L’aerodinamica in Formula 2: ecco come cambia rispetto alla Formula 1
Ecco come funziona l’aerodinamica di una Formula 2: cosa ha in comune e in cosa differisce rispetto alla Formula 1 Le Formula 2 seguono un regolamento tecnico profondamente diverso rispetto a quello della Formula 1. Il divario prestazionale tra le due categorie è piuttosto marcato, ... Leggi tutto L'articolo L’aerodinamica in Formula 2: ecco come cambia rispetto alla Formula 1 proviene da F1ingenerale.

Ecco come funziona l’aerodinamica di una Formula 2: cosa ha in comune e in cosa differisce rispetto alla Formula 1
Le Formula 2 seguono un regolamento tecnico profondamente diverso rispetto a quello della Formula 1. Il divario prestazionale tra le due categorie è piuttosto marcato, e ci sono diverse ragioni che spiegano questa differenza. Com’è noto, l’obiettivo principale del regolamento tecnico della Formula 2 è quello di contenere i costi e livellare le prestazioni in pista, così da offrire uno spettacolo più equilibrato.
Per questa ragione, componenti come l’aerodinamica delle monoposto di Formula 2 sono decisamente più semplici nelle forme e nei concetti, risultando meno sofisticate, e di conseguenza meno prestazionali rispetto a quelle della classe regina. Profili alari con geometrie più semplici non solo riducono i costi di produzione e sostituzione in caso di incidenti, ma generano anche una scia d’aria più pulita, con meno turbolenze, favorendo così gli inseguimenti e i sorpassi in pista.
Anche le vetture di Formula 2, come quelle di Formula 1, adottano un’aerodinamica deportante, ovvero finalizzata a generare carico verticale per migliorare la velocità in curva. Da due anni, un cambiamento regolamentare ha introdotto forme più simili al concetto delle monoposto a effetto suolo, tornate protagoniste in Formula 1 nel 2022.
L’aerodinamica di una Formula 2
Essendo monoposto a effetto suolo, la maggior parte del carico aerodinamico è generata dai canali venturi situati sotto la vettura, in una zona generalmente nascosta alla vista.
Analizzando brevemente l’aerodinamica di una Formula 2, si parte inevitabilmente dall’ala anteriore, il primo elemento a impattare l’aria e che quindi gioca un ruolo fondamentale. Quest’ala ha il triplice compito di generare deportanza (downforce), indirizzare il flusso verso il fondo e schermare gli pneumatici anteriori. La sua geometria è piuttosto semplice e comprende, oltre al main plane, due flap regolabili nell’incidenza.
Al centro della monoposto troviamo l’ingresso dei canali venturi, aperture che convogliano l’aria verso i condotti sotto la vettura, fino a sfociare nel diffusore posteriore. In quest’area si nota una configurazione molto pulita e semplice, ben lontana dalla complessità delle vetture di Formula 1, anche per l’assenza di particolari geometrie delle prese d’aria per i radiatori.
Una delle componenti che ha fatto più discutere al lancio è stata l’ala posteriore, per via della sua forma non convenzionale. Il concetto di base riprende quanto visto in Formula 1, ma con differenze sostanziali: sebbene il main plane sia raccordato agli endplate tramite una curvatura, proprio come nella categoria regina, è il flap mobile del DRS a distinguersi per una forma caratteristica. Quest’ultimo presenta infatti una rigonfiatura rivolta verso l’alto, studiata per generare un’elevata quantità di deportanza e offrire notevoli vantaggi aerodinamici a DRS aperto.
Le restrizioni del regolamento tecnico
In Formula 1, il regolamento tecnico non impone limiti stringenti alla ricerca della massima deportanza, e i team sono costantemente impegnati nello sviluppo di aggiornamenti aerodinamici, visibili esternamente, per aumentare le performance delle proprie monoposto nel corso della stagione.
In Formula 2, invece, le cose sono molto diverse: per contenere i costi e livellare le prestazioni, tutti i team utilizzano lo stesso telaio e la stessa aerodinamica per l’intero ciclo regolamentare, senza possibilità di introdurre sviluppi o modifiche.
Sebbene il peso delle vetture nelle due categorie non sia così distante, tutte le altre differenze regolamentari contribuiscono a un divario nei tempi sul giro piuttosto marcato, spesso superiore ai 10 secondi, con variazioni a seconda del tracciato. La differenza tra i due regolamenti tecnici è netta, e questo può rappresentare una difficoltà per i piloti che compiono il grande salto dalla Formula 2 alla Formula 1. Tuttavia, quando questo passaggio avviene con successo, non fa altro che aumentare l’ammirazione verso questi straordinari atleti.
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