraina non esisterebbe e a Kiev sventolerebbe la bandiera russa. Evidentemente è quella che loro chiamano “pace”. La realtà è che la Russia, come confermato dai soldati di Putin, doveva prendersi l’Ucraina in tre giorni e dopo tre anni non c’è ancora riuscita. E non perché l’Ucraina abbia l’esercito più vasto del globo, ma per l’intervento dell’Occidente a impedire l’avanzata di un dittatore e la sparizione di uno stato sovrano. E gli stessi che affermano che sarebbe bastato intavolare un negoziato (come se non ci avessero provato) hanno avuto la risposta direttamente da Trump: “L’Ucraina al tavolo delle trattative? Non serve”.
La realtà è che già certi meccanismi erano chiarissimi qualche ora prima dell’invasione russa. La cronistoria è eloquente: i russi schierano le truppe al confine con l’Ucraina, i servizi segreti occidentali parlano di un’invasione imminente e Lavrov, ministro degli Affari Esteri russo, nega categoricamente parlando di “fake news americane”. Subito dopo il messaggio di Lavrov viene riportato in Italia dai suoi portavoce in pectore. Travaglio in un post scrive che “tg e talk rilanciano l’ennesima fake news americana dell’invasione russa”, aggiungendo con il suo sarcasmo inappropriato “ancora rinviata causa bel tempo”. Alessandro Di Battista, lo stesso 22 febbraio del 2022, rincara la dose: “La Russia non sta invadendo l’Ucraina. Credo che Putin (e non solo) tutto voglia fuorché una guerra. Oltretutto se per le truppe russe invadere l’Ucraina potrebbe esser semplice, controllare un territorio vasto e in gran parte ostile ai russi è un’operazione impossibile”. Qualche ora dopo la Russia invaderà l’Ucraina.
Curioso come Di Battista all’epoca parlasse di un’Ucraina “in gran parte ostile ai russi”, mentre successivamente – toh, che coincidenza, proprio come inviato del Fatto Quotidiano di Travaglio – ha parlato di Putin come di un liberatore dei russofoni dai temibili nazisti ucraini. Questo perché nel mentre la narrazione del Cremlino era cambiata: da “niente invasione” a “denazifichiamo Kiev”, “è colpa della Nato” o altri slogan che hanno attecchito in Italia proprio grazie ai megafoni di quelle forze politiche incaricate da Russia Unita di sfaldare l’Unione Europea dall’interno. E dire che il motivo della guerra è stato spiegato più volte da Putin prima e dopo l’invasione, senza giri di parole: l’Ucraina non esiste, è Russia e Russia tornerà a essere. Oggi i filoputiniani ci spiegano tra sorrisetti e prosopopea che l’Occidente non avrebbe dovuto inviare le armi all’Ucraina. Lo stesso che afferma Trump. Ci ripetono che Zelensky è un comico fallito. Lo stesso che afferma Trump. Ci spiegano che in Ucraina hanno rinviato le elezioni (di solito in guerra funziona così, ma facciamo finta di niente). Lo stesso che afferma Trump.
Penso alla prima elezione di Trump nel 2016, al Russia-gate, alle mail di WikiLeaks, ad Assange che conduce un programma per Russia Today, a Trump e Putin che si spartiscono ciò che resta dell’Ucraina, e mi assale un senso di nausea. Non riesco a capire come gran parte della popolazione non comprenda i legami tra le parti, la propaganda esasperante che ha fatto breccia fino a distorcere la realtà e farci tifare per gli invasori. E con il nuovo corso statunitense – e le interferenze di Musk e Bannon in Europa – la situazione non potrà che peggiorare. Non ho la sfera di cristallo, ma da quello che ha fatto capire a chiare lettere la Casa Bianca è molto probabile che presto Putin e Trump annunceranno una “pace”, con l’Ucraina costretta a cedere territori ai russi e gli Stati Uniti a intascarsi le sue ricchezze, lasciando all’Unione Europea gli oneri della messa in sicurezza di un Paese ormai sventrato. E so già che i filoputiniani italiani abbaieranno di fronte al rifiuto di ucraini ed europei, giocando sulla retorica della “guerra che deve finire”. In primis una guerra finisce con il ritiro delle truppe degli invasori, e un negoziato deve avere entrambe le parti in gioco per una pace giusta. Inoltre certi commentatori dovrebbero avere la decenza di chiedere scusa per le bufale rilanciate tre anni fa e per aver avallato senza sosta le direttive di Mosca. In un mondo più giusto, l’Ordine dei giornalisti avrebbe stracciato qualche tesserino e certi personaggi si sarebbero nascosti per la vergogna. Nel mondo che stiamo vivendo, questi soggetti dettano ancora la linea, influenzano il popolo spingendolo tra i rovi della post-verità. In questi giorni, per esempio, è tornata di moda la frase “La guerra in Ucraina è iniziata nel 2014”.
Sì, con Putin che ha invaso la Crimea e che successivamente ha finanziato e armato i separatisti ucraini, fino all’invio – inizialmente nascosto – di soldati russi al fronte. Poi, sotto la presidenza di Zelensky, tra il 2019 e il 2022, il conflitto si è raffreddato, con poche decine di vittime – prevalentemente a causa delle mine russe. I 14mila morti di cui si parla risalgono alla prima fase del conflitto e sono equamente distribuiti tra russi e ucraini, smentendo la bufala sul genocidio del Donbass, già smontata dalle principali organizzazioni internazionali. Però il semplicismo degli slogan funziona di più, quindi Zelensky è un dittatore che “non avrebbe dovuto iniziare la guerra”. Sì, l’ha detto Trump. In questa ucronia è l’Ucraina ad aver invaso la Russia. Ormai più che gli ucraini sono arrivato io alla resa, e se domani Travaglio pubblicasse un editoriale sull’impertinenza dei palazzi ucraini che hanno osato schiantarsi contro i missili russi, beh, non mi stupirei più di tanto.
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