I 100 giorni di regno del tycoon. Tra entusiasmi e consensi in calo

“Governo gli Stati Uniti e il mondo nessuno mi può fermare”. Queste le parole pronunciate dal presidente USA Donald Trump durante un colloquio con i giornalisti alla vigilia del centesimo giorno del suo mandato. Parole che arrivano sull’onda di un generalizzato calo della popolarità al quale è lo stesso Trump a rispondere con ottimismo “Mantengo le promesse della campagna”. Economia 27 Marzo 2025 Nuove minacce di Trump sui dazi: nel mirino ancora Ue e Canada In realtà, né Canada né Ue hanno rilasciato comunicati ufficiali che avrebbero confermato una possibile strategia di collaborazione 27 Marzo 2025 dazi Guarda ora Ma tra le tante promesse alcune saranno impossibili da mantenere, tra quelle la volontà di far diventare il Canada il 51esimo stato USA. Infatti proprio oggi i liberali di Mark Carney, particolarmente ostili ai progetti MAGA di Trump, hanno annunciato la vittoria alle elezioni legislative anticipate con un risultato che fino a pochi mesi fa era impensabile: i conservatori guidati da Pierre Poilievre, forti di un decennio marcato Justin Trudeau, registravano vantaggi ovunque. Paradossalmente, però, proprio il ritorno del magnate alla Casa Bianca e la sua feroce campagna di dazi (il Canada dipende fortemente dall’export verso Washington), hanno ampiamente cambiato le carte in tavola. Attualita' 24 Marzo 2025 Canada, elezioni anticipate al 28 aprile. Incombe la minaccia di Trump I canadesi eleggeranno 343 membri del parlamento alla Camera dei Comuni, con un aumento di cinque rispetto al voto del… 24 Marzo 2025 canada elezioni canada Guarda ora Intanto per celebrare il suoi primi 100 giorni in carica,  Trump ha deciso una serie di misure tutte in stampo “America First”, in particolare contro i non-americani indesiderati negli Stati Uniti molti dei quali in possesso anche di status legale. L’immigrazione è infatti l’unico dei capitoli della sua politica su cui Trump riesce a registrare un calo meno marcato rispetto ad altri suoi campi d’azione. Molti, infatti, gli rimproverano di aver peggiorato la situazione dei prezzi, previsti in aumento. Un dato preoccupante in una nazione in cui i ¾ del Pil dipende dai consumi interni. Le critiche riguardano anche la sua volontà di espandere il potere della presidenza oltre i limiti consentiti.

Apr 29, 2025 - 11:34
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I 100 giorni di regno del tycoon. Tra entusiasmi e consensi in calo

“Governo gli Stati Uniti e il mondo nessuno mi può fermare”. Queste le parole pronunciate dal presidente USA Donald Trump durante un colloquio con i giornalisti alla vigilia del centesimo giorno del suo mandato. Parole che arrivano sull’onda di un generalizzato calo della popolarità al quale è lo stesso Trump a rispondere con ottimismo “Mantengo le promesse della campagna”.

Economia
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Ma tra le tante promesse alcune saranno impossibili da mantenere, tra quelle la volontà di far diventare il Canada il 51esimo stato USA. Infatti proprio oggi i liberali di Mark Carney, particolarmente ostili ai progetti MAGA di Trump, hanno annunciato la vittoria alle elezioni legislative anticipate con un risultato che fino a pochi mesi fa era impensabile: i conservatori guidati da Pierre Poilievre, forti di un decennio marcato Justin Trudeau, registravano vantaggi ovunque. Paradossalmente, però, proprio il ritorno del magnate alla Casa Bianca e la sua feroce campagna di dazi (il Canada dipende fortemente dall’export verso Washington), hanno ampiamente cambiato le carte in tavola.

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Intanto per celebrare il suoi primi 100 giorni in carica,  Trump ha deciso una serie di misure tutte in stampo “America First”, in particolare contro i non-americani indesiderati negli Stati Uniti molti dei quali in possesso anche di status legale. L’immigrazione è infatti l’unico dei capitoli della sua politica su cui Trump riesce a registrare un calo meno marcato rispetto ad altri suoi campi d’azione. Molti, infatti, gli rimproverano di aver peggiorato la situazione dei prezzi, previsti in aumento. Un dato preoccupante in una nazione in cui i ¾ del Pil dipende dai consumi interni. Le critiche riguardano anche la sua volontà di espandere il potere della presidenza oltre i limiti consentiti.

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Un esempio è la sua intenzione più volte dichiarata di sostituire il governatore della Federal Reserve pur non avendone i poteri, oppure nelle ostinate dichiarazioni riguardanti una possibile invasione della Groenlandia, di fatto sotto il controllo della Danimarca. L’elettorato disapprova anche l’aggressività nelle politiche del lavoro col licenziamento di dipendenti pubblici per ridurre le dimensioni della forza lavoro federale, o con la chiusura di intere agenzie federali oltre ai tagli alla ricerca e a numerosi progetti. Gli elettori si lamentano per la gestione avventata dell’economia che a sua volta trova radice nell’ormai onnipresente politica dei dazi che ha creato anche forti tensioni a livello internazionale. Il mercato interno deve fare i conti con il rischio degli scaffali vuoti dato il crollo delle importazioni dalla Cina.

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Nonostante sia riuscito ad incassare la vittoria anche grazie al voto popolare (e non solo a quello dei Grandi Elettori) Trump a cento giorni dal suo ritorno alla Casa Bianca pare non aver accontentato del tutto i suoi sostenitori. Infatti, a differenza di un appoggio popolare inizialmente compatto e convinto, le sue scelte in fatto di dazi e lotta all’immigrazione non hanno convinto la base dell’elettorato.

In calo l’indice di gradimento che, stando a quanto reso noto da un sondaggio Washington Post-ABC News-Ipsos vede dalla sua parte solo il 39% degli americani adulti contro il 55% di chi lo disapprova. Di questi ben il 44% lo critica fortemente.

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L’analisi della popolarità del tycoon vede tra gli elementi contrari anche la velocità con la quale il nuovo inquilino della Casa Bianca si mosso per rendere efficaci i suoi provvedimenti spesso caratterizzati da decisioni radicali. Una velocità che secondo molti non ha permesso al sistema di compensare i disagi notevoli che questo ha comportato a consumatori, utenti ma anche a istituzioni e mercati finanziari. Decisioni che, tra le altre cose, hanno portato 13 stati a fare causa al proprio presidente accusato di aver imposto dazi in maniera unilaterale e quindi incostituzionale dal momento che a farlo potrebbe essere solo ed esclusivamente una decisione del Congresso. La prima ad attivarsi in questo senso è stata la California a cui si sono aggiunti anche Arizona, Colorado, Connecticut, Delaware, Maine, Minnesota, Nevada, New Mexico, New York, Illinois, Vermont e Oregon.

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