Esg, un adeguamento graduale

Fino a due anni in più per l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità previsti dalla Csrd e un anno di proroga per le grandi imprese chiamate ad adeguarsi alle norme sul dovere di diligenza. È quanto ha approvato il Parlamento europeo, che il 3 aprile 2025, con procedura d’urgenza, senza emendamenti e […] L'articolo Esg, un adeguamento graduale proviene da Iusletter.

Apr 7, 2025 - 16:19
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Esg, un adeguamento graduale

Fino a due anni in più per l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità previsti dalla Csrd e un anno di proroga per le grandi imprese chiamate ad adeguarsi alle norme sul dovere di diligenza. È quanto ha approvato il Parlamento europeo, che il 3 aprile 2025, con procedura d’urgenza, senza emendamenti e con un’ampia maggioranza (531 voti favorevoli, 69 contrari e 17 astensioni), ha dato il via libera alla direttiva “Stop the clock”. Il provvedimento interviene sulle scadenze di attuazione delle direttive Ue in materia di rendicontazione di sostenibilità (Csrd) e dovere di diligenza (Csddd), riconoscendo la necessità di garantire più tempo agli Stati membri e alle imprese per adeguarsi ai nuovi obblighi Esg, senza rallentare il percorso verso la transizione sostenibile.

Contesto di riferimento. Il rinvio si inserisce all’interno di una strategia più ampia di semplificazione normativa portata avanti dalla Commissione europea, che con il pacchetto “Omnibus” mira a rendere più graduale l’attuazione degli obblighi Esg. Pubblicato il 26 febbraio 2025, il pacchetto adotta un approccio a due binari: da un lato la direttiva “Stop the clock”, dall’altro riducendo l’ambito applicativo della Csrd per le società non quotate e l’adeguamento degli obblighi previsti dalla Csddd.

Alla base di questa operazione c’è la volontà di semplificare gli obiettivi ambientali e sociali già fissati dal Green Deal e dal piano d’azione europeo per la finanza sostenibile. Dopo l’approvazione formale da parte del Consiglio, gli Stati membri avranno tempo fino al 31 dicembre 2025 per recepire le nuove regole.

Modifiche alla Csrd. Secondo i criteri finora vigenti, il calendario di applicazione della Csrd prevede una progressiva estensione degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità, articolata in più fasi sulla base della dimensione dell’impresa e della natura del soggetto obbligato.

La prima ondata, è costituita da grandi imprese già soggette alla Nfrd, ossia Enti di interesse pubblico (Eip) con più di 500 dipendenti e relative società madri, tenute a pubblicare la prima dichiarazione di sostenibilità nel 2025, con riferimento all’esercizio 2024.

La seconda ondata, composta dalle altre grandi imprese non Eip e dalle altre società madri di grandi gruppi, avrebbe dovuto pubblicare la prima rendicontazione nel 2026 per l’esercizio 2025.

La terza ondata include le Pmi quotate, gli enti piccoli e non complessi, nonché le imprese di assicurazione e riassicurazione captive, per le quali la pubblicazione era programmata per il 2027 (esercizio 2026), con la possibilità di rinviare volontariamente al 2028.

Infine, a partire dal 2029, l’obbligo interesserà anche alcune imprese extra-Ue che operano nel mercato europeo, qualora superino determinate soglie dimensionali.

Con l’approvazione della direttiva “Stop the clock” viene ora posticipata di due anni l’applicazione degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità a carico delle imprese rientranti nella seconda e terza ondata. Per la seconda ondata (wave 2), composta da grandi imprese non Eip e le altre società madri di grandi gruppi, la prima rendicontazione slitta nel 2028 per l’esercizio 2027.

Per la terza ondata (wave 3), che comprende le Pmi quotate e soggetti assimilati, l’obbligo è rinviato al 2029, con riferimento all’esercizio 2028. Restano invariate le scadenze per le imprese della prima ondata, che continueranno a rendicontare nel 2025, e per quelle della quarta ondata, la cui prima applicazione è confermata al 2029. Tra le novità dell’Omnibus Package c’è anche la proposta di innalzare le soglie dimensionali per l’obbligo di rendicontazione, limitandolo alle grandi imprese con più di 1.000 dipendenti, riducendo così l’ambito di applicazione della Csrd. Resterebbero incluse solo le grandi imprese e gli Eip con oltre 500 dipendenti. Il rinvio delle scadenze serve anche a riallineare i tempi tra chi resterà obbligato e chi ne uscirà. La proposta sarà ora esaminata dalla commissione Affari giuridici.

Modifiche alla Csddd. Anche per la direttiva sulla due diligence aziendale (Csddd) si registra un generale slittamento dei tempi di attuazione, sia per gli Stati membri che per le imprese coinvolte. Il termine per il recepimento nazionale della direttiva (Ue) 2024/1760 è stato posticipato al 26 luglio 2027 (anziché 2026), concedendo così un anno in più ai Paesi Ue per integrare le nuove disposizioni nel diritto interno, anche in considerazione delle future linee guida applicative che la Commissione è chiamata a emanare. In parallelo, viene differita di un anno anche la prima fase di applicazione per le imprese, dando priorità a quelle con maggiori dimensioni. Le società europee ed extraeuropee con almeno 3.000 dipendenti e un fatturato annuo superiore a 900 milioni di euro dovranno conformarsi agli obblighi a partire dal 26 luglio 2028, mentre la rendicontazione specifica prevista dall’articolo 16 – relativa agli impatti delle attività lungo la catena del valore – scatterà dal 1° gennaio 2029. Per le altre imprese soggette alla direttiva (in particolare, società Ue con almeno 1.000 dipendenti e fatturato superiore a 450 milioni di euro, società extra-UE con fatturato nell’Ue superiore a 450 milioni, franchisee e licenziatarie, sia Ue che extra-UE, con significativi ricavi da royalties generate nel mercato europeo) l’applicazione degli obblighi è rinviata al 26 luglio 2029, con obbligo di rendicontazione a partire dal 1° gennaio 2030. Il rinvio mira a garantire coerenza tra le diverse fasi di entrata in vigore e a dare alle imprese il tempo necessario per prepararsi in modo efficace, evitando sovrapposizioni normative e alleggerendo gli oneri di adeguamento.

Semplificare gli Esrs. Tra le novità previste dal pacchetto Omnibus rientra anche la semplificazione degli standard europei di sostenibilità (Esrs), al fine di ridurre il carico informativo per le imprese soggette agli obblighi di rendicontazione. Il 27 marzo 2025, la commissaria europea per i Servizi finanziari e l’Unione del risparmio, Maria Luís Albuquerque, ha presentato ufficialmente all’Efrag (European Financial Reporting Advisory Group) – l’organizzazione che fornisce consulenza tecnica alla Commissione Europea per quanto riguarda la rendicontazione finanziaria e di sostenibilità – il mandato della Commissione Ue per la revisione del primo set di 12 standard Esrs, adottati nel 2024 con l’atto delegato (Ue) 2023/2772. L’obiettivo è rendere gli standard più chiari, coerenti con il quadro normativo europeo e meno onerosi per le imprese. Tra i compiti affidati a Efrag figurano: la riduzione dei datapoint obbligatori, la prioritizzazione dei dati quantitativi, la semplificazione delle disposizioni ambigue e il rafforzamento della coerenza con normative europee collegate. La deadline per la consegna del parere tecnico è fissata al 31 ottobre 2025, in modo da permettere l’adozione dei nuovi standard in tempo per la rendicontazione del 2027, con possibilità di applicazione volontaria già dal 2026. Efrag dovrà inoltre trasmettere alla Commissione, entro il 15 aprile 2025, un piano di lavoro dettagliato, mantenendo un dialogo costante per tutta la durata del processo.

Cosa succede ora: tra rinvio, opportunità e nuovi rischi. Con l’approvazione della direttiva “Stop the clock”, si apre una nuova fase per la rendicontazione di sostenibilità in Europa. Il rinvio, pur giustificato dall’esigenza di semplificazione e maggiore proporzionalità, non cancella gli obblighi Esg, ma li ridisegna in una cornice temporale più ampia e, si auspica, più coerente con le reali capacità operative delle imprese. Le imprese non devono quindi interpretare questa pausa come un “liberi tutti”, ma piuttosto come un’occasione per prepararsi meglio, consolidare processi e strutture interne, e anticipare il cambiamento. Un tempo utile, simile a un periodo di maggese, non per fermarsi, ma per rigenerare la capacità organizzativa, potenziare i sistemi di raccolta dati, migliorare la qualità delle analisi e rinforzare la governance della sostenibilità. È questo, in sintesi, il messaggio condiviso da tutti i principali attori del sistema. Assirevi, nel suo comunicato stampa del 3 aprile 2025, pur riconoscendo il valore del pacchetto di semplificazione, ha espresso preoccupazione per la possibile proliferazione di rendicontazioni volontarie non regolamentate, che rischierebbero di compromettere comparabilità e attendibilità delle informazioni. Per questo, propone che anche le aziende che scelgano di anticipare l’obbligo adottino riferimenti chiari, come gli Esrs o altri standard riconosciuti. Cruciale, inoltre, sarà un recepimento rapido e coordinato delle nuove regole a livello nazionale. Anche il Cndcec, con l’Informativa Reporting di Sostenibilità n. 13 – marzo 2025, invita alla cautela. Il rischio di svuotare la Csrd della sua portata originaria è concreto, soprattutto alla luce della seconda proposta Omnibus, che mira a ridurre drasticamente la platea degli obbligati. A perdere sarebbero la comparabilità dei dati, la trasparenza verso il mercato e lo stesso ruolo delle professioni di controllo. Il Consiglio nazionale sottolinea, inoltre, che gli obblighi, benché posticipati, non sono stati annullati: per le imprese dotate di un sistema di risk management, il presidio dei temi Esg resta una priorità strategica. Bene le semplificazioni, purché non compromettano il lavoro di anni fatto da tutti, l’uniformità e la coerenza del sistema.

In questo contesto, cosa dovrebbero fare le imprese? Non rallentare. La raccolta e gestione dei dati Esg richiede tempi lunghi e competenze strutturate. Meglio iniziare ora a costruire un sistema robusto di monitoraggio, valutazione e comunicazione, a partire dalla doppia materialità e dalla creazione di una cultura interna della sostenibilità. Inoltre, anche in assenza di obblighi immediati, cresce la richiesta di informazioni Esg da parte di banche, clienti, investitori e partner di filiera: ignorarle oggi significherebbe perdere competitività domani. Il vero rischio, dunque, non è nella complessità delle norme, ma in un’errata percezione del rinvio come occasione per fermarsi. Rallentare ora potrebbe rivelarsi un errore strategico. Le imprese più lungimiranti sapranno cogliere questo tempo per rafforzare i propri asset, anticipare i cambiamenti e costruire valore, economico e reputazionale, attraverso la sostenibilità.

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