Il Chelsea vende a se stesso gli hotel e la squadra femminile: i trucchi contabili per spendere miliardi ed evitare sanzioni

Si potrebbe creare una Champions League per la finanza creativa, visti i magheggi contabili che molti top club si inventano per aggirare le già blande regole della sostenibilità finanziaria, l’ex financial fair play. Già noti e ampiamente raccontati i giochi di prestigio di un Barcellona arrivato a vendersi anche parte dei propri ricavi futuri, oggi […] L'articolo Il Chelsea vende a se stesso gli hotel e la squadra femminile: i trucchi contabili per spendere miliardi ed evitare sanzioni proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 29, 2025 - 07:30
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Il Chelsea vende a se stesso gli hotel e la squadra femminile: i trucchi contabili per spendere miliardi ed evitare sanzioni

Si potrebbe creare una Champions League per la finanza creativa, visti i magheggi contabili che molti top club si inventano per aggirare le già blande regole della sostenibilità finanziaria, l’ex financial fair play. Già noti e ampiamente raccontati i giochi di prestigio di un Barcellona arrivato a vendersi anche parte dei propri ricavi futuri, oggi le luci della ribalta sono tutte per il Chelsea. Il club londinese, nei tre anni di gestione del fondo di private equity BlueCo, appositamente costituito per l’acquisto della società da Roman Abramovich, ha già speso oltre un miliardo di euro in nuovi giocatori. Spese ingenti sono garanzia di perdite ingenti, infatti il primo anno del gruppo di investimento guidato da Todd Boehly (2022/23) il bilancio è stato chiuso con un rosso di 100 milioni di euro. Con previsioni catastrofiche per l’esercizio successivo, visti non solo il mezzo miliardo scarso speso in nuovi acquisti, ma anche i mancati introiti europei, dal momento che i Blues avevano chiuso il campionato al 12esimo posto, mancando per la prima volta in sette anni le coppe internazionali. Ecco invece la magia: al posto di un’altra perdita sanguinosa, è arrivato un utile di 150 milioni di euro, il più alto di tutta la Premier, maggiore anche di quello del Manchester City campione d’Europa, fermo a 86 milioni.

I nuovi proprietari del Chelsea si sono caratterizzati fin da subito come creativi della finanza, iniziando dall’allungamento dei classici contratti quinquennali fino a sette-otto anni, un giochetto che permetteva di spalmare i costi di ammortamento dei giocatori (da non confondere con la spesa per l’acquisto del cartellino, perché il City non aspetta otto anni il pagamento di Cole Palmer) su più annualità. Nelle stesse settimane in cui Kai Havertz veniva ceduto all’Arsenal per 75 milioni di euro, il Chelsea vendeva due hotel quattro stelle, e relativi parcheggi, nei pressi di Stamford Bridge alla BlueCo 22 Properties, una sussidiaria di BlueCo, la holding proprietaria del Chelsea. Di fatto, Boehly ha ceduto gli alberghi a sé stesso, abbassando la perdita netta dei Blues a 100 milioni di euro. In Inghilterra, per evitare altri casi Abramovich o Manchester City, non è consentita una ricapitalizzazione illimitata da parte delle proprietà, ed è stato stabilito un tetto massimo di perdite dei club pari a 105 milioni in tre anni. Diverse spese però non vengono computate: settore giovanile, miglioramenti di impianti e infrastrutture, progetti sociali, calcio femminile. Tuttavia, a differenza della Uefa, le cessioni di beni all’interno della stessa proprietà sono consentite, a patto che queste avvengano secondo un congruo prezzo di mercato.

Dopo mesi di indagini, la Premier ha chiesto al Chelsea di ritoccare leggermente al ribasso il costo di vendita dei citati hotel (da 85 a 78 milioni), senza il quale i Blues si sarebbero trovati nella medesima situazione di Everton e Nottingham Forest, penalizzati proprio per aver infranto la regola dei 105 milioni. Per non parlare del Manchester City, la cui battaglia legale con la Premier è ancora in corso. La spregiudicatezza del Chelsea non è passata inosservata ai concorrenti, ma la votazione tra i venti club di Premier se adeguarsi ai dettami Uefa, e quindi non consentire più tali entrate nel computo complessivo dei guadagni, ha dato esito negativo. Undici società hanno votato a favore, ma serviva una maggioranza di due terzi. Del resto, perché non consentire una truffa finanziaria che un domani potrebbe tornare utile anche al proprio club?

Nel 2023/24 il Chelsea ha stabilito il primato nazionale di incassi da cessioni: 278.70 milioni di euro. In più, senza bonus europei, il payroll è risultato più basso. Ma si tratta di risparmi inefficaci se poi si spendono 116 milioni per il solo Felipe Caicedo. Infatti è arrivato un saldo negativo di oltre 80 milioni. Ai quali vanno sommati i 100 dell’anno precedente, nonostante la vendita degli hotel, e i 140 dell’ultima annata Abramovich. Ecco, quindi, l’ulteriore gioco di prestigio: la vendita della squadra femminile. Campione d’Inghilterra nelle ultime cinque stagioni, è stata quotata 230 milioni e la cifra è stata sborsata da BlueCo 22 Midco, altra sussidiaria di BlueCo. Così gli 80 milioni di perdita si sono trasformati in 150 di profitto. Sul prezzo è stata aperta una ulteriore indagine da parte della Premier, visto che il Chelsea femminile ha un giro di affari molto modesto (13 milioni di incasso la passata stagione) e non riesce ad autosostenersi (perde in media 10 milioni l’anno). Tuttavia, i tempi sono lunghi e, nel mentre, il Chelsea prende ossigeno, perché tra qualche mese il triennio di perdite non contemplerà più i citati 140 milioni di Abramovich, ma viaggerà verso squilibri più contenuti.

Diverso invece è il discorso che riguarda la Uefa. Come detto, le regole della sostenibilità finanziaria europea non contemplano operazioni di vendita alle società del gruppo proprietario, e quindi né gli alberghi né il Chelsea femminile possono figurare nel conteggio degli incassi. Licenza quindi a rischio? Facile pronosticare di no, visti gli esempi del passato, con società quali Paris Saint Germain, Inter e Roma che hanno patteggiato con una multa le infrazioni al fair play finanziario, continuando tranquillamente a frequentare le coppe. Il Chelsea è già in trattativa con la Uefa per un piano di rientro, di solito di durata triennale o quadriennale, i cui dettagli non vengono divulgati. Casi come questo confermano tutta l’inefficacia dell’impianto su cui si regge la politica della sostenibilità economica Uefa, ossia sanzioni che rappresentano poco più di un buffetto per chi perde milioni a decine ogni anno. Insomma, sgarrare conviene.

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