Intellettuali in fuga dal fascismo . La diaspora italiana da scoprire
ll sito della storica Patrizia Guarnieri in perenne aggiornamento: "Un’emigrazione tuttora sconosciuta"

A maggio sarà al Salone del Libro di Torino, ma non con un volume stampato, perché quel tipo di lavoro e di ricerca non si possono fermare. Dopo la pubblicazione nel 2019 de L’emigrazione intellettuale dall’Italia fascista. Studenti e studiosi ebrei dell’Università di Firenze in fuga all’estero, è sorto un sito web, non solo sugli universitari, che consente il work in progress, e che ogni giorno si arricchisce di nuovi nomi, storie, con oltre 2000 foto, collegamenti, che restituiscono dignità, memoria, giustizia a tante persone che hanno lasciato l’Italia a causa delle leggi razziali del 1938, o ancora prima perché erano antifascisti e comunque non graditi al regime o "incompatibili" con le sue direttive.
Il sito a cui la storica Patrizia Guarnieri dell’Università di Firenze si dedica dal 2019 per scrivere le mille altre pagine dimenticate di migranti esuli e rifugiati per motivi politici o razziali è https://intellettualinfuga.com/it/. Una diaspora di "cervelli in fuga" che, oltretutto, ha privato l’Italia del loro sapere e del loro contributo intellettuale per la crescita del paese nel dopoguerra, perché la maggior parte di loro e dei loro figli non è tornata. Insomma, l’Italia non è stata solo terra di migranti poveri e senza istruzione, come spesso considerata.
"L’obiettivo di questa ricerca è richiamare l’attenzione sull’emigrazione intellettuale dal fascismo – spiega la professoressa Guarnieri, già ordinaria di Storia culturale dell’età contemporanea all’Università di Firenze –, tuttora sconosciuta sia nei numeri sia nella vicende biografiche, nei percorsi e negli esiti accademici e professionali. Il portale ha accesso gratuito ed è bilingue per raggiungere un ampio pubblico (circa 800mila finora le visualizzazioni da tutto il mondo), per eventuali segnalazioni, con mappe, approfondimenti e timeline".
Sono già più di 400 i nomi e volti individuati – alcuni famosi, altri no, o non in Italia – , e circa 1100 finora i familiari in mobilità di coloro che decisero di lasciare l’Italia fra accademici e scienziati, studenti e studiosi, giornalisti, scrittori, professionisti e artisti, donne e uomini, famiglie in cerca di un futuro, libertà e lavoro e, talvolta, per continuare a combattere il fascismo. Molti se ne andarono in America, del Nord e del Sud. Ma anche in Palestina, Inghilterra, in Svizzera e in altri paesi europei dai quali furono costretti a fuggire una seconda volta, come fecero gli stranieri che si erano rifugiati in Italia in fuga dal nazismo.
"Si tratta di un vero e proprio fenomeno del “brain drain“, cervelli in fuga, che in Italia non è ancora stato indagato se non su alcuni dei casi singoli più famosi – prosegue Patrizia Guarnieri –. Invece non si è saputo cosa sia accaduto alle vite della maggior parte di loro. Professori espulsi, studiosi non strutturati cui fu revocata l’abilitazione alla docenza , medici, avvocati, e altri professionisti radiati dagli albi e quindi impossibilitati a esercitare, liceali cui venne negata l’iscrizione all’università o neolaureati senza più prospettive per il futuro. Gli archivi universitari e professionali dell’epoca nulla ci dicono di cosa fecero dopo; quel che si voleva era che quanti venivano allontanati perché dichiarati biologicamente di “razza ebraica“ fossero cancellati e dimenticati".
Di loro non si sa in genere quali siano stati i percorsi e le reti di aiuto, come siano stati trattati all’estero. E non è avvenuta una riflessione, basata sui fatti, su quanto abbia sofferto la cultura italiana di quelle perdite. Così come sono rimaste senza risposta tante domande: nel dopoguerra, l’università cercò di recuperarle? Gli espatriati che fossero tornati avrebbero potuto portare nuove conoscenze e idee? Perché molti non rientrarono?
"Davanti alle atrocità delle deportazioni e dello sterminio appaiono ben poca cosa l’espulsione dal lavoro e dallo studio, il divieto di pubblicare, la radiazione dall’albo professionale, o la revoca del titolo che abilitava alla docenza – commenta Patrizia Guarnieri –. Eppure, queste ingiustizie hanno inflitto gravi sofferenze a uomini e donne, a famiglie e bambini, hanno spaesato e cambiato le loro vite, e hanno comportato danni pesanti alla cultura e al futuro di tutti. La ricerca pone un’attenzione del tutto particolare, anche grazie alla sensibilità delle ricercatrici coinvolte, alle molte donne di scienza e di cultura che furono costrette a emigrare sole o con la famiglia; quante di solito vengono menzionate solo poiché “mogli“ ebbero un ruolo decisivo e all’estero trovarono lavoro facendo della necessità un’opportunità".