Grandi manovre al Nazareno. Pd, aria di congresso anticipato

Ormai la divaricazione tra la segreteria (pro Schlein) e la minoranza riformista è troppo ampia. Lo showdown, però, potrebbe avvenire non prima del 2026, dopo le prossime elezioni regionali.

Apr 30, 2025 - 05:45
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Grandi manovre al Nazareno. Pd, aria di congresso anticipato

Tira aria di congresso nel Pd. Nel 2026. Per sancire la ‘rifondazione’ in chiave Ds del partito a guida Elly Schlein (foto) e scaraventare il cuore e le liste elettorali oltre l’ostacolo (allo stato attuale insormontabile) delle elezioni politiche 2027. Che sia per provare a vincere o per rafforzare il partito, chi più e chi meno, questo vagheggiano i fedelissimi della segretaria e le sinistre che lavorano per ascriversi al ruolo dei bolscevichi (ovvero maggioranza) anche suo malgrado. Con buona pace dell’assemblea nazionale ipotizzata nella seconda metà di maggio per l’evocato "chiarimento politico" che sta a cuore a maggioranza e sinistre dopo le divaricazioni, anche coi partner socialisti europei, riguardo al piano di riarmo europeo e non solo.

Uno showdown non può infatti avere luogo prima delle elezioni regionali 2025, che la segretaria ha tutte le buone ragioni per guardare con ottimismo. "Un vero chiarimento lo potrai fare prima o dopo le elezioni regionali?", fa ben presente un funzionario di lungo corso. Nonostante i diverbi, non può infatti essere un’assemblea di maggio il momento della verifica interna. Non che non ci siano i presupposti. Ormai la divaricazione è sempre più marcata, come rilevano dalle file di Schlein. "Non si è mai visto che il presidente di un partito voti contro l’indicazione della segretaria", fa presente un europarlamentare riguardo al voto di Stefano Bonaccini (e altri 9 parlamentari su 21) sul piano di riarmo.

Il posizionamento di Schlein in contrasto anche con l’eurogruppo S&D è infatti quello che ha davvero sancito la divaricazione. La minoranza riformista contesta alla segretaria di debordare in tema di ambientalismo, migranti e pacifismo troppo appiattiti sulla linea di Giuseppe Conte. Che anche sulla causa palestinese, storicamente nel cuore della sinistra, ha scippato protagonismo al Pd, dove invece c’è un’area interna affatto indulgente verso gli eccessi israeliani.

Divergenze destinata ad approfondirsi non tanto in vista delle Regionali, dove tutte le componenti interne concorrono ad avvantaggiarsi del successo locale, ma delle politiche. Perciò si profilano come i nodi da portare al pettine al congresso 2026, dopo il voto regionale che potrebbe risolversi a vantaggio della segretaria e dell’alleanza larga organica col centro assente, Avs e 5 Stelle (da cui si aspetta l’ufficializzazione della candidatura di Roberto Fico in Campania per blindare l’asse).

Incassate le Regionali, il chiarimento congressuale sarebbe nella natura di un partito per sancire la linea di Schlein, tacitare le obiezioni e scrollarsi insieme il rimprovero di non aver vinto nei circoli la precedente sfida con Bonaccini. Se già non lavorano alla conta, di certo le sinistre interne manovrano per associarsi alla segretaria, che pur non spasima per accoglierli, temendo di finirne prigioniera. Dai Dems di Andrea Orlando agli ex Articolo 1 di Roberto Speranza e i romani in trasferta di Goffredo Bettini, le componenti ex Ds si stanno dando da fare per sostenere Schlein. E c’è chi presume che possano persino associarsi in ottica congressuale; che gli stessi fedelissimi della segretaria considerano "sensata" e la minoranza conferma e teme "possibile".

Circa le reali intenzioni di Schlein, ci sono voci opposte: secondo la minoranza sarebbe lei a voler regolare i conti, mentre per altre fonti più neutrali sarebbe scettica. Non è detto, del resto, che la logica della conta interna le sia consona. E comunque il suo destino sarà sancito dopo. Anche stravincendo il congresso, "la sua sorte dipende unicamente dalle elezioni politiche e dal risultato del Pd", fa presente chi se ne intende. Perciò, posto che sia vivamente interessata a rimanere alla testa del partito, per guidare un domani il Paese, non è detto nemmeno che candidare Conte alla premiership 2027 non risulti la scelta più vantaggiosa.