E se ci stessimo sbagliando tutti?

La situazione potrebbe essere meno tragica di come la si dipinge. Ecco cinque aree chiave in cui il panico sembra aver superato la realtà L'articolo E se ci stessimo sbagliando tutti? proviene da Economy Magazine.

Mag 11, 2025 - 15:05
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E se ci stessimo sbagliando tutti?

Viviamo in un’epoca di grande paura economica. Ovunque si parla di inflazione alle stelle, recessione imminente, crolli in borsa e dazi insostenibili. Ma se ci stessimo sbagliando tutti? Se il vero errore fosse nella percezione e non nei dati? Ecco cinque aree chiave in cui il panico sembra aver superato la realtà, che per quanto negativa sia non porterà alla fine delle contrattazioni, ve lo garantiamo con numeri alla mano.

1. Inflazione: Le aspettative dei consumatori parlano di inflazione vicina al 7%, la più alta dal 1981. Ma i dati reali raccontano altro: l’inflazione effettiva oggi è intorno all’1,3%. E le analisi statistiche su 30 milioni di prezzi mostrano che la probabilità di raggiungere davvero quel 6,7% è solo 1 su 4.299. Per capirci: 47 volte meno probabile di una guerra nucleare in un anno. La paura è ovunque, ma è fortemente ad oggi sovrastimata.

2. Dazi: Titoli catastrofici gridano “Dazi del 245% sulla Cina!”, ma non spiegano che si tratta di picchi su specifici prodotti (es. siringhe) e che il loro impatto sui prezzi finali è molto più basso. In media, una tariffa del 10% porta a un aumento di prezzo del 4%, (la tariffa si applica al porto di ingresso e il 60% del valore dei prodotti importati tende a essere nel resto della catena di approvvigionamento). Inoltre, molte tecnologie restano esenti e la tariffa ponderata è del 175%, non del 245%. A livello globale, si passa da una media del 22,5% a una del 29,8%. Impattante, certo, ma non apocalittico.

3. Recessione: probabile, ma non tragica. Sì, la possibilità di una recessione esiste. Ma secondo i dati migliori oggi disponibili, la probabilità di una “grande recessione” come quella del 2008 è di 1 su 3.438, ben 38 volte inferiore al rischio di un conflitto nucleare. E anche se entrassimo davvero in recessione, si prevede con un modello econometrico semplificato una contrazione con un impatto sul Pil di circa il 3%, certo importante, molto, ma non è un collasso.

4. Crollo dei mercati: molto meno probabile di quanto temiamo. La paura di un nuovo tonfo in borsa simile al 2008 è diffusa. Ma oggi la probabilità di un calo del 50% come allora è 1 su 1 milione. Il caso base prevede più probabile un ulteriore ribasso dell’11,6% rispetto ai valori attuali. E c’è un 5% di possibilità che i mercati salgano e basta da qui. Le grandi aziende tech, spesso viste come sopravvalutate, in realtà sono ad oggi considerate sottovalutate dell’11%-12%, con prospettive di crescita ancora a doppia cifra negli anni futuri.

5. Il sentiment non è un dato economico Non basta sentirsi pessimisti per dire che l’economia sta andando male. Il benessere economico si misura con numeri: consumi di energia, trasporti, acciaio, pagamenti delle imposte. Oggi il Weekly Economic Index della Fed dice che siamo ben lontani da una crisi sistemica. Le emozioni ingannano: il Pil non tiene conto di come ci sentiamo, ma solo di quanto spendiamo. E, ad oggi, si spende ancora molto. Non ditemi come vi sentite, ditemi invece quanta benzina, elettricità, acciaio, trasporti su camion e ferrovie state ancora consumando. Non raccontatemi le vostre aspettative sul futuro del lavoro, mostratemi le ricevute delle tue tasse sulla busta paga! Al Pil non importa se siete felici o tristi, interessa se spendete: questo previene la recessione, ed il caso è (per ora) chiuso.

In sintesi? Le probabilità giocano a nostro favore

Viviamo una fase complessa, è vero. Ma la storia insegna che i mercati si sono sempre ripresi: durante la guerra civile americana, le pandemie, le guerre mondiali, l’inflazione a doppia cifra, tassi al 20%, crisi politiche e scandali. Pensare che “questa volta sia diverso” è un errore frequente. La realtà è che i fondamentali tengono, le prospettive di crescita ci sono, e anche se la volatilità resta, non siamo sull’orlo dell’abisso.

Ogni volta che dal 2009 il VIix ha superato quota 50, come accaduto qui ad aprile 2025, nei 12 mesi successivi le azioni sono salite, con un guadagno medio del 35%.

Lo scenario di base è che le azioni abbiano ancora circa l’11% di margine di ribasso. Ma nel prossimo decennio? Il rendimento decennale dopo un VIX superiore al 50% è del 220%.

Forse è questo il momento di restare lucidi e prepararci ad un futuro con guadagni importanti, anziché cedere alla paura. La legge dei mercati è spietata: trasferire ricchezza dagli impazienti ai pazienti. Voi lo siete?

NB. Questo articolo non costituisce consulenza finanziaria. Riporta dati da fonti autorevoli (SeekingAlpha, Bloomberg etc)

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