Janine è il nostro punto debole di The Handmaid’s Tale
“Janine, è più forte di me, è il mio punto debole, mi auguro che si salvi” A volte basta solo una frase per farci fermare un attimo e riflettere. Questa l’abbiamo letta su un forum dedicato a The Handmaid’s Tale. E si, è vero: Janine è il nostro punto debole. Ma è anche più forte… Leggi di più »Janine è il nostro punto debole di The Handmaid’s Tale The post Janine è il nostro punto debole di The Handmaid’s Tale appeared first on Hall of Series.

“Janine, è più forte di me, è il mio punto debole, mi auguro che si salvi”
A volte basta solo una frase per farci fermare un attimo e riflettere. Questa l’abbiamo letta su un forum dedicato a The Handmaid’s Tale. E si, è vero: Janine è il nostro punto debole. Ma è anche più forte di noi. Nel modo più follemente autentico e spiazzante. Molto presto abbiamo imparato a compatirla. Ma molto più presto abbiamo imparato ad amarla. Janine Lindo, interpretata da Madeline Brewer, è uno dei personaggi che in The Handmaid’s Tale ha risentito maggiormente degli abusi fisici e psicologici di Gilead. Sensibile ed emotiva, noi l’abbiamo conosciuta a seguito di quel primo trauma, quello che ha scatenato la sua follia. Una follia, però, salvifica.
Disponibile su Prime Video, The Handmaid’s Tale ha riscritto, spezzato, addirittura frantumato e, infine, ricostruito tutti i personaggi femminili tramite un unico elemento: il trauma. Ognuna a modo proprio ha elaborato una risposta psico-fisica. Ognuna a modo proprio lo ha interiorizzato e lo ha rigettato nel mondo. Ma tutte le donne di THT hanno risposto. E tutte sono pronte alla guerra. Tutte hanno scelto la libertà. And it feels good.
Tra loro, però Janine Lindo rappresenta qualcosa di inafferrabile. Con la sua fragilità e la sua vulnerabilità, ci siamo chiesti fin dall’inizio se resistesse. Se si salvasse. Episodio dopo episodio, Janine, con la sua instabilità, si è dimostrata la più indistruttibile e resiliente di tutte le ancelle. Alla pari della protagonista June Osbrone (Elisabeth Moss), Janine è forte, ostina e determinata a modo suo.
Nella sua speranzosa follia, Janine è uno dei personaggi più forti di The Handmaid’s Tale

L’ho scritto altre volte, lo scopo delle Serie Tv distopiche è farci chiedere: e io cosa farei? Ma The Handmaid’s Tale fa forse un passo in più. Scava nella nostra psiche mettendoci di fronte a una distopia sociale, invece che ambientale. In questa realtà, le risposte possibili alla fatidica domanda sopracitata, in realtà, sono solo due: o ci si adatta al regime, asservendolo e mantenendone i rigidi dettami; oppure ci si ribella. Le ancelle, capitanate dall’agguerritissima June, decidono di percorrere questa seconda – e diversamente sanguinosa dalla prima – strada.
Inevitabilmente, noi spettatrici desideriamo immedesimarci nella protagonista. Forte e inarrestabile, nonostante le avversità. Proprio qui, invece, voglio intervenire su perché, tanto quanto June, anche Janine sia ugualmente coraggiosa. La sua follia viaggia a pari passo con la sua quasi ottimistica e indemolibile spensieratezza. Al suo sguardo si alternano una dolcezza infantile e il terrore puro. Più volte è stata costretta a vedere la propria vita passarle di fronte agli occhi. E più volte è stata salvata. Da che cosa? La sorellanza. Una sorellanza che anche lei ha contribuito a costruire e in cui lei ha trasmesso la capacità di amare. In un mondo in cui l’amore e la compassione per il prossimo possono costare la pelle.
Nella dispotica Gilead, Janine vuole metterci a disagio con la sua pacata e infinita dolcezza
Quando guardiamo Janine, l’inevitabile quesito è: a Gilead, sarei June Osborne o Janine Lindo? Il punto è proprio questo. Entrambe le strade sono ugualmente percorribili. E, forse, la strada di Janine è pure più coraggiosa. Quando cerca di proteggere Esther, quando si aggrappa a June come una sorella, quando sorride nonostante tutto. Non stiamo guardando debolezza. Stiamo guardando una resistenza che non fa rumore, che non ha bisogno di proclami o vendette spettacolari à la June. Janine sopravvive. E nel farlo, ci costringe a guardarci dentro.
Janine non alza la voce, non combatte violentemente con le unghie e con i denti. Janine, nonostante la sua umanità e la sua mente vacillante che non crolla mai del tutto, scava lentamente. Si prepara silenziosa e, quando è pronta, agisce. La quinta puntata della sesta stagione – il cui titolo le è dedicato, Janine – ne è la prova (vi lascio la nostra recensione).
Ancella, lavoratrice nelle colonie e ora prostituta nel più infernale buco nero di Gilead: Jezebel. Janine, insieme alle compagne, si è preparata e ha aspettato. Ha aspettato il segnale per scatenare furia e vendetta. “Si sono fatte preparare dei coltelli” dice, fiera e orgogliosa. Sono pronte alla guerra. Ma questa volta a condurle è Janine. Il piano Mayday può riuscire solo grazie a lei. Al ruolo cruciale che si è scavata silenziosa dentro a Jezebel, creando un’altra sorellanza. Un’altra ribellione. Janine è cruciale perché sapeva che il segnale prima o poi sarebbe arrivato. E ha aspettato.
Janine non è più un’ancella ingenua e forse non lo è mai stata
Un po’ svampita, un po’ sciocca, un po’ infantile. Questo ha permesso a Janine di sopravvivere e soprattutto di farsi amare. Perfino da zia Lydia che, nonostante l’ambivalenza del rapporto con l’ancella, sappiamo avere un occhio di riguardo per lei (scusate il gioco di parole). Ci siamo legati a lei visceralmente proprio per la sua umanità, capace di conquistare tutti anche in un mondo disumano.
La sua emotività è la sua forza e ciò che la rende pericolosa. Sia per Gilead, sia per noi spettatori. Vogliamo salvarla perché ci ha dato speranza. Vogliamo salvarla perchè ci ha strappato un sorriso. Vogliamo salvarla perchè sappiamo che è più forte di noi. Perché se lo merita.
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