La visione cinese dell’IA ovvero l’arte di arrangiarsi
Il modello DeepSeek è una versione della Yougad innovation, l’innovazione frugale: un’abilità legata al riuscire a inventare molto perché si ha poco L'articolo La visione cinese dell’IA ovvero l’arte di arrangiarsi proviene da Economy Magazine.

“Less is more” aveva lapidariamente affermato il grande architetto Ludwig Mies van der Rohe. “Weniger aber besser” (Less but better) gli aveva risposto Dieter Rams, perfezionando la visione di Mies. Chi avrebbe pensato che questa massima del minimalismo architettonico ed espressione di una specifica visione estetica avrebbe influito in modo così rilevante nel mondo del digitale.
Innanzitutto, partendo proprio da Dieter Rams. Il grande designer degli anni ‘50 della Braun ha dato forma a prodotti iconici come giradischi, bilance, sveglie e soprattutto radio. Non è un segreto che Rams sia stato la musa ispiratrice di Jonathan Yves, colui che ha plasmato l’estetica dei prodotti Apple. Non ne ha mai fatto mistero, tanto che si è addirittura parlato delle radici radiofoniche del design Apple.
In tempi più recenti vi è il caso di DeepSeek, che segna una svolta sull’approccio mainstream all’innovazione digitale oggi guidato dai colossi statunitensi del bigtech, e ci fa capire che d’ora in poi cambierà molto, e rapidamente, anche la lettura dei fenomeni tecnologici, mettendo in luce anche la loro filigrana geopolitica. La nascita di DeepSeek (nella foto, il Ceo Liang Wenfeng) sembra una risposta al modello Maga – Make America great again – sposato dalla prim’ora dalle principali aziende dell’HiTech digitale americano. La loro aderenza al modello non dipende solo dall’essere diventati tecno-vassalli (uso l’efficace espressione coniata da Lucio Caracciolo su Limes) come la foto dell’Inauguration Day per la nomina di Trump ha mostrato a tutto il mondo. Dipende – in maniera molto più profonda – dall’uso spregiudicato e sprecone delle risorse: finanziarie, energetiche e naturali (le terre rare). Il modello punta a creare una leadership protetta non dalla qualità dell’offerta ma dalla quantità di risorse necessarie per contrastarla.
Ed è qui che entra il suggerimento del grande designer tedesco. Il modello DeepSeek è una sorta di versione cinese della Yougad innovation, l’innovazione frugale, teorizzata dieci anni fa dagli autori indiani Navi Radjou, Jaideep Prabhu, Simone Aùehuja e appartenente allo stesso filone dell’arte di arrangiarsi partenopea.
È un’abilità – molto sostenibile e a km zero – legata al riuscire a inventare proprio perché si ha poco, una reazione intelligente a limiti e vincoli (naturali o anche imposti, come i dazi o la brevettazione); una sorta di design thinking a base zero che nasce da un ragionamento: non abbiamo i soldi per crescere di potenza computazionale (e forse è anche inutile e dispendioso farlo) né possediamo fonti naturali di energia e quindi dobbiamo necessariamente inventare un sistema capace di usare al meglio quello di cui già disponiamo.
Ricorda molto l’intelligenza metica greca, quella arguzia – legata al pensiero laterale, all’intuizione femminile, all’abilità mimetica di alcuni animali – chiamata dagli antichi metis e contrapposta al logos, al pensiero razionale e calcolante, alla forza pura delle armi. Un’intelligenza pragmatica e adattiva di cui era molto dotato anche Ulisse, per questo motivo chiamato spesso da Omero polumetis, e cioè colui che possiede molte metis. E fu proprio questa sua straordinaria abilità, che gli consentì di vincere la guerra di Troia non con la forza ma con l’inganno seduttivo del cavallo di legno, e di sopravvivere al lunghissimo e periglioso viaggio di ritorno, superando situazioni complicatissime come la fuga dalla caverna di Polifemo.
Questo uso arguto del digitale per orientare l’innovazione è sempre più necessario. Non possiamo infatti più permetterci di sprecare risorse. Per fare un esempio, il programma Word, cardine della suite Office di Microsoft, viene usato mediamente al 10% delle sue potenzialità ma tutti lo devono comprare pagando il prezzo pieno che copre lo sviluppo di tutte le funzionalità – anche di quel 90% non utilizzato. Oltretutto la sua crescente sofisticazione richiede macchine sempre più potenti e complesse. Per questo motivo ogni qualvolta cambiano le release dei software operativi, si devono comprare computer più performanti. Mentre – come dimostrano molti word processor in open source – ciò che serve è semplice, compatto e richiede poche risorse di calcolo. Ecco perché DeepSeek ha spiazzato, soprattutto negli Stati Uniti. È come se il mondo si stesse dividendo – sul concetto di innovazione digitale (ma non solo …) – in due grandi blocchi: Nord-occidentale e Sud-orientale. Chi ha meno soldi, può comprare meno chip e dipende energeticamente da altri Paesi, deve inventare qualcosa di diverso e molto più sostenibile economicamente, che esca dal main stream del modello nato in Silicon Valley e strettamente legato al mondo della finanza, del Venture Capital e della borsa. Una parte rilevante di questa innovazione non è infatti finanziata da utili e dividendi ma dalla vendita di azioni il cui valore contiene la crescita che promettono. Incomincia però a serpeggiare il dubbio che questo “schema Ponzi” possa davvero saltare.
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