La linea di Papa Bergoglio: “Si parla con tutti”. Le trattative con Mosca, il ponte con i Paesi arabi
La condanna alla risposta armata all'invasione dell’Ucraina gli ha attirato critiche. Le telefonate a Gaza. Il capitolo più complesso del suo pontificato è stato il rapporto con la Cina, nonostante l’accordo del 2018

Roma, 21 aprile 2025 – Un Papa protagonista del suo periodo storico. Francesco, fin dal suo insediamento, ha avuto una visione chiara, spesso molto prima rispetto ad altri leader politici, di un mondo con equilibri in rapido deterioramento e dove il rischio conflitti diventa più facile e concreto. Per questo, il suo pontificato è stato caratterizzato da un’attività di mediazione e conciliazione costante. Grazie all’attività della diplomazia vaticana, ha portato avanti negoziati in condizioni difficili, soprattutto nel conflitto fra Russia e Ucraina. Ma Papa Bergoglio sapeva fin troppo bene che, in un mondo dove lo scontro fra i leader è diventato all’ordine del giorno e dove alcuni hanno tutto l’interesse a creare divisioni, più che a ricomporle, è proprio la Chiesa Cattolica che deve assumersi il peso di operazioni coraggiose, a tratti anche rivoluzionarie.
Ci sono volute costanza e coraggio per portare avanti i negoziati fra Mosca e Kiev per lo scambio di prigionieri di guerra, ma, soprattutto, la restituzione dei bambini sottratti dai russi alle loro famiglie. Un successo non esibito e che gli è costato critiche da parte di chi lo ha giudica troppo morbido con Vladimir Putin, ma che dimostra la volontà granitica di un Pontefice nel condannare la risposta armata (anche a una aggressione) e a raggiungere comunque un accordo e difendere i più deboli.
Si parla con tutti, non si rompe con nessuno. Nemmeno con la Francia di Emmanuel Macron, che ha inserito il diritto all’aborto in Costituzione. A nessuno è sfuggita l’assenza del Pontefice alla riapertura di Notre Dame a Parigi lo scorso 8 dicembre. Ma, nonostante questo, fra il Vaticano e l’Eliseo, i rapporti sono buoni, anche grazie alla sensibilità che il presidente sembra dimostrato nei confronti dei temi ambientali, tanto cari a Francesco.
E, a proposito di dialogo con tutti, uno dei risultati più apprezzabili, che segnano il suo pontificato e un cambio di passo anche per i suoi successori, è il rapporto con il mondo arabo. Il suo viaggio negli Emirati Arabi Uniti nel 2019 è stato il segno dell’inizio di una nuova era. In quell’occasione, il Papa ha firmato un documento storico con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayyib, per promuovere la fratellanza umana. Il Pontefice è riuscito a costruire un rapporto di grande stima anche con i principali leader dei Paesi musulmani. Il rapporto con i leader arabi si è concentrato soprattutto su temi come la libertà religiosa, la pace in Medio Oriente, la difesa dei cristiani in Paesi a maggioranza musulmana e il dialogo tra le religioni. Un credito che Francesco si è guadagnato sul campo, con un’attività diplomatica e pastorale instancabile e la volontà di risolvere pacificamente il conflitto israelo-palestinese.
La Terra Santa occupa un posto speciale nel cuore e nella mente di Bergoglio, che nel 2023 ha creato Cardinale il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, che in Medioriente vanta un’esperienza decennale e che conosce molto bene le dinamiche locali. Ma, come spesso succede, l’intervento del Pontefice non si è fermato all’ufficialità. Francesco in questo anno e mezzo di conflitto ha telefonato spesso personalmente alle parrocchie presenti sulla Striscia di Gaza per portare un conforto concreto ai fedeli e alle suore che operano sul territorio.
Il capitolo più complesso del suo pontificato, quello che in qualche modo resta aperto, è quello con la Cina. Con l’accordo del 2018, che ha permesso al Vaticano di intervenire maggiormente sulla nomina dei vescovi, si è attenuata la divisione fra Chiesa cinese ‘ufficiale’ e ‘sotterranea’. Ma i grandi cambiamenti richiedono tempo. Francesco ha tracciato il solco, chi verrà dopo di lui dovrà proseguire il suo lavoro.