Ex Gkn, 121 licenziamenti. Qf liquida, mentre la Fiom contrattacca
Qf chiude la vertenza Gkn licenziando 121 operai, la Fiom annuncia ricorso e lo stabilimento resta occupato mentre il piano concordatario approda in Tribunale senza acquirenti attivi

Campi Bisenzio, aprile 2025. Centoventuno lettere, tutte uguali nella sostanza, diverse solo nel destinatario, hanno segnato la chiusura contabile di un’operazione industriale mai decollata. A firmarle è Qf, la società che nel 2021 rilevò lo stabilimento ex Gkn promettendo rilancio e reindustrializzazione. Tre anni dopo, con un piano industriale evaporato e un tribunale che attende risposte sul concordato, l’azienda comunica la cessazione definitiva del rapporto di lavoro.
Il 3 aprile non è solo una data su un documento: è il punto fermo di una vertenza che ha attraversato assemblee, sentenze e manifestazioni, diventando paradigma di una crisi industriale che ha fatto scuola più per le sue impasse che per le soluzioni. Nel mezzo, un presidio che ha tenuto accese le luci della fabbrica anche quando tutto il resto si spegneva.
La parabola Qf: dall’acquisizione al piano concordatario
Ma facciamo un passo indietro. Nel dicembre 2021 Francesco Borgomeo mette le mani sulla ex Gkn per un prezzo simbolico e con una narrazione già confezionata: rilanciare, traghettare, ripartire. Stabilimento, impianti e dipendenti passano nelle mani di Qf, l’ennesima sigla della transizione industriale italiana.
I mesi successivi trascorrono con promesse a pioggia, ma di investimenti veri nemmeno l’ombra. Così, nel 2023, la società cambia spartito: via la musica del rilancio, dentro quella della liquidazione. Ultimo movimento: un piano di concordato depositato in Tribunale, dove ora si aspetta che arrivi qualche chiarimento utile a capire se si tratta dell’epilogo o solo di un altro passaggio a vuoto.
Nel documento presentato il 18 marzo, Qf scrive nero su bianco che non intende proseguire l’attività, né vendere rami d’azienda, ma solo smaltire ciò che resta: crediti e macchinari. Uno smontaggio ordinato, senza neanche l’ambizione di salvare la facciata. Un soggetto terzo sarebbe coinvolto, ma per ora resta anonimo. E il Tribunale, nel frattempo, si prende tempo. Anche la giustizia industriale, ormai, sembra seguire i ritmi della burocrazia esausta.
Dalla cassa integrazione all’uscita forzata: quattro anni in trincea
L’estate del 2021 ha segnato l’inizio della mobilitazione, in risposta al licenziamento collettivo via email di 422 lavoratori da parte della multinazionale allora proprietaria. Da quel momento, l’occupazione dello stabilimento non si è mai interrotta. Una protesta continua, che ha coinvolto attivamente il Collettivo di fabbrica, diventato il cuore pulsante della resistenza operaia.
Tra fallimenti industriali e ipotesi di esproprio
Negli anni si sono susseguiti tavoli istituzionali, proposte di cooperativa autogestita, modelli di azionariato popolare, e persino l’idea di un consorzio pubblico per il recupero dell’area. Nulla di tutto ciò ha portato a una ripartenza concreta. Oggi lo stabilimento rischia di finire in mani private, e non si esclude un futuro esproprio da parte del Comune, in sinergia con un piano di rigenerazione industriale.
Le lettere sono arrivate: sindacati pronti a reagire
Fiom-Cgil ha esortato i lavoratori a contestare i nuovi licenziamenti, come già avvenuto in passato. Sarebbe il quarto ricorso, dopo altrettante battaglie legali concluse con l’annullamento delle procedure per comportamento antisindacale. Intanto si prepara una manifestazione: sabato è previsto un corteo dal sito industriale al centro cittadino.
Nelle lettere firmate da Gianluca Franchi, nominato per gestire la chiusura della società, si dichiara che l’interruzione dei contratti è motivata dall’impossibilità di rilanciare le attività, anche a causa della presenza continua all’interno dello stabilimento di un presidio permanente. Qf fa riferimento al fallimento dei progetti industriali, dichiarando che non esistono più le condizioni per utilizzare il personale in modo produttivo.
Le lettere, arrivate con effetto retroattivo dal primo aprile, seguono la conclusione ufficiale della procedura di licenziamento. Al loro interno, l’impresa comunica di aver interrotto già da tempo ogni attività e ogni ammortizzatore sociale, a partire dalla cassa integrazione.
Diversi dipendenti si sono già rivolti alla Fiom per procedere con l’impugnativa, mentre altri stanno chiedendo informazioni su quanto riguarda la disoccupazione e i passaggi successivi.
Il sindacato, in una nota, conferma l’intenzione di proseguire la strada legale e rilancia la necessità di trovare soluzioni attraverso un intervento pubblico strutturato. La proposta di creare un consorzio per la rinascita dell’area industriale rimane, secondo Fiom, una strada percorribile.