Internal selection 051: Caramel Chameleon

In questo episodio di Internal Selection abbiamo il piacere di poter ascoltare uno dei produttori di musica elettronica più interessanti della nostra penisola. Caramel Chameleon è un musicista che con dedizione ha esplorato le diverse possibilità che il suono offre, focalizzandosi su un’estetica ben precisa che lo ha reso celebre nel panorama braindance internazionale sin […] L'articolo Internal selection 051: Caramel Chameleon sembra essere il primo su Parkett.

Apr 30, 2025 - 06:46
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Internal selection 051: Caramel Chameleon

In questo episodio di Internal Selection abbiamo il piacere di poter ascoltare uno dei produttori di musica elettronica più interessanti della nostra penisola. Caramel Chameleon è un musicista che con dedizione ha esplorato le diverse possibilità che il suono offre, focalizzandosi su un’estetica ben precisa che lo ha reso celebre nel panorama braindance internazionale sin dai suoi esordi.

Classe 1996, Francesco Pio Nitti è una delle figure più talentuose e originali emersa negli ultimi anni all’interno del panorama musicale italiano. Musicista e hardware-lover per vocazione, dopo aver scoperto artisti come Aphex Twin e Legowelt, Francesco ha sviluppato un interesse quasi ossessivo per il suono, cercando di comprenderne a fondo l’impatto rivoluzionario che strumenti prodotti da brand come Korg e Moog hanno avuto nella seconda metà del secolo scorso.

Il live set che vi presentiamo quest’oggi racchiude tutta l’essenza di un musicista che non nasconde la sua simpatia per sonorità acide ma al tempo stesso melodiche, con variazioni che ci immergono all’interno di universi deep e dark, dipendendo dai momenti. La scelta di adottare un range di BPM molto elevato ci apre le porte di un mondo che unisce prospettive di ascolto dancefloor-rave e home-listening, creando delle trame che ci trasportano fuori dallo spazio e dal tempo.

Inoltre, abbiamo anche avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con Francesco, che ci ha raccontato come si è avvicinato alla musica elettronica, dandoci il suo personale punto di vista sulla scena contemporanea e sulla sua attuale declinazione. Ecco chi è Francesco Pio Nitti, in arte Caramel Chameleon.

Ciao Francesco benvenuto su Parkett. Come stai? Com’è la vita di un produttore di musica elettronica rave-oriented a Castellana Grotte? Trovo molto interessante che un artista con produzioni come le tue abbia trascorso tutta la sua vita in un tranquillo paese della Valle D’Itria…

Ciao ragazzi, effettivamente potrebbe sembrare strano. In realtà io sono molto felice qui, vivo tranquillo; ho molti amici che se ne sono andati ma io non ne ho mai sentito il bisogno. Al contrario, forse sarà la monotonia della vita di paese che mi ha portato a trascorrere la maggior parte del mio tempo in studio, sperimentando e producendo la musica che mi ha sempre affascinato…

Mi piacerebbe approfondire proprio questo aspetto: quando e dove sei entrato in contatto con la musica elettronica?

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di musicisti, i miei zii, i miei cugini, mio padre…  Sono tutte figure che sono cresciute con la musica. Mio padre mi ha sempre proposto ascolti assurdi, a 13 anni ascoltavo Jean Michelle Jarre. Lui è sempre stato più orientato a un tipo di elettronica presente nella musica progressive rock, ma da grande open-minded che è, mi ha introdotto lui alla discografia di Aphex Twin: “Polynomial C” mi ha immediatamente folgorato.

E le tue prime produzioni invece? Come nascono?

Da piccolo suonavo la chitarra elettrica e facevo parte di una piccola band. Un giorno stavo ascoltando musica su “Qoob” e vidi un video di uno dei brani di Moon Safari degli Air. A un certo punto appare il Korg MS20 e mi chiedo: “Cos’è questa macchina e come può emettere un suono così incredibile”? A casa avevo un pianoforte che imparai a suonare, ma non ne ero attratto. Quando ho ascoltato il suono di un sintetizzatore ne sono rimasto subito affascinato. Mi ha totalmente rapito. Ho capito che era il suono che mi interessava, il suono da un punto vista timbrico, scientifico. Ne rimasi tanto colpito che con i soldi della cresima comprai un Korg Micokorg.

Da quel momento in poi iniziai a occuparmi della parte elettronica nelle band in cui suonavo, anche se venivo preso in giro perché non erano cose da “rocker”. Successivamente, credo fosse al secondo anno delle scuole superiori, dopo aver ascoltato artisti come i Boards of Canada e i Röyksopp, ho iniziato a produrre musica puramente elettronica.  

Onestamente, credo che gli anni inclusi tra il 2014-15 e il 2018, anno in cui è nato ufficialmente il progetto Caramel Chameleon, siano stati i miei anni di formazione come produttore. Sono stati gli anni in cui ho studiato i Plaid e Aphex, il mondo rave, produttori di musica jungle anni ‘90 come Omni Trio, 2 Bad Mice, Dj Zinc, cose breakcore come Venetian Snares e Bogdan Raczynski, la techno firmata Underground Resistance, artisti più electro come Drexciya, DMX Crew, e soprattutto Cheephax Acid Crew, EOD e Legowelt, con il suo suono low-fi. Insomma mi sono fatto un background orientato un po’ al mondo braindance seguendo moltissimo anche le release della Rephlex Records e della 030303.

Se penso invece alle prime produzioni che ho pubblicato, erano tutte jam registrate e caricate su Soundcloud; le condividevo con i miei amici chiedendo il loro parere. L’interesse vero e proprio da parte di etichette o canali dedicati è arrivato con Ballacid, e da lì si sono avvicinate alcune etichette come Nebula Recors, che mi propose un various nel 2019.

Ci racconti invece del tuo progetto Caramel Chameleon? Lo possiamo considerare come il tuo alias definitivo dopo una serie di pubblicazioni sotto svariati moniker?

Sì, assolutamente. Diciamo che dopo alcuni lavori che mi hanno comunque dato grandi soddisfazioni, è con Caramel Chameleon che arrivo a pubblicare tracce e ep su etichette importanti. Nel 2019 per esempio, esce una mia traccia su Proper Line, nel 2020 è arrivata la release in vinile intitolata “Solitario” sulla 030303, che per me ha un significato davvero profondo, essendo stata l’etichetta su cui mi sono formato. Nel 2021 ci sono state altre due release in vinile su Undersound Records, nel 2022 ho pubblicato un lavoro firmato Qualia, insieme a Marco Simioni e Matteo Mazreku su U-Trax, e nello stesso anno è uscita una mia traccia anche per Florklang, label giapponese con sede a Tokyo. L’anno seguente è stato l’anno di “Poimandres” sulla sub label di Z.I.P.P.O mentre nel 2024 è uscito Compact Demons su Dischi Nottetempo.

Proprio qui volevo arrivare, a Compact Demons, ep che oltre ad averci particolarmente colpito, abbiamo inserito anche nella nostra rubrica Track of the Month del mese di Ottobre. Compact Demons è un ep che mi ha lasciato senza parole, perché era un po’ che non ascoltavo musica di questo spessore se devo essere sincero…

Grazie mille! Compact Demons è un ep che per me ha moltissimi significati a cui sono davvero molto legato per diversi motivi. Innanzitutto, è un disco che nasce in modo molto diverso rispetto ad altri, perché sono tutte tracce che ho prodotto ex-novo, appositamente per questo progetto. Inoltre, con questo disco ho cambiato anche il modo di fare musica, avvalendomi non solo delle macchine, ma anche di un Polyend Tracker, che portavo con me anche fuori dallo studio. Con il Tracker le tracce suonavano in modo diverso e mi piaceva la quadratura che dava.

Infatti Compact Demons è uno dei dischi che suona più “dancefloor” della tua discografia…

Esattamente, ed è proprio grazie al suono del Tracker. In realtà avevo anche già idea di provare a produrre qualcosa che suonasse in modo più duro e più pieno, e il Polyend – insieme al potente sequencer hardware Cirklon della Sequentix – mi hanno permesso di raggiungere questa dimensione.

Ci spieghi nel dettaglio come sono nate le track del disco?

Sono state tutte scritte tra l’estate e dicembre del 2023. Non mi era mai capitato di produrre e scrivere il materiale in così poco tempo. Dopo aver realizzato diversi lavori e aver parlato con la label, mancava ancora una traccia per completare l’ep. Era la B1, “d- -b Future is Blind”, che si lega alla frase che vedi scritta sul centro del disco “Are you in the wild side? B1 for A.R”. Dietro questa traccia e dietro alla frase c’è un episodio di sofferenza profondo che mi ha scosso molto. Ero in studio e stavo scrivendo una melodia quando ricevo un messaggio di un mio carissimo amico che non leggo immediatamente. Passata una mezz’oretta prendo il telefono e scopro che A., la sua ragazza malata di leucemia, era morta dopo un anno di lotta. “Future is Blind” l’ho scritta dedicandola a lei.

Mi dispiace, non sapevo di questo episodio, non lo avrei mai immaginato ascoltando il disco. Per me Compact Demons è un disco sicuramente dark, ma che racchiude in se una dolcezza davvero profonda…. Nella mia mente l’ascolto segue un andamento “a campana”: dalla prima all’ultima traccia la linea emozionale scende e risale disegnando un vero e proprio grafico.

Diciamo che ci sono dentro molte emozioni che mi hanno attraversato nel periodo in cui l’ho scritto e la disposizione delle produzioni segue esattamente il tracciamento che mi hai appena descritto.

C’è anche molto Aphex dentro a Compact Demons…

Eh, come fa a non esserci? È un artista che ho approfondito, studiato e ascoltato per anni. Il logo di Caramel Chameleon me lo sono fatto disegnare da Paul Nicholson che è il designer del logo di Aphex.

Ti vorrei fare un’ultima domanda prima di salutarci. Tu sei un musicista prima di essere un produttore di musica elettronica, e questo per me è chiarissimo. Vorrei però sapere qual è il tuo rapporto con il mondo del clubbing, del djing e con i rave? Alla fine la musica che produci è destinata a questo tipo di pubblico, ma non ti ho mai sentito nominare artisti o contesti che facciano un serio riferimento a queste realtà…

Questa è una domanda che mi mette in difficoltà, perché nel corso della mia crescita come artista mi sono rapportato con il mondo del djing e del clubbing con un risultato molto deludente per me. Come ben sottolinei io sono un musicista e ho sempre vissuto da rocker (e forse sono sempre stato in qualche modo condizionato dal fatto che io non appartenessi al mondo dei club). Dopo il Covid ho iniziato a bazzicare quel mondo e a frequentare i rave per capire cosa succedesse, esibendomi anche in dj set dopo aver ricevuto delle richieste; ma in realtà io mi voglio esibire come musicista con le macchine e con i tracker.

Inoltre questo mondo che ho frequentato per 3 anni non mi ha dato una grande impressione. Sicuramente ho ascoltato della musica che mi è piaciuta e che ho trovato interessante, ma non mi sono mai sentito a mio agio lì, e ho capito che non è un mondo che mi appartiene. Ogni volta che tornavo a casa sentivo che non faceva per me. Ho visto che molte persone vanno a certi eventi solo per sfasciarsi, della musica non gli importa nulla. A me invece importa solo della musica, della musica come forma di abbandono dell’io, come manifestazione artistica, e di arte ne ho trovata ben poca in questi contesti. Mi basta solo la musica come tramite per raggiungere l’abbandono dell’io e di estraniamento dalla realtà, non necessito di altro. Mi sono sempre sentito un “voyerista” in quei contesti, guardavo da fuori senza esserne veramente parte integrante. Sarà che di base odio appartenere a qualsiasi contesto, moda o scena. A mio parere l’attitudine delle persone non tende a valorizzare l’arte quando c’è. A me piace il suono, sono attratto dal suono di quello che produco, per me la musica elettronica è un mezzo che mi permette di studiarlo e di praticarlo e di digerirlo insieme alla mie emozioni e alle mie idee. A questo livello esiste solo la componente nerd e non escludo di cambiare genere musicale un giorno. Melodia, poliritmia, microtonalità, cacofonia, scoperta di musica antica e ricerca di diversi workflow nel processo produttivo: queste sono le cose che mi interessano. Vorrei creare una band come Ariel Pink o i Sonic Youth o fare musica come quella di Peter Gabriel, questo è uno dei miei sogni.

Interessante, hai una visione davvero singolare che apprezzo. C’è qualcos’altro che ci vorresti raccontare prima di salutarci?

In realtà c’è qualcosa che vi vorrei raccomandare: tre libri sul mondo della musica elettronica. Il primo è “Kraftwerk: Future Music from Germany” di Uwe Schütte. Il secondo è scritto da Matt Anniss “Join the Future: Bleep Techno and the Birth of British Bass Music” che mi ha fatto scoprire più di 600 tracce  (che ho raccolto in una playlist su YouTube). Il terzo invece è di Valentina Tanni, “Exit Reality” che tratta dei confini dissolti tra l’umano e il digitale, aprendo le porte verso mondi nuovi e inesplorati. Se vi va dedicateci un po’ di tempo.

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