Il terrore oltre Capo Bojador
Il Capo Bojador, situata sulla costa del Sahara occidentale, è stata per secoli uno dei grandi confini geografici e psicologici dell'esplorazione europea. Fino al XV secolo, quasi nessun navigatore europeo osava spingersi oltre quel punto, e non per semplice superstizione: era noto per essere un luogo pericoloso, misterioso e praticamente invalicabile, a causa di una combinazione di fattori.Alcuni di questi erano reali e tangibili. Le acque intorno a Capo Bojador sono poco profonde e insidiose, con banchi di sabbia, forti correnti e onde imprevedibili. Con i mezzi di navigazione del Medioevo, era facile incagliarsi e naufragare. Inoltre, era visto come un punto di non ritorno, poiché i venti dominanti del nord rendevano difficile il ritorno in Europa se ci si spingeva troppo a sud.Ma anche la superstizione aveva la sua influenza. Prima dell'età moderna, c'era un'enorme ignoranza sul Africa subsahariana: la cartografia medievale era imprecisa e mescolava dati reali con leggende, rafforzando l'idea che oltre Capo Bojador ci fossero solo morte e desolazione. I marinai affermavano che oltre quel punto abitavano mostri marini, il mare diventava bollente e il sole bruciava le navi. Nell'immaginario europeo, quel capo segnava la fine del mondo e attraversarlo era visto come una sfida al destino.Il primo a farlo fu il navigatore portoghese Gil Eanes nel 1434, sotto l'impulso dell'infante del Portogallo Enrico il Navigatore. Il suo viaggio segnò una svolta, dimostrando che non c'erano mostri né mare ribollente e abbattendo una barriera mentale che aveva frenato l'esplorazione per secoli. Da quel momento in poi, l'espansione portoghese verso l'Africa e, più tardi, verso l'India, accelerò notevolmente.

Il Capo Bojador, situata sulla costa del Sahara occidentale, è stata per secoli uno dei grandi confini geografici e psicologici dell'esplorazione europea. Fino al XV secolo, quasi nessun navigatore europeo osava spingersi oltre quel punto, e non per semplice superstizione: era noto per essere un luogo pericoloso, misterioso e praticamente invalicabile, a causa di una combinazione di fattori.
Alcuni di questi erano reali e tangibili. Le acque intorno a Capo Bojador sono poco profonde e insidiose, con banchi di sabbia, forti correnti e onde imprevedibili. Con i mezzi di navigazione del Medioevo, era facile incagliarsi e naufragare. Inoltre, era visto come un punto di non ritorno, poiché i venti dominanti del nord rendevano difficile il ritorno in Europa se ci si spingeva troppo a sud.
Ma anche la superstizione aveva la sua influenza. Prima dell'età moderna, c'era un'enorme ignoranza sul Africa subsahariana: la cartografia medievale era imprecisa e mescolava dati reali con leggende, rafforzando l'idea che oltre Capo Bojador ci fossero solo morte e desolazione. I marinai affermavano che oltre quel punto abitavano mostri marini, il mare diventava bollente e il sole bruciava le navi. Nell'immaginario europeo, quel capo segnava la fine del mondo e attraversarlo era visto come una sfida al destino.
Il primo a farlo fu il navigatore portoghese Gil Eanes nel 1434, sotto l'impulso dell'infante del Portogallo Enrico il Navigatore. Il suo viaggio segnò una svolta, dimostrando che non c'erano mostri né mare ribollente e abbattendo una barriera mentale che aveva frenato l'esplorazione per secoli. Da quel momento in poi, l'espansione portoghese verso l'Africa e, più tardi, verso l'India, accelerò notevolmente.