L’altalena della Casa Bianca
Il caos dazi fa ballare le Borse. E Trump minaccia (ancora) la Cina. .

Prigioniere dell’incertezza sui dazi, le Borse internazionali rotolano sempre più giù. Chi si fa male meno di tutti è Wall Street. Sostenuta da rumors – poi smentiti – su una moratoria applicativa delle nuove misure tariffarie, New York sale sull’altalena e prova a rialzare la testa, salvo frenare nel finale dopo che la Casa Bianca conferma: nessuno stop ai dazi aggiuntivi per i commerci con gli Stati Uniti. DJ (-0,9%), S&P (-0,2%), Nasdaq (+ 0,2%) sono i migliori indici della giornata, il che offre la misura dello sconquasso generale.
Sui mercati va infatti in scena un altro lunedì di paura. Comincia l’Asia, con il tracollo di tutte le piazze: Hong Kong -13,2%, Shanghai -7,3%, Taipei -9,7%, Tokyo -7,8% Seul -5,8%. Investitori e operatori vendono a mani basse, come se non ci fosse un domani. L’allineamento al crollo americano di venerdì (quando in Asia era già notte) è inevitabile vista l’assenza di buone notizie. Lo stesso meccanismo si attiva in Europa dove i listini già di primo mattino grondano perdite attorno al 5-6%. Il bilancio di giornata è sanguinoso: 182 miliardi di euro in fumo nel solo Eurostoxx 500. Milano (-5,2%) è ancora maglia nera, ma le lacrime accomunano tutti: Parigi -4,8%, Francoforte -4,3%, Zurigo -4.9%, Madrid -5,1%, Amsterdam -4,8%, Londra -4,4%. È una catastrofe che i numeri illustrano solo in parte. La sensazione degli operatori è chiara: la situazione non si risolverà a breve.
"La maggior parte dei Ceo pensa che probabilmente siamo già ora in recessione", esplicita Larry Fink, numero uno di BlackRock, il gigante della finanza internazionale con 11.600 miliardi di dollari in gestione. E davanti alla platea dell’Economic Club di New York, Fink confeziona la stima meno gradita: "Un altro 20%" di flessione sui mercati. Bill Ackman, tra i principali gestori di hedge fund, scrive su X che la Casa Bianca rischia di scatenare "un inverno nucleare economico": chiunque stia assistendo Trump deve "essere licenziato". Senza neppure doverlo citare, Ackmann si riferisce a Kevin Hassett, principale consigliere economico del tycoon. È proprio Hassett a movimentare la giornata accreditando riflessioni in corso su una "pausa di 90 giorni" nell’applicazione dei dazi a tutti i Paesi, tranne la Cina. Wall Street sembra crederci ma in diretta arriva lo stop della Casa Bianca: "Fake news". Subito dopo Trump minaccia la Cina: "Se non rimuoverà i dazi del 34% sui prodotti statunitensi entro l’8 aprile, gli Stati Uniti imporranno alla Cina un altro 50% dal 9 aprile". Guerra totale. E accoglienza rude ai Paesi europei. "Vogliono parlare, tuttavia non si parla se non ci pagano un sacco di soldi su base annua", avvisa il tycoon, generoso solo sui tempi: i negoziati "cominceranno immediatamente". Sono "oltre 70", secondo il suo staff, i Paesi in attesa. "Per i Paesi che non reagiscono, siamo al livello massimo delle tariffe, spero che attraverso buoni negoziati vedremo i livelli scendere", auspica il segretario al Tesoro Scott Bessent.
In Europa il freddo con Washington è grande. Dopo la riunione dei 27 in Lussemburgo, il commissario Ue al commercio Maros Sefcovic dettaglia: "Circa il 70% delle nostre esportazioni" si troverà ad "affrontare dazi del 20%- 25%, o anche superiori, come il dazio del 27,5% sulle auto", per "un controvalore totale di 380 miliardi di euro", misura che permetterà agli Stati Uniti di incassare "oltre 80 miliardi di euro di dazi, un salto di undici volte rispetto ai 7 miliardi di euro che raccolgono attualmente". Denunciata la sciagura, l’Unione europea resta vigile: dialogo sì, ma anche risposta formale. La lista dei contro-dazi è già pronta e a questo punto va solo spedita.