Hamas libera da Gaza l’ostaggio Edan Alexander: «Ha bisogno di aiuto per camminare». E Trump preme su Netanyahu per un nuovo cessate il fuoco

Il 21enne è stato consegnato dai miliziani alla Croce Rossa, quindi all'esercito israeliano. Il presidente Usa in partenza per il Medio Oriente L'articolo Hamas libera da Gaza l’ostaggio Edan Alexander: «Ha bisogno di aiuto per camminare». E Trump preme su Netanyahu per un nuovo cessate il fuoco proviene da Open.

Mag 12, 2025 - 18:17
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Hamas libera da Gaza l’ostaggio Edan Alexander: «Ha bisogno di aiuto per camminare». E Trump preme su Netanyahu per un nuovo cessate il fuoco

Hamas ha liberato l’ostaggio americano-israeliano Edan Alexander. Il 21enne, sequestrato e portato a Gaza il 7 ottobre 2023 mentre era in servizio con l’esercito, è stato consegnato alla Croce Rossa nella zona di Khan Younis. Secondo Al Jazeera, che ha diffuso la prima foto della liberazione, Edan Alexander «è in salute, ma ha avuto bisogno di aiuto per camminare quando è stato consegnato alla Croce Rossa». Quindi l’organizzazione di soccorso lo ha portato sino al confine, restituendolo all’esercito israeliano dopo 584 giorni di detenzione a Gaza. Alla base dell’Idf di Re’im, nei pressi del confine, è giunta in elicottero per riabbracciarlo la madre del giovane, Yael Alexander, volata in Israele nelle scorse ore dagli Usa insieme all’inviato di Donald Trump per gli ostaggi Adam Boehler. Per Alexander, dunque, nessun rilascio «spettacolare» come quelli messi in scena nei mesi scorsi. Hamas non ha organizzato nessuna cerimonia di riconsegna e non riceverà in cambio il rilascio di prigionieri palestinesi. La liberazione, infatti, non è frutto di un negoziato tra il governo israeliano e i vertici dell’organizzazione paramilitare, ma sarebbe il risultato di «negoziati separati» condotti direttamente con Washington.

La telefonata Trump-Netanyahu e i negoziati in Qatar

L’Amministrazione Usa ha confermato nelle scorse ore di aver tenuto negoziati con Hamas, bypassando con Israele, con l’intento di arrivare a un cessate il fuoco a Gaza. Trump stesso ha auspicato la scorsa notte la fine della «brutale guerra» in corso nella Striscia da 584 giorni, al netto delle parentesi di tregua. Il presidente Usa vorrebbe portare a casa il risultato ora che si appresta a volare nella regione: è atteso da domani in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Oggi in Israele è tornato invece il suo inviato e fedelissimo Steve Witkoff, che ha subito visto a quattr’occhi Benjamin Netanyahu. Quindi il premier israeliano ha sentito direttamente al telefono Trump. «Lo ha ringraziato per l’assistenza nella liberazione del soldato dell’Idf Edan Alexander», fa sapere asciutto lo stesso governo israeliano. Che conferma al contempo tutta la sua freddezza sui nuovi possibili spiragli di tregua. «Nell’incontro con l’Inviato Speciale Witkoff e con l’Ambasciatore Huckabee, il primo ministro ha parlato degli ultimi sforzi per implementare il quadro di liberazione degli ostaggi prima dell’espansione dei combattimenti» votata dal gabinetto di guerra la settimana scorsa e ha ribadito che «i negoziati si terranno sotto il fuoco», ossia che le operazioni militari non si fermeranno nel frattempo. Ciononostante, Netanyahu ha dovuto accettare la richiesta americana di riprendere i negoziati e ha annunciato l’invio di una delegazione domani a Doha. Nello stesso Qatar potrebbe volare «se le sue condizioni lo permetteranno» l’ostaggio Edan Alexander dopo la sua liberazione per ringraziare di persona, si suppone, Donald Trump.

L’euforia di Trump

Non è un caso che il presidente americano Donald Trump sia stato tra i primi a festeggiare la notizia, definita «monumentale» e «frutto degli sforzi di mediatori per mettere fine a questa brutale guerra». Hamas aveva già preannunciato la liberazione di Idan Alexander lo scorso 14 marzo, ma il collasso del cessate il fuoco a Gaza aveva fatto saltare tutto. Il 12 aprile poi, a poche ore dall’inizio della Pasqua ebraica, i miliziani avevano pubblicato un video del giovane in cui chiedeva di liberarlo dopo 551 giorni di prigionia.

La freddezza di Netanyahu

La liberazione, almeno ufficialmente, non scalfisce la posizione di Benjamin Netanyahu. Nonostante circoli la notizia di un possibile cessate il fuoco dalle 12, è lo stesso primo ministro israeliano a prendersi la briga di negare tutto: «Il rilascio non porterà a nessuna tregua nella Striscia di Gaza e a nessun rilascio di detenuti palestinesi», ha detto. E ha poi aggiunto che i negoziati per il rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti «saranno condotti sotto il fuoco nemico», tanto da prevedere una forte «intensificazione dei combattimenti».

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