Le lacune del nostro arsenale: “Le tecnologie sono la priorità”
L’analisi di Pagani (Unibo): rendiamoci autonomi nella copertura satellitare

Roma, 5 marzo 2025 – Difesa europea il dado è tratto, ma la strada è lunga.
Professor Alberto Pagani , docente all’università di Bologna e advisor nel settore di sicurezza, terrorismo e intelligence, approva il piano di 800 miliardi annunciato da Ursula von der Leyen per la Difesa Ue?
“È sbagliato chiamarlo riarmo. Le priorità con cui utilizzare quei soldi non saranno solo gli armamenti. Abbiamo bisogno delle tecnologie abilitanti, che servono sia per scopi militari, per far funzionare le armi moderne, che negli usi civili”.
Ovvero?
“Bisogna essere autonomi nella copertura satellitare, orbita media e bassa, necessaria per le comunicazioni e per l’intelligence. Fino ad oggi ci siamo affidati agli Usa, ma non possiamo dipendere da Elon Musk, che può decidere se concederci o no l’uso della rete Starlink. Israele, in guerra da quando esiste, ha capito che per la sicurezza deve contare sulle proprie forze e non dipendere dagli alleati. Non è un atteggiamento ostile verso gli Usa, anzi così si fornisce una garanzia migliore gli alleati”.
È possibile una media di spesa di 1,5% del Pil in Europa?
“È il minimo, ma ci vuole un dibattitto corretto,perché si parla di investire nella mobilità militare, quindi logistica, nella comunicazione, analisi dati, intelligenza artificiale. Bisogna capire le priorità. Col Pnrr si è finanziato di tutto, poi ci mancano i satelliti”.
Possiamo fare a meno dell’ombrello americano?
“Attualmente no, ma possiamo organizzarci. Donald Trump ci mette con le spalle al muro, dicendo che la pacchia della sicurezza europea a spese degli americani è finita, ma già il presidente Obama chiese agli alleati di portare la spesa del Pil per la Difesa al 2%”.
L’Europa, come sostiene von der Leyen , è minacciata?
“È evidente. Noi italiani siamo gli unici a pensare che su questo fronte si stia scherzando. La Germania e i Paesi Baltici distribuiscono le compresse allo iodio come prevenzione per le radiazioni atomiche e noi pensiamo all’apericena. La Russia prepara un esercito da 1 milione mezzo di uomini e ha convertito gran parte dell’industria ad uso bellico”.
Come si può organizzare la difesa europea?
“Smettiamo di parlare di esercito europeo, è una sciocchezza. È necessaria una forza di pronto intervento di 300mila uomini, con un comando e controllo unico e gli armamenti che ci rendono autonomi dagli Usa, ad esempio nella difesa missilistica. Basta la cooperazione rafforzata, prevista dai trattati, tra i più volonterosi, senza poteri di veto. Il modello organizzativo è quello della Nato”.
I punti su cui far leva?
“Gli investimenti su sistemi d’arma comune comportano economie di scala. Avviene già con la collaborazione tra la nostra Leonardo e la tedesca Rheinmetall per i carri armati di nuova generazione. L’Europa deve finanziare i progetti comuni, non l’acquisto individuale di tecnologia americana, altrimenti non cresceremo mai”.