Generali: il blitz di Caltagirone evita l’effetto dazi
L’imprenditore romano investe altri 500 milioni di euro e sale dal 7% all’8%. In una giornata nera per le Borse europee, il titolo scende solo dell’1%. Il clima si scalda in vista dell’assemblea: possibile come tre anni fa il ricorso a pacchetti di titoli presi a prestito.

Francesco Gaetano Caltagirone ha ulteriormente rafforzato la sua quota in Generali portandola dal 7% all’8%. Una mossa che sarebbe costata all’imprenditore romano 500 milioni di euro, secondo quanto riporta il quotidiano MF che ha diffuso l’indiscrezione del nuovo blitz di Caltagirone, dal quale per ora non sono giunte conferme.
L’indiscrezione tiene a galla le quotazioni di Generali in una giornata in cui tracollano tutte le Borse europee, colpite dalle decisioni di Trump sui dazi. Mentre Piazza Affari scende del 2,8%, Generali è uno dei titoli migliori del Ftse Mib con un calo limitato all’1% a 31,7 euro.
Dall’inizio dell’anno l’azione Generali è salita del 15% e tutto lascia pensare che da qui alla prossima assemblea della società potrebbero arrivare nuovi colpi di scena, con un crescendo di spinte rialziste alle quotazioni. D’altronde la posta in gioco è altissima: il controllo di una delle principali istituzioni finanziarie italiane, che oggi capitalizza 50 miliardi di euro e gestisce un patrimonio di circa 900 miliardi di euro.
Fallito nel 2022 il tentativo di insediare al vertice delle Generali un manager di sua scelta, tutto lascia pensare che Caltagirone voglia riprovarci quest’anno, sempre insieme a Delfin, la finanziaria degli eredi di Leonardo Del Vecchio. Delfin ufficialmente ha poco meno del 10% di Generali ed è in attesa delle autorizzazioni per salire fino a 20%.
Lo schieramento opposto è rappresentato da Mediobanca, azionista di Generali con il 13%, che sostiene la conferma dell’attuale Ceo, Philippe Donnet.
In assenza di comunicazioni ufficiali sulle intenzioni di Caltagirone e Delfin, sui media rimbalzano ipotesi diverse. C’è la possibilità che la coppia di investitori presenti una lista di candidati al cda totalmente alternativa a quella di Mediobanca, con l’indicazione di un nuovo presidente e un nuovo Ceo. Questa lista andrebbe corredata da un piano industriale alternativo a quello del Ceo uscente. Oppure potrebbero presentare una “lista corta”, per avere un presidio forte nel prossimo cda.
Nel 2022 Mediobanca prevalse in assemblea con il 55,9% dei voti, contro il 41,7% raccolto dalla lista presentata da VM2006, una società del gruppo Caltagirone. Decisivo fu lo schieramento degli investitori istituzionali internazionali, che appoggiarono Donnet e il suo piano industriale. Ma va anche ricordato che in vista dell’assemblea Mediobanca prese a prestito un pacchetto di azioni Generali pari a circa il 4% con annessi diritti di voto.
Non mancarono allora recriminazioni e ricorsi alla Consob su una mossa considerata al di fuori della best practice internazionale. Alla fine, però, non ci furono censure ufficiali, anche perché, numeri finali alla mano, la lista di Mediobanca avrebbe prevalso anche senza i voti presi a prestito.
Quel fatto, però, rappresenta un precedente che potrebbe essere replicato in vista dell’assemblea di quest’anno. E a ricorrere al prestito potrebbero essere entrambi i fronti.
La data indicativa dell’assemblea è per ora l’8 maggio e dovrà essere confermata dal Cda di Generali del prossimo 12 marzo. Secondo indiscrezioni, l’assemblea potrebbe venire anticipata al 29 aprile o al 24 aprile, nel bel mezzo del mega-ponte fra Pasqua e il 1° maggio. Pare che vari esperti siano al lavoro per analizzare se lo schieramento di Mediobanca potrebbe avere dei vantaggi da una presunta minore partecipazione degli azionisti all’assemblea.
Per completare lo scenario va ricordato che permane l’incertezza su come si schiereranno due importanti azionisti di Generali, la famiglia Benetton che da più di un decennio ha un pacchetto del 4,8%, e la new entry Unicredit, forte di un 5,2% recentemente acquistato.
I Benetton tre anni fa si schierarono con Caltagirone e Delfin, ma non è assolutamente detto che quest’anno ripeteranno la stessa scelta. Ufficialmente, dicono di volere guardare all’interesse di lungo termine della compagnia di assicurazione.
Il ruolo di Unicredit è tutto un punto interrogativo. Il suo 5,2% potrebbe essere determinante e il Ceo Orcel, nella sua elegante diplomazia, non avrà bisogno di farlo presente oggi, nell’incontro che avrà a Palazzo Chigi con le persone incaricate dal governo di valutare il tentativo di scalata di Unicredit nel confronti del Banco BPM.
Il governo, che in entrambe le partite ha preso posizioni abbastanza nette, potrebbe ricorrere alla legge del “golden power” per stoppare le mire di Unicredit sulla banca milanese. Ma Unicredit, appunto, potrebbe essere decisiva per la vicenda Generali, in cui il governo ha mandato più segnali di appoggio verso la coppia Caltagirone-Delfin.