Banche& assicurazioni C’è troppa discrezione in quel compromesso?
«Se hai un problema che deve essere risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema». Lo diceva Arthur Bloch scrittore statunitense, autore della famosa legge di Murphy. In sintesi, c’è sempre un funzionario che si inventa una procedura affinché ciò che è facile diventi difficile. Nella burocrazia, infatti, vince sempre l’incertezza o la regola della […] L'articolo Banche& assicurazioni C’è troppa discrezione in quel compromesso? proviene da Iusletter.

«Se hai un problema che deve essere risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema». Lo diceva Arthur Bloch scrittore statunitense, autore della famosa legge di Murphy. In sintesi, c’è sempre un funzionario che si inventa una procedura affinché ciò che è facile diventi difficile. Nella burocrazia, infatti, vince sempre l’incertezza o la regola della non responsabilità.
Un po’ quello che sta accadendo in Europa con le decisioni della Bce e dell’Eba sul «Danish Compromise». Stiamo parlando di una norma prevista dal Capital Requirements Regulation (Crr), approvato dall’Unione Europa nel 2012. Si chiama così perché all’epoca alla presidenza dell’Ue c’era la Danimarca.Il meccanismo
Il compromesso offre agevolazioni contabili alle banche che detengono partecipazioni dirette in compagnie assicurative, riducendo l’assorbimento di capitale e favorendo la competitività e le fusioni. Dal confronto tra soggetti vigilati e l’Autorità bancaria Europea (Eba) era emerso che il Danish Compromise poteva essere esteso anche alle controllate assicurative delle banche quando acquistavano una società di asset management. Una facoltà che permetteva alle società di crescere con un ritorno sul capitale investito superiore a quello ottenibile acquistando un altro istituto. Per applicare questa norma le banche devono essere classificate come conglomerati finanziari con specifici requisiti di dimensione.
In Europa ne esistono 63: l’Italia ne ha sette. I conglomerati sono gruppi di imprese attivi nei settori assicurativo, bancario e dei servizi di investimento che comprendano almeno una compagnia e una realtà operante nel settore creditizio.
Ma veniamo ai fatti. A inizio novembre scorso Banco Bpm ha lanciato un’opa su Anima sgr, successivamente Unicredit ha deciso un’Offerta di scambio sullo stesso istituto di piazza Meda. La banca, guidata da Giuseppe Castagna, aveva già utilizzato il Danish Compromise qualche anno fa nel riassetto delle compagnie. Il management era dunque quasi certo di ottenere ha il benestare di Francoforte e quindi aveva chiesto un’interpretazione del regolamento Crr. Le attese però sono state deluse. Il responso emesso dalla Vigilanza, diretta da Claudia Buch ex vicepresidente Bundesbank, ha sostenuto che quando un conglomerato finanziario acquista una società di asset management la partecipazione deve essere consolidata e il goodwill deve essere dedotto dal capitale, quindi senza beneficio della norma. Insomma, un passo indietro rispetto all’ampliamento del raggio d’azione del beneficio contabile.Cortocircuito
Francoforte ha inviato il parere contrario, rinviando la decisione in base al pronunciamento finale che spetta all’Eba. E qui avviene il cortocircuito giuridico. L’Authority parigina ha negato sul sito internet la sua competenza e ha affermato che la questione sollevata era al di fuori dell’ambito del processo di Q&A e come tale non poteva essere affrontata tramite il questionario perché il problema necessitava di una valutazione più approfondita. Insomma, l’Eba ha fatto come Ponzio Pilato: ha preferito lavarsene le mani. Che cosa nasconde questo machiavellismo giuridico? Perché si è atteso tanto tempo e la decisione è arrivata con l’Opa su Anima in corso? Impossibile dirlo.
Peraltro, non sono chiare quali conseguenze avranno le decisioni dell’Eba visto che UniCredit, guidato da Andrea Orcel, si è riservato di proseguire l’Ops su Banco Bpm in base alle adesioni all’offerta che l’istituto milanese ha in corso su Anima. Va ricordato che la prima richiesta di applicare la norma è stata fatta in Francia. Nell’estate scorsa Axa ha annunciato l’avvio di una trattativa per la vendita di Axa Investment Managers a Bnp Paribas, deal in cui è prevista l’attivazione di questo strumento. E qui vedremo che cosa decideranno le authority.
Al di là del caso specifico, resta un quesito fondamentale. Il Danish Compromise esiste ancora o no? Se il caso Bpm fa scuola, l’unica certezza è che le banche chiederanno alla Vigilanza. Francoforte prenderà una decisione, passando però la palla all’Eba che sosterrà di non avere elementi per decidere. Il trionfo della burocrazia, degna del miglior Azzecarbugli di manzoniana memoria.
L’origine dell’Eba è stata la Grande Crisi del 2008. Il fallimento della Lehman Brothers aveva generato una destabilizzazione di tutto il sistema bancario internazionale e ovviamente anche gli istituti europei ne erano rimasti coinvolti. Per questa ragione l’allora presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, affidò all’economista Jacques Larosière la guida di un gruppo di esperti per elaborare un piano che rafforzasse la sorveglianza. Nel febbraio 2009 il rapporto arrivò sul tavolo della Commissione con alcune raccomandazioni da seguire. Tra queste vi era l’istituzione di tre Autorità all’interno del Sistema europeo di vigilanza, ovvero: L’European securities and markets authority, conosciuto più comunemente come Esma che ha il compito di vigilare i mercati; l’European insurance and occupational pensions, ossia Eiopa, con incarichi di sorveglianza del mondo assicurativo; e infine l’European banking authority, ovvero Eba, per la vigilanza del sistema bancario.Gli inizi
L’approvazione da parte del Consiglio Europeo avvenne nel luglio dello stesso anno. L’Eba però partì nel marzo del 2011, un paio di mesi prima che deflagrasse la crisi debitoria della Grecia e dei Paesi dell’Europa mediterranea. La sede fu stabilita a Londra ma, a seguito dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, fu spostata tramite sorteggio a Parigi dopo che le votazioni avevano determinato un testa a testa con Dublino.
La presidenza fu affidata ad Andrea Enria mentre adesso è presieduta da José Manuel Campa e il direttore esecutivo è François-Louis Michaud. L’obiettivo dell’Eba è salvaguardare l’interesse pubblico trasferendo stabilità a tutto il sistema finanziario Ue. I punti fondamentali consistono nel garantire una regolamentazione efficace con lo scopo di far funzionare il mercato. Inoltre, dovrebbe favorire la cooperazione delle Autorità dei singoli Paesi europei.
Vista però la vicenda Banco Bpm si rafforza la necessità di rivedere l’assetto della regolazione e dei controlli. Innanzitutto, per le banche dove la compresenza di Vigilanza (che nel frattempo ha varato una nuova metodologia per definire i requisiti patrimoniali) ed Eba non trova più alcuna valida giustificazione. L’episodio Bpm può diventare un catalizzatore di un processo di riforma visto che la Bce sarà nuovamente chiamata in causa. Le trasformazioni in corso (aggregazioni e modelli di governance) e quelle future (dalle criptovalute all’intelligenza artificiale) richiedono però risposte certe e rapide. Nel caso contrario la discrezionalità continuerà a regnare sovrana in Authority che dovrebbero essere giudici imparziali.
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