Il Papa a sorpresa in piazza San Pietro sulla carrozzina: “Buona domenica a tutti”. L’omelia per gli ammalati
Applausi e grande emozione in Piazza San Pietro per l’arrivo a sorpresa di Papa Francesco alla Messa per il Giubileo degli ammalati. In carrozzina e con i naselli per l’ossigeno, il Pontefice è stato accompagnato all’altare allestito per la celebrazione presieduta da monsignor Rino Fisichella, accolto dagli applausi e dai cori dei fedeli, che il […] L'articolo Il Papa a sorpresa in piazza San Pietro sulla carrozzina: “Buona domenica a tutti”. L’omelia per gli ammalati proviene da Il Fatto Quotidiano.

Applausi e grande emozione in Piazza San Pietro per l’arrivo a sorpresa di Papa Francesco alla Messa per il Giubileo degli ammalati. In carrozzina e con i naselli per l’ossigeno, il Pontefice è stato accompagnato all’altare allestito per la celebrazione presieduta da monsignor Rino Fisichella, accolto dagli applausi e dai cori dei fedeli, che il Pontefice ha salutato con la mano. “Buona domenica a tutti”, ha detto rivolto ai partecipanti alla messa. “Grazie tante”. Il Pontefice è stato portato con la sedia a rotelle attraverso le file di fedeli sul sagrato vaticano, poi davanti all’altare per la benedizione. La Sala Stampa della santa sede ha fatto sapere che “questa mattina Papa Francesco si è unito al pellegrinaggio giubilare degli ammalati e del mondo della sanità. Prima del saluto ai pellegrini e ai fedeli in piazza, a cui ha rivolto il suo ringraziamento, ha ricevuto il sacramento della riconciliazione nella Basilica di San Pietro, si è raccolto in preghiera e ha attraversato la Porta Santa”.
Fisichella, prima di leggere l’omelia, aveva detto: “A pochi metri da noi papa Francesco, dalla sua stanza a Santa Marta, ci è particolarmente vicino e sta partecipando come tanti malati, tante persone deboli, sta partecipando a questa Santa Eucaristia attraverso la televisione“. Frase salutata dall’applauso dei circa 20mila presenti tra cui i medici che lo hanno curato al Policlinico Gemelli, durante il suo lungo ricovero finito il 24 marzo. “Sono particolarmente contento e onorato di offrire la mia voce per leggere l’omelia che lui ha preparato”, ha aggiunto quindi il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione.
“Con voi, carissimi fratelli e sorelle malati, in questo momento della mia vita condivido molto: l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno”, scrive il Papa nell’omelia. “Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire“. Poi continua: “La camera dell’ospedale e il letto dell’infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che dice anche a noi: ‘Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?’. E così rinnovare e rafforzare la fede”.
“Certamente”, ammette il Papa, “la malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, in cui tocchiamo con mano quanto siamo fragili. Essa può arrivare a farci sentire come il popolo in esilio, o come la donna del Vangelo: privi di speranza per il futuro. Ma non è così. Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e, se ci abbandoniamo a lui, proprio là dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza”. Infatti “Egli stesso, fatto uomo, ha voluto condividere in tutto la nostra debolezza e sa bene che cos’è il patire. Perciò a lui possiamo dire e affidare il nostro dolore, sicuri di trovare compassione, vicinanza e tenerezza. Ma non solo. Nel suo amore fiducioso, infatti, egli ci coinvolge perché possiamo diventare a nostra volta, gli uni per gli altri, ‘angeli’, messaggeri della sua presenza, al punto che spesso, sia per chi soffre sia per chi assiste, il letto di un malato si può trasformare in un ‘luogo santò di salvezza e di redenzione”, ha aggiunto il Papa.
“Non releghiamo chi è fragile lontano dalla nostra vita, come purtroppo oggi a volte fa un certo tipo di mentalità, non ostracizziamo il dolore dai nostri ambienti”, conclude il testo. “Facciamone piuttosto un’occasione per crescere insieme, per coltivare la speranza grazie all’amore che per primo Dio ha riversato nei nostri cuori e che, al di là di tutto, è ciò che rimane per sempre”.
Nel testo dell’Angelus c’è però spazio come sempre anche per le zone di guerra: “Continuiamo a pregare per la pace: nella martoriata Ucraina, colpita da attacchi che provocano molte vittime civili, tra cui tanti bambini. E lo stesso accade a Gaza, dove le persone sono ridotte a vivere in condizioni inimmaginabili, senza tetto, senza cibo, senza acqua pulita. Tacciano le armi e si riprenda il dialogo; siano liberati tutti gli ostaggi e si soccorra la popolazione. Preghiamo per la pace in tutto il Medio Oriente; in Sudan e Sud Sudan; nella Repubblica Democratica del Congo; in Myanmar, duramente provato anche dal terremoto; e ad Haiti, dove infuria la violenza, che alcuni giorni fa ha ucciso due religiose”, aggiunge il Pontefice.
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