Draghi all’Ue: “Serve una risposta rapida alle sfide lanciate dagli Usa. Su Ucraina e commercio verremo lasciati soli”

"Il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce", ha detto l'ex Bce L'articolo Draghi all’Ue: “Serve una risposta rapida alle sfide lanciate dagli Usa. Su Ucraina e commercio verremo lasciati soli” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 18, 2025 - 14:30
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Draghi all’Ue: “Serve una risposta rapida alle sfide lanciate dagli Usa. Su Ucraina e commercio verremo lasciati soli”

L’Unione europea deve agire unita perché su molti temi, dall’Ucraina al commercio, verrà lasciata sola. Mario Draghi lancia l’allarme sul futuro dell’Ue dall’aula del Parlamento europeo a Bruxelles, in occasione della European Parliamentary Week. Lui, che è stato chiamato da Ursula von der Leyen a stilare il rapporto sulla competitività che è diventato il punto di riferimento del programma quinquennale della nuova Commissione, adesso cerca di smuovere le istituzioni dall’impasse nella quale si sono cacciate, paralizzate nel loro processo decisionale mentre Washington, dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, ha iniziato ad agire in totale autonomia e senza confrontarsi con lo storico alleato europeo.

La risposta deve essere rapida – ha dichiarato Draghi – perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce. Deve essere commisurata all’entità delle sfide. E deve essere focalizzata sui settori che guideranno l’ulteriore crescita. Velocità, scala e intensità saranno essenziali”. Per riuscirci “dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity”. Lo stesso vale per le sfide a livello europeo, e non solo nazionale, a partire da quelle in ambito Difesa e commercio: “È sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato. La complessità della risposta politica che coinvolge la ricerca, l’industria, il commercio e la finanza richiederà un grado di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori, governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo. Contiamo sul fatto che il Parlamento agisca da protagonista per costruire l’unità politica, per creare lo slancio per il cambiamento, per chiedere conto ai politici delle loro esitazioni e per realizzare un ambizioso programma d’azione. Possiamo far rivivere lo spirito innovativo del nostro continente. Possiamo recuperare la capacità di difendere i nostri interessi. E possiamo dare speranza ai nostri popoli.”

Queste necessità diventano sempre più urgenti alla luce della nuova strategia americana nella gestione del dossier ucraino, dalla quale Bruxelles è stata esclusa da Washington e Mosca, e nel commercio, con Trump che annuncia pesanti dazi che colpiranno anche il Vecchio Continente. “Il sistema di difesa dell’Ue – ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio – è una delle nostre diverse vulnerabilità dove la frammentazione della capacità industriale lungo le linee nazionali impedisce la necessaria scala. Anche se siamo collettivamente il terzo Paese al mondo per spesa, non saremmo in grado di soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la nostra capacità produttiva. I nostri sistemi di difesa nazionali non sono né interoperabili né standardizzati in alcune parti chiave della catena di fornitura. Questo è uno dei tanti esempi in cui l’Ue è inferiore alla somma delle parti”. E questo non è un deficit da poco dato che, “se le recenti dichiarazioni” arrivate dagli Usa “delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”.

Serve quindi uno sforzo economico. Lo stesso chiesto a più ripetizioni dai vertici delle istituzioni europee, Ursula von der Leyen e Kaja Kallas in testa, e anche dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, arrivati a ipotizzare tagli al welfare per finanziare una spesa per la Difesa ben oltre il 2% del Pil stabilito dagli accordi Nato. Così, anche Draghi sostiene che “è ora importante che la Commissione riceva tutto il sostegno necessario sia per l’attuazione del programma sia per il suo finanziamento. Il fabbisogno finanziario è enorme, 750-800 miliardi di euro all’anno è una stima prudente. Per aumentare la capacità di finanziamento, la Commissione propone un’apprezzabile razionalizzazione degli strumenti di finanziamento dell’Ue. Ma non sono previsti nuovi fondi Ue. Il metodo proposto è quello di combinare gli strumenti dell’Ue con un uso più flessibile degli aiuti di Stato coordinati da un nuovo strumento europeo”.

Draghi torna però anche sulla competitività. Con gli Stati Uniti che virano verso un più convinto protezionismo e con la concorrenza delle grandi potenze che vantano produzioni a basso costo, anche l’Unione europea deve cercare di tornare a essere appetibile per le aziende. “Quando è stato redatto il rapporto, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina. Nei prossimi mesi l’Ue dovrà affrontare i dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense, ostacolando l’accesso al nostro principale mercato di esportazione. Inoltre, l’aumento dei dazi statunitensi sulla Cina reindirizzerà l’eccesso di capacità produttiva cinese in Europa, colpendo ulteriormente le imprese europee. In effetti, le grandi aziende dell’Ue sono più preoccupate di questo effetto che della perdita di accesso al mercato statunitense. Potremmo anche trovarci di fronte a politiche ideate per attirare le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. L’espansione della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che le tariffe non siano inflazionistiche”.

Un primo importante passo per evitare situazioni del genere, conclude l’ex Bce, è quello di “ridurre i prezzi dell’energia, questo è diventato imperativo non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie avanzate. La decarbonizzazione può essere sostenibile solo se i suoi benefici vengono anticipati”. Il rapporto commissionatogli dalla presidente della Commissione suggerisce di dar vita a una riforma “del mercato dell’energia, maggiore trasparenza nel commercio dell’energia, maggiore utilizzo di contratti di fornitura a lungo termine e acquisti a lungo termine di gas naturale, massicci investimenti nelle reti e nelle interconnessioni, oltre a puntare sullo sviluppo di energie rinnovabili”. Allo stesso tempo, ha aggiunto, “dobbiamo garantire condizioni di parità per il nostro settore innovativo delle tecnologie pulite, in modo che possa beneficiare delle opportunità della transizione. La decarbonizzazione non può significare la perdita di posti di lavoro verdi, perché le aziende dei Paesi con un maggiore sostegno statale possono conquistare quote di mercato”. “Un aumento della produttività totale dei fattori di appena il 2% nei prossimi dieci anni ridurrebbe di un terzo i costi fiscali per i governi del finanziamento degli investimenti necessari”, ha poi aggiunto.

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