Franco Abruzzo, l’orgoglio del giornalismo, la tutela dei più giovani
Se ci si chiede che senso possa avere l’orgoglio professionale, ricordare Franco Abruzzo ce lo fa capire. L’orgoglio di fare il giornalista. Una specie di missione laica, una vocazione politica-non-politica, che l’ex mitologico presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia aveva declinato alla grandissima, sia come carriera fatta – in assoluto e maggior ragione poste le […] L'articolo Franco Abruzzo, l’orgoglio del giornalismo, la tutela dei più giovani proviene da Economy Magazine.

Se ci si chiede che senso possa avere l’orgoglio professionale, ricordare Franco Abruzzo ce lo fa capire. L’orgoglio di fare il giornalista. Una specie di missione laica, una vocazione politica-non-politica, che l’ex mitologico presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia aveva declinato alla grandissima, sia come carriera fatta – in assoluto e maggior ragione poste le premesse da cui partì – sia come testimonianza professionale resa, e per tanti anni, con incrollabile coerenza.
Adesso che se n’è andato, è giusto ricordare quel che Franco ha fatto per tanti giovani, come per chi scrive: semplicemente li ha aiutati. Se lavoravano, se avevano passione, li ha aiutati, a cominciare e a crescere. E li ha aiutati spessissimo a diventare giornalisti, superando il praticantato e arrivando all’esame di stato, per conquistare la tessera rossa da professionista, ottenendo più lui, Franco, dal suo piccolo scranno ordinistico, di molto sindacato pappamolla e purtroppo molta magistratura del lavoro distratta.
La grande campagna dei “praticantati d’ufficio” o comunque delle regolarizzazioni professionali concesse dall’ordine agli “schiavi redazionali” di troppi giornali, anche grandi, ha riempito i ruoli professionali lombardi negli Anni Ottanta e Novanta: e per 18 anni al vertice dell’Ordine lombardo era appunto seduto Franco Abruzzo.
Come fu sua, dolorosamente e non senza qualche forse inevitabile sbavatura, l’iniziativa della grande campagna sulla moralizzazione del giornalismo economico. Ma in generale fu sua una difesa senza quartiere e in tutte le sedi della funzione civile del giornalismo, della dignità del ruolo, della centralità della competenza concetto un po’ desueto oggi, nell’era della melma informativa digitale, ma fino a una decina d’anni fa più sostenibile di oggi.
Tra gli altri meriti poco conosciuti di Franco ci fu l’aver capito anzi tempo che l’Inpgi – l’istituto previdenziale privato della categoria – avrebbe ben presto perso le risorse finanziarie necessarie a procedere con le sue gambe nell’erogazione delle pensioni, e aver quindi sostenuto fin dal 2010, nel sindacato dei giornalisti, il passaggio dell’Inpgi all’Inps, osteggiato da quasi tutti gli altri e poi verificatosi per decreto governativo emergenziale al fine di evitare guai ben peggiori, ossia il crac dell’istituto. Grazie di tutto, Franco. (s.l.)
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