Il lavoro può disgregare le famiglie: serve scuotere l’indifferenza di chi ha il potere
di Mimmo Scarda Fra poco si festeggerà il 1° maggio, la festa del lavoro. Desidero esprimere, in aggiunta a quelle più importanti e conosciute, una questione meno apparente ma ugualmente importante: il lavoro che disgrega le famiglie. Non è certo un modo di condannare il lavoro, ma un modo per riflettere sulle conseguenze dolorose che […] L'articolo Il lavoro può disgregare le famiglie: serve scuotere l’indifferenza di chi ha il potere proviene da Il Fatto Quotidiano.

di Mimmo Scarda
Fra poco si festeggerà il 1° maggio, la festa del lavoro. Desidero esprimere, in aggiunta a quelle più importanti e conosciute, una questione meno apparente ma ugualmente importante: il lavoro che disgrega le famiglie. Non è certo un modo di condannare il lavoro, ma un modo per riflettere sulle conseguenze dolorose che non pochi devono sopportare per lavorare.
A causa del lavoro i nuclei familiari si disfano perché bisogna andare lontano dalla propria famiglia. Vicino casa, o nelle zone limitrofe o nelle intere regioni del Sud il lavoro manca e bisogna andare lontano dove ci sono le aziende e le possibilità di occupazione. La conseguenza è che le famiglie si frantumano. Un figlio ha trovato lavoro al Nord, un figlio all’estero e si sa che dove c’è pane si mette su famiglia, magari con ragazzo o una ragazza con famiglia di origine a centinaia di km. Per cui si creano nuclei nuovi a centinaia di km di distanza dalle famiglie originarie, quindi nuore o generi e nipoti lontani dalle mamme, dalle nonne e dai nonni nonché dai parenti. Alla nascita di un nipotino bisogna raggiungere la figlia o il figlio per aiutarli, ai compleanni e alle feste importanti bisogna fare lo stesso, non parliamo poi delle ferie quando bisogna andare dalle famiglie di origine per respirare l’aria di casa.
Può sembrare un’osservazione insignificante perché, come si sa, lavorare è importante, vitale. Non è raro sentirsi dire “bast ca fatic”. Già, però quel lavoro provoca dolore. Non è bello avere dei figli e non poterseli godere perché devono andare lontano a lavorare, come anche i nipoti. Non è bello spendere centinaia di euro di treno o di macchina per trascorrere qualche giorno con i propri affetti, senza considerare la fatica dei viaggi soprattutto quando si ha una certa età, non è bello sentirsi male e non avere il conforto della presenza dei figli.
Allora qualcuno dirà: e che dobbiamo fare, non dobbiamo lavorare? Ed è qui il problema che vorrei si affrontasse con maggiore impegno. Dobbiamo far sentire gli effetti di questo dramma per cercare soluzioni possibili e razionali. Creare opportunità dove non ce ne sono incentivando aziende, valorizzando le peculiarità delle nostre zone come l’agricoltura, il turismo, le risorse naturali: clima, territori, arte, cultura. Certo non è facile ma nemmeno impossibile; quello che occorre è una piena partecipazione popolare che scuota l’indifferenza di chi ha il potere, e far sentire la voce di chi soffre in silenzio sperando che le cose cambino da sole. Con la rassegnazione non si ottiene nulla.
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