“I miei connazionali sanno che è un genocidio ma continuano a mentire”: il racconto dell’attivista israeliano che si batte per i diritti dei palestinesi

Le parole dell'attivista israeliano per i diritti dei palestinesi, che a Genova ha raccontato ciò che accade nei territori occupati e i rischi che corre chi denuncia la violenza dei coloni [Video] L'articolo “I miei connazionali sanno che è un genocidio ma continuano a mentire”: il racconto dell’attivista israeliano che si batte per i diritti dei palestinesi proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 16, 2025 - 14:42
 0
“I miei connazionali sanno che è un genocidio ma continuano a mentire”: il racconto dell’attivista israeliano che si batte per i diritti dei palestinesi

In Italia per ritirare il Premio Internazionale Alexander Langer 2024, assegnato congiuntamente all’organizzazione israeliana Ta’ayush e al collettivo palestinese Youth of Sumud per il loro impegno nella resistenza nonviolenta nei territori occupati, Guy Butavia prosegue la sua attività di attivista e testimone diretto delle violazioni dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati. Da quindici anni, con Ta’ayush (Vivere Insieme), accompagna agricoltori e pastori palestinesi sulle loro terre per proteggerli dagli abusi dei coloni e documenta demolizioni, arresti e violenze: “Assistiamo e denunciamo demolizioni, molestie, arresti arbitrari”, racconta al Fatto a margine dell’incontro organizzato a Genova da Assopace Palestina, Operazione Colomba e Associazione Culturale Liguria Palestina.

Nonostante continui a operare sul campo, Butavia ha smesso di mostrarsi a volto scoperto: “Non conformarsi alla propaganda israeliana è pericoloso, sia all’interno che all’esterno del paese”. Secondo Guy, l’attacco di Hamas del 7 ottobre ha fornito al governo israeliano “una finestra di opportunità” per accelerare la rimozione forzata della popolazione palestinese dai territori occupati. “Quello che vediamo ogni giorno è distruzione, arresti di massa, persone lasciate morire di fame nelle prigioni”, denuncia. “L’obiettivo è cancellare la presenza palestinese in Cisgiordania dopo aver raso al suolo Gaza”. Negli ultimi mesi, la violenza si è estesa anche a Tulkarem e in altre città. Mostrando video girati in questi giorni, Butavia racconta attacchi non solo ai campi coltivati, ma direttamente alle abitazioni: “Coloni e soldati attaccano con sempre più violenza, dentro le case, contro famiglie e bambini”. La cosiddetta tregua su Gaza, spiega, più che un rallentamento delle operazioni militari, ha rappresentato un’accelerazione della repressione nei territori occupati.

Molti attivisti in ambito israeliano, pur parlando apertamente di crimini di guerra, denunciando pratiche di pulizia etnica e apartheid da parte del governo di Netanyahu, preferiscono evitare il termine genocidio per descrivere ciò che sta avvenendo nei territori occupati, per Butavia è una distinzione ipocrita: “In un certo senso, penso che molti israeliani e Israele stesso riconoscano di stare commettendo un genocidio. Ma mentono e continuano a ingannare il mondo, ripetono ossessivamente che stanno cercando di garantirsi la sicurezza”. Un racconto, dice, che serve a giustificare la sistematica eliminazione della popolazione palestinese: “Chiunque guardi i fatti, chiunque veda cosa sta accadendo sul terreno, non può negare che sia un genocidio”. In questi termini, essere un attivista israeliano per i diritti dei palestinesi ha il suo costo: “Certo non posso fare paragoni con i soprusi continui che subiscono i palestinesi, che vengono arrestati indiscriminatamente e senza motivo tutti i giorni, ma anche per noi è pericoloso. Ci accusano di essere nemici dello Stato, veniamo minacciati, picchiati, fermati”. Il dissenso è tollerato solo fino a un certo punto: “A pensarla come me, in Israele, saremo meno del 5% della popolazione. Ma se alle parole fai seguire azioni concrete di solidarietà, vieni preso di mira”.

All’incontro di Genova ha partecipato anche Haytham Alhourani, giovane ortopedico palestinese nato a Gaza, che ha raccontato la realtà della popolazione sotto assedio. Con Butavia ha discusso della possibilità di una convivenza tra i due popoli in Palestina, una prospettiva sempre più remota nel clima di polarizzazione attuale. “Si tratta di prendere posizione, dire la verità e agire per la giustizia con metodi nonviolenti”, afferma Butavia. “Perché la violenza rende miserabile almeno una delle parti coinvolte nel conflitto, in genere entrambe”.

L'articolo “I miei connazionali sanno che è un genocidio ma continuano a mentire”: il racconto dell’attivista israeliano che si batte per i diritti dei palestinesi proviene da Il Fatto Quotidiano.