I leader e il ‘protocollo Meloni’. Strette di mano e bilaterali veloci

Tra il presidente Usa e quella della Commissione Ue la promessa di rivedersi. Un po’ d’irritazione dalla premier. Ma la diplomazia del lutto non strappa la tela tessuta da lei negli ultimi giorni: “È stata una giornata storica”

Apr 27, 2025 - 04:34
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I leader e il ‘protocollo Meloni’. Strette di mano e bilaterali veloci

 

Roma, 27 aprile 2025 - Solo un particolare rovina quella che, altrimenti, per Giorgia Meloni sarebbe una giornata perfetta: una foto. Ci sono Trump, Zelensky, Starmer e Macron. Lei non c’è. Tutto il resto ieri è andato secondo gli auspici di Palazzo Chigi. Il presidente americano e Ursula von der Leyen si sono scambiati quella "stretta di mano" diventata oramai una formula fissa nel giro della premier. I protagonisti si sono fermati sul confine tracciato da lei: si sono promessi di rivedersi per parlare di dazi. Andare oltre senza preparazione avrebbe significato esporsi a un clamoroso fallimento. E la padrona di casa avrebbe visto minacciato il ruolo di mediatrice assoluta tra Washington e Bruxelles che intende assumere.

Emmanuel Macron, Keir Starmer, Donald J. Trump e Volodymyr Zelensky
epa12056122 epa12056109 A handout photo made available by the Ukrainian Presidential Press Service shows (L-R) French President Emmanuel Macron, British Prime Minister Keir Starmer, US President Donald J. Trump, and Ukrainian President Volodymyr Zelensky speaking in Saint Peter's Cathedral prior to the funeral Mass of Pope Francis in Saint Peter's Square in Vatican City, 26 April 2025. Pope Francis passed away on Easter Monday, 21 April 2025, at the age of 88. EPA/PRESIDENTIAL PRESS SERVICE HANDOUT HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES EPA-EFE/PRESIDENTIAL PRESS SERVICE HANDOUT HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALESHANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

Anche con Zelensky – per una volta in abiti scuri – le cose non sono andate affatto male nella valutazione del governo. Il presidente ucraino ha giocato molto bene la sua partita: con la minaccia di non presentarsi al funerale accampando la scusa di non meglio precisati "impegni militari", è riuscito a strappare tutti gli appuntamenti a cui mirava. Primo fra tutti quello con Donald Trump. E che il disgelo, dopo l’orrenda scena dello Studio Ovale, si sia verificato a Roma per Giorgia è motivo di soddisfazione: abbiamo lavorato per favorirlo, fanno filtrare dal suo staff. "Un incontro storico: vedere che parlano sulla pace al funerale del Papa della pace ha un significato enorme – commenta la premier – Sì, una giornata storica". Tanto la città quanto la macchina organizzativa e la sicurezza sono state all’altezza di una giornata che sarebbe stata comunque memorabile. Parla pure lei con Trump, ma al volo, passeggiando sotto il colonnato della Basilica di San Pietro: qualche parola scambiata in fretta, gli auguri alla first lady per il compleanno. Tanto basta. Poche battute anche quelle scambiate con Ursula von der Leyen e con Roberta Metsola, in ossequio al low profile, profilo basso, adottato per i funerali del Papa.

Tutt’altro che estemporaneo, invece, è il colloquio a Palazzo Chigi con Zelensky, che lei vede dopo il cordiale pranzo all’Hotel Ambasciatori di via Veneto con il presidente argentino Milei, sprovvisto per una volta di sega elettrica. Dura un’ora il faccia a faccia con il presidente ucraino: al termine, Meloni dispone un comunicato che sprizza ottimismo. "È stato ribadito il sostegno agli sforzi del presidente Trump per il raggiungimento di una pace giusta e duratura, capace di garantire un futuro di sicurezza, sovranità e libertà all’Ucraina". Un modo anche per parare il colpo di quella foto che restituisce la sgradita immagine di un’Italia ininfluente sulla questione più centrale che ci sia oggi.

Zelensky corrobora l’entusiasmo: "Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni. L’ho informata degli incontri tenuti con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina". È la linea di Giorgia, che elogia la disponibilità dell’Ucraina e avverte: "Anche la Russia dimostri concretamente la volontà di perseguire la pace". L’esito del colloquio segna un riavvicinamento tra Roma e il resto dell’Europa dopo il gelo seguito allo sbilanciamento della premier sul versante della Casa Bianca. Altro risultato positivo della giornata. Resta la maledetta foto.

Giurano i meloniani: "Sembra che abbiano fatto un vertice, in realtà con Macron e Starmer si sono parlati 15 secondi. Trump ha detto che voleva un faccia a faccia con Zelensky. Lo conferma un video". Vero, ma quella foto non rubata bensì studiata, racconta una realtà che alla premier non può fare piacere: nella vicenda ci sono solo tre protagonisti: Zelensky, Trump, Putin. Eppure, Francia e Gran Bretagna sono comprimari. Dal ministero degli Esteri ammettono lo scarto: sono le sole due potenze atomiche e siedono nel consiglio di sicurezza dell’Onu. C’è altro: Macron e Starmer possono giocare un ruolo perchè nel colloquio con Trump e Zelensky si è sfiorato anche il tema della forza militare che dovrebbe garantire la tregua: ovvero, i volenterosi. In quella partita, però, l’Italia non può entrare. Pena la rottura della maggioranza.