La sfida del governo: mettere pace in casa per essere forti fuori

La presidente del Consiglio e la spina degli alleati

Mar 29, 2025 - 09:35
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La sfida del governo: mettere pace in casa per essere forti fuori

Roma, 29 marzo 2025 – Nel prossimo ottobre il governo Meloni sarebbe il terzo più longevo tra i 68 che si sono alternati nei 79 anni di vita repubblicana. Nell’autunno del ’26 sarebbe il primo, superando il secondo e il terzo governo Berlusconi. Tra il 2001 e il 2006 il Cavaliere fu l’unico presidente del Consiglio a restare a palazzo Chigi per l’intera legislatura. Ma dopo il tracollo alle amministrative della primavera 2005 in cui al centrodestra restarono solo la Lombardia e il Veneto, ci fu un grosso rimpasto in cui furono sostituiti 8 ministri su 25. Perciò la parola rimpasto fa venire l’orticaria alla Meloni. Perciò vuole sostituire, quando indispensabile, un ministro per volta: ieri Sangiuliano, domani eventualmente Santanché. C’è chi sostiene che i continui litigi tra Salvini e Tajani possano portarla a chiedere le elezioni anticipate per approfittare delle divisioni della sinistra. Ma sarebbe un segno di debolezza, perché il centrodestra di domani sarebbe lo stesso di oggi, ma meno credibile in campagna elettorale.

Al tempo stesso Giorgia Meloni non può galleggiare. Non fa parte del suo carattere, non lo consentono i tempi. La sinistra l’accusa di non saper scegliere tra l’Europa e gli Stati Uniti. Avrebbe senso stare con l’una contro l’altro per un Paese come l’Italia padre fondatore dell’Europa unita e amico dell’America ininterrottamente da De Gasperi in poi, compreso D’Alema che diventò presidente del Consiglio con l’impegno di bombardare la Serbia (Cossiga dixit) e compreso Giuseppe Conte, in eccellenti rapporti con la prima amministrazione Trump?

L’Europa in armi è trainata da Macron che nasconde (e si può capirlo) con la grandeur in politica internazionale le enormi difficoltà in politica interna. E – uscendo dall’Unione – da Starmer alla guida di una nazione da sempre guerriera, potenza nucleare (come la Francia) e con gli Stati Uniti artefice (al contrario della Francia) della salvezza ucraina nei primi giorni decisivi dell’inverno ’22. Onestamente non riusciamo a capire quale potere d’interdizione possano avere sul piano militare 20/30mila soldati anglofrancesi schierati in zone strategiche dell’Ucraina come garanti della pace. Solo la Nato ben più dell’Onu può garantire il rispetto dei patti. Ma la tregua è così lontana che vertici come quelli di Parigi rischiano di essere inutili, fino a quando Trump smetterà di considerare gli europei un branco di ‘parassiti’ e non accetterà di sedersi al tavolo con loro.

Naturalmente, per essere credibile all’estero, la Meloni deve mettere una volta per tutte ordine in casa propria. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sono in tre gruppi diversi a Strasburgo e lì anche altre nazioni si muovono in modo trasversale. In Italia la forza del governo Meloni è stata sempre innanzitutto nella sua stabilità. Salvini, il più eretico della maggioranza, ha un congresso importante il 5 e 6 aprile. (Tra l’altro, che ruolo avrà Vannacci?). Finora le riserve sugli aiuti all’Ucraina e sulle spese europee per la difesa non gli hanno mai impedito di votare i documenti del governo e finora la Meloni è riuscita a trovare l’accordo su documenti dignitosi che non smentissero a Roma quel che lei diceva a Bruxelles. Protocolli ambigui su temi decisivi non sarebbero consentiti. E la Meloni vuole e deve arrivare a fine legislatura. A patto di guidare una coalizione rispettata anche per la sua coerenza.