Andamento delle emissioni in Italia: bene energia e industria, male i trasporti
Tra il 1990 e il 2023 le emissioni complessive in Italia sono diminuite da 518 a 385 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente/anno, pari ad un calo del 27,7%. È quanto emerge dal report Ispra “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi” (link in basso), secondo il quale l’Italia […] The post Andamento delle emissioni in Italia: bene energia e industria, male i trasporti first appeared on QualEnergia.it.

Tra il 1990 e il 2023 le emissioni complessive in Italia sono diminuite da 518 a 385 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente/anno, pari ad un calo del 27,7%.
È quanto emerge dal report Ispra “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi” (link in basso), secondo il quale l’Italia è riuscita nel 2024 a tagliare un ulteriore 3% rispetto al 2023.
Il grafico mostra una sintesi delle emissioni nazionali del 2023 divise per settori.
Trasporti (28%) e produzione di energia (20%) fanno insieme quasi metà del totale. Un contributo importante di CO2 arriva anche dal residenziale (18%) e dall’industria manifatturiera (13%).
Il settore agricolo e le categorie emissive dei processi industriali e uso di altri prodotti (IPPU) sono responsabili, rispettivamente, del 8,4% e 5,9%, mentre il settore rifiuti contribuisce al restante 5,3%.
Le variazioni per settore
Analizzando le variazioni nelle diverse categorie, vediamo che i trasporti hanno segnato un aumento del 6,7% nel periodo osservato dall’Ispra, mentre gli altri comparti mostrano significative riduzioni, ad eccezione del settore dei rifiuti, che incide però in maniera marginale.
Nella figura in basso sono mostrate tutte le variazioni percentuali delle diverse categorie emissive nel 2023 rispetto al 1990.
Le diminuzioni più rilevanti sono nel settore delle industrie energetiche (-45,1%), manifatturiere (-45,2%) e nei processi industriali (-40,5%).
Spicca anche il miglioramento nelle emissioni fuggitive, che rappresentano le perdite non intenzionali di gas serra che avvengono durante l’estrazione, la trasformazione, lo stoccaggio o il trasporto di combustibili fossili, senza passare per una bocca di scarico controllata. Costituiscono l’1,2% delle emissioni nazionali del 2023 e sono in calo del 68,1% rispetto al 1990, soprattutto in seguito ai numerosi interventi di miglioramento della rete di trasporto e distribuzione.
In particolare, fin dagli anni ’90 si è iniziato con la sostituzione della ghisa grigia (con giunti in canapa e piombo) con materiali più efficaci nell’evitare le fughe. Inoltre si è estesa sempre di più la rete in acciaio con protezione catodica efficace per la prevenzione della corrosione delle condotte. Questi interventi hanno portato a una riduzione delle emissioni nonostante il gas trasportato sia aumentato nello stesso periodo del 40,2%.
La strada delle fonti rinnovabili
Le emissioni delle industrie energetiche sono, come osservato, in forte calo. L’analisi Ispra divide il comparto tra aziende che si occupano di “produzione di elettricità e calore”, che in media rappresentano circa il 75% delle emissioni del settore, “raffinazione dei prodotti petroliferi” (in media il 17% del totale) e “produzione di combustibili fossili e altre industrie energetiche” (8%).
L’andamento al ribasso è guidato dalla produzione di energia elettrica, che decresce a partire dal 2007 grazie a un aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, unito alla riduzione dell’utilizzo di prodotti petroliferi.
Lo scenario teorizzato dagli analisti con la piena attuazione delle misure descritte nel Pniec prevede che le emissioni delle industrie energetiche diminuiscano entro il 2035 con un tasso medio annuo intorno all’8,4% a partire dal 2023. Dopo il 2040 si stima una riduzione annua del 2,9% fino al 2055.
Come detto, un contributo fondamentale arriva dall’aumento della percentuale di energia elettrica rinnovabile sul consumo lordo di energia elettrica. La figura in basso mostra come ci sia già stato un aumento dal 16% a oltre il 41% dal 1990 al 2023.
Le stime Ispra indicano un’ulteriore impennata di questo contributo dalle Fer, che potrebbe raggiungere il 75% nel 2055, anno in cui la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stimata in circa 299 TWh su una produzione totale di 400 TWh. Anche se, va detto, per metà secolo si dovrebbe puntare al 100%. da rinnovabili elettriche.
Gli obiettivi europei
Tutti questi dati, raffrontati agli obiettivi europei di neutralità emissiva al 2050 e di riduzione delle emissioni nette del 55% entro il 2030, pongono l’Italia in linea su 2 dei 3 pilastri principali.
In linea con il target Ue di riduzione del 62% rispetto al 2005 delle emissioni dei grandi impianti industriali, dell’aviazione e del trasporto marittimo (Emission Trading System o ETS-1), e per quello di assorbimento della CO2 (obiettivo LULUCF – Land Use, Land use Change and Forestry) fissato per l’Italia a circa 35 milioni di tonnellate.
Più problematico, invece, l’obiettivo dell’Effort Sharing di ridurre le altre emissioni (trasporti, riscaldamenti, agricoltura, piccola industria ecc…) del 43,7% rispetto al 2005. Gli scenari Ispra indicano una riduzione del 30% al 2030 se si mantengono le politiche correnti e un -41% con l’implementazione di tutte le politiche aggiuntive previste dal Pniec.
Il dibattito sulle Fer
La presentazione del report, avvenuta ieri a Roma nell’ambito del convegno “Decarbonizzazione: costruire un futuro emissioni zero” promosso da Ispra, è stata anche occasione di valutazioni sulle strade più indicate per raggiungere la decarbonizzazione.
Annamaria Barrile, presidente di Utilitalia, ha parlato principalmente della necessità di aumentare produzione elettrica da rinnovabili, “senza farsi prendere dal panico da blackout come quello della Spagna” (Rinnovabili vittima e non causa del blackout iberico).
Il presidente del Gse Paolo Arrigoni ha insistito sull’importanza di nuove installazioni Fer, ricordando il target italiano di 131 GW cumulativi entro il 2030 (al momento siamo a circa 75 GW). Secondo Arrigoni l’obiettivo non è impossibile da raggiungere, considerando che i principali strumenti normativi a supporto delle rinnovabili (bando agrisolare, decreto Cer, energy release, Fer2, Fer X e transizione 5.0) cubano, sommati, circa 85 GW.
Monica Iacono, vicepresidente di Elettricità Futura, ha portato alla luce il problema dei 150 GW di progetti rinnovabili fermi in fase di autorizzazione. “Dalla progettazione alla prima attivazione ci vogliono 8 anni, troppi”, ha dichiarato.
Proprio in materia di autorizzazioni, a breve il Gse pubblicherà la mappa delle zone di accelerazione, come disposto dal Testo unico sulle rinnovabili. “Entro fine mese cercheremo di adempiere a questo compito che ci ha dato il Parlamento – ha concluso Arrigoni – dopo verrà il compito delle regioni, che entro febbraio dovranno legiferare” .
Si tratta, ricordiamo, di zone specifiche in cui i progetti beneficiano di misure di semplificazione avanzata, tra cui l’esenzione dalla Via, qualora il proponente abbia attuato misure di mitigazione dell’impatto ambientale eventualmente prescritte dalla Vas.
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