La Germania andrà in guerra sulla Difesa con l’ok di Bruxelles
La Germania chiede una deroga alle regole europee sul debito per finanziare la spesa militare. Fatti e approfondimenti.

La Germania chiede una deroga alle regole europee sul debito per finanziare la spesa militare. Fatti e approfondimenti
La Germania ha formalmente richiesto alla Commissione europea di poter derogare alle norme comunitarie sul debito pubblico per il periodo 2025-2028, in ragione del previsto aumento delle spese militari. La domanda, presentata tramite una comunicazione inviata dal ministro delle Finanze Jörg Kukies alle autorità di Bruxelles, rivelata da Reuters e ripresa da Handelsblatt, è datata giovedì scorso. Berlino giustifica la richiesta con il conflitto in corso tra Russia e Ucraina, sottolineando che il necessario rafforzamento delle capacità difensive avrà un impatto rilevante sulle finanze pubbliche.
LA RICHIESTA DELLA GERMANIA
Nel suo messaggio, Kukies, attuale ministro socialdemocratico che probabilmente non farà parte del prossimo governo, ha evidenziato come la crescente minaccia rappresentata dalla Russia e il sostegno tedesco all’Ucraina impongano un rapido e sostanzioso incremento della spesa militare. A tal fine, la Germania intende superare il limite dell’1,5% del prodotto interno lordo annuo di spesa per la difesa, come proposto dalla Commissione europea per i prossimi quattro anni senza che ciò pesi sull’analisi del debito. Normalmente, un deficit di bilancio superiore al 3% del Pil comporterebbe misure correttive da parte di Bruxelles, ma Berlino auspica una flessibilità più ampia.
Kukies ha inoltre espresso il sostegno del governo federale all’iniziativa della Commissione mirata a rafforzare la capacità di difesa collettiva dell’Unione. Va rilevato che il ministro uscente aveva già anticipato l’intenzione di evitare violazioni delle regole fiscali europee nonostante l’aumento delle spese per la Bundeswehr. In questo quadro, Bundestag e Bundesrat hanno varato modifiche costituzionali per consentire al futuro esecutivo l’istituzione di un fondo speciale di 500 miliardi di euro destinato alla modernizzazione delle infrastrutture. Solo una parte marginale di tali investimenti sarà soggetta al rigido freno all’indebitamento tedesco.
IL DIFFICILE EQUILIBRIO POLITICO NEL PASSAGGIO DI GOVERNO
Il tentativo di ottenere una deroga si inserisce in una fase politicamente delicata per la Germania, caratterizzata da mosse diplomatiche a livello europeo avvenute all’ombra della transizione tra il governo uscente e quello futuro. Secondo quanto riferisce il quotidiano economico Handelsblatt, già a inizio marzo l’ambasciatore tedesco presso l’Unione Europea, Michael Clauß, aveva inaspettatamente proposto un allentamento delle rigide regole fiscali europee, tradizionalmente difese da Berlino. Tale cambiamento di linea era stato motivato proprio dalla difficoltà di conciliare il nuovo pacchetto di investimenti per difesa e infrastrutture con le attuali normative Ue sull’indebitamento.
Normative che mettono in una posizione complicata il futuro cancelliere Friedrich Merz e il designato ministro delle Finanze, il socialdemocratico Lars Klingbeil. Perché senza una revisione delle regole europee, i piani di massicci investimenti rischiano di rimanere lettera morta. L’Unione Europea, dal canto suo, si è trovata di fronte a un dilemma: pur avendo sollecitato Berlino ad aumentare la spesa pubblica, concedere ora un’esenzione rischierebbe di creare un precedente difficile da gestire in futuro.
LO STUDIO DEL THINK TANK BRUEGEL
Secondo uno studio del think tank Bruegel, con le regole attualmente in vigore la Germania rischia infatti di non poter utilizzare appieno il fondo per le infrastrutture né di finanziare adeguatamente la spesa militare. Le norme, che Berlino stessa aveva contribuito ad irrigidire, lasciano al futuro governo federale un margine di manovra definito dai ricercatori bruxellesi “puramente matematico”: senza un avanzo di bilancio, il paese non potrebbe effettuare nuove spese significative.
Gli autori dello studio, Jeromin Zettelmeyer e Armin Steinbach, sottolineano che anche dichiarazioni politiche forti, come quella di Merz che promette di fare “tutto il necessario” per la difesa, si scontrano con vincoli tecnici difficilmente aggirabili.
GLI OSTACOLI EUROPEI
La proposta tedesca di riforma ha inoltre incontrato resistenze sia nei paesi del Sud Europa, da tempo favorevoli a una maggiore flessibilità, sia nei paesi del Nord, storicamente intransigenti sulle regole di bilancio. Entrambi i blocchi hanno guardato con sospetto alla richiesta di Berlino, accusandola di opportunismo alla luce della sua tradizionale rigidità fiscale, incarnata per anni da Wolfgang Schäuble e Angela Merkel, e ancora di recente da figure come l’ex ministro liberale Christian Lindner.
Una fonte diplomatica europea che ha preferito rimanere anonima ha detto all’Handelsblatt che Berlino non avrebbe ora altra scelta che diventare più “francese”. Il precedente “approccio molto tedesco” non ha funzionato, ha spiegato il funzionario, “la maggior parte degli altri paesi, come l’Italia o la Francia, avrebbe semplicemente contratto più debiti e si sarebbe occupata delle conseguenze in un secondo momento. Ma i tedeschi, così ossessionati dalle regole, hanno voluto prima provare a cambiarle”.
Conscia delle difficoltà di una riforma complessiva, Berlino esplora dunque adesso la possibilità di una interpretazione più flessibile dei piani di riduzione del debito, da negoziare con Bruxelles. Secondo quanto scrive Handelsblatt l’idea sarebbe quella di basarsi su previsioni di crescita economica più ottimistiche, sebbene il tasso di crescita potenziale della Germania sia stimato sotto lo 0,5% annuo, un livello che lascia poco spazio alla manovra.
Nell’ambiente comunitario persiste un certo scetticismo verso le richieste tedesche. Alcuni Stati membri, che hanno già trovato soluzioni interne per finanziare l’aumento della spesa militare senza ricorrere a nuovo debito, si attendono un analogo sforzo da parte di Berlino. Inoltre, per sbloccare margini fiscali, la Germania dovrà probabilmente dimostrare un impegno concreto verso riforme strutturali di lungo termine, un compito che si annuncia particolarmente complesso per il futuro governo.