«Il braccialetto elettronico “in pausa” per fargli fare la spesa: così papà ha potuto uccidere mamma»
Parla la figlia Miriam: il dispositivo era spento. Mio padre ha incontrato mio fratello e gli ha regalato 60 euro. Poi è andato a casa L'articolo «Il braccialetto elettronico “in pausa” per fargli fare la spesa: così papà ha potuto uccidere mamma» proviene da Open.

Samia Bent Rejab Kedim, cittadina tunisina di 46 anni, è stata uccisa a coltellate lo scorso 17 aprile nella sua casa a Udine, dal marito Mohamed Naceur Saadi. Il 59enne poi è morto schiantandosi in auto contro una betoniera. Una storia molto simile a quella di San Secondo Parmense. I due avevano tre figli. Miriam Saadi, 21 anni e una bimba piccola, parla oggi con il Corriere della Sera del femminicidio della madre. E rivela che il braccialetto elettronico che doveva proteggerla era spento. Il dispositivo era spento: succedeva due ore ogni due settimane per consentire a lui di andare a fare la spesa.
I maltrattamenti
Saadi era già stato condannato per violenze sulla moglie a cinque anni e quattro mesi di carcere. Era in corso la causa di separazione tra i due. Miriam, 21 anni, ha due fratelli: Sabrina, 20 e Yousef, 14. La madre faceva l’operaia, lui era camionista. «Quella mattina mio fratello Yousef ha incontrato papà alla stazione, un incontro come altri. Papà gli ha dato 60 euro dicendogli “vai a farti un giro” e lui è andato al bar di un vicino supermarket a prendere un the. Nel tornare, ha raggiunto direttamente casa, da mamma. Ha suonato al citofono, gli ha risposto lei, Samia, riuscita a prendere la cornetta. Ha fatto a tempo a dirgli “aiuto! Aiuto!..”. Poi Yousef ha sentito altre urla, riuscendo a entrare… Papà era ancora dentro, lo ha visto allontanarsi con il volto insanguinato. Yousef a quel punto si è rivolto ai vicini per dare l’allarme», dice lei ad Alessandro Fulloni.
Ai domiciliari
Il padre era ai domiciliari a Monfalcone. Aveva l’obbligo di braccialetto elettronico: «Un dispositivo che avevo visto quando ero andata trovarlo a Monfalcone con mia figlia. Mi faceva pena, non aveva nessuno… Quel giorno mi aveva detto: “Non farle toccare il bracciale, sennò arriva la polizia”». Ma aveva un permesso di due ore: «A mamma avevo detto: “In quelle due ore sto sempre con te, mi raccomando”… Però quel giorno ci siamo dimenticate. Ma chi immagina che tuo padre faccia una cosa così? Così estrema? (piange) …». E si chiede: «Lo tracciate quando è in casa e non lo tracciate quando è fuori? Ma allora non sarebbe stato meglio tenerlo in carcere?».
L’altro bracciale
Esiste anche un altro bracciale che avverte la vittima dell’avvicinamento della persona segnalata. Ma a quanto pare non le era stato ancora dato: «So che mi aveva detto che attendeva una visita della polizia. Mi aveva chiesto di pulire casa. Ci teneva, voleva fare una bella figura». Il padre lo ha visto per l’ultima volta «due giorni prima che uccidesse mamma, all’udienza per il divorzio. C’eravamo incontrati in tribunale. Lui, io, mio marito. Proprio al mio compagno, papà aveva detto: “Ora sei tu che dovrai sostenere la nostra famiglia”. Lì per lì non avevo dato peso a quelle parole, poi mi sono parse quasi un avvertimento». Mentre la madre lo ha denunciato «la prima volta 20 anni fa. Poi però ritrattava… Se l’ultima volta non successe è perché un colonnello dei carabinieri andò a trovarla a casa. Aveva capito la pericolosità di papà».
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