Donald Trump chiede alle aziende italiane di rinunciare alla diversità

L’amministrazione statunitense, guidata da Donald Trump, vuole estendere alle imprese europee, e quindi anche a quelle italiane, la sua nuova politica di esclusione delle iniziative di diversità, equità e inclusione (DEI). Dopo i casi di Spagna e Francia, anche le aziende del nostro Paese che forniscono beni e servizi alle istituzioni americane stanno ricevendo lettere...

Mar 31, 2025 - 13:18
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Donald Trump chiede alle aziende italiane di rinunciare alla diversità

L’amministrazione statunitense, guidata da Donald Trump, vuole estendere alle imprese europee, e quindi anche a quelle italiane, la sua nuova politica di esclusione delle iniziative di diversità, equità e inclusione (DEI). Dopo i casi di Spagna e Francia, anche le aziende del nostro Paese che forniscono beni e servizi alle istituzioni americane stanno ricevendo lettere in cui viene richiesto di dichiarare esplicitamente l’assenza di politiche di inclusione nei propri programmi aziendali. Chi non si adegua rischia di essere escluso dagli appalti pubblici statunitensi.

L’iniziativa nasce dall’ordine esecutivo firmato da Trump lo scorso febbraio, in cui le politiche DEI sono state bollate come “discriminatorie” e “contrarie ai valori americani”. L’ordine impone a tutti gli enti federali di eliminare le preferenze basate su genere, etnia o disabilità nelle assunzioni e negli appalti. Di conseguenza, i fornitori esteri devono dimostrare di rispettare la stessa linea per continuare a lavorare con il governo americano.

La mossa, che ha già suscitato forti reazioni in Francia e Belgio, sta generando tensioni transatlantiche e solleva interrogativi sull’ingerenza statunitense nelle politiche aziendali europee. L’ordine esecutivo di Trump, firmato il 21 febbraio, definisce le agevolazioni per categorie svantaggiate “pericolose, degradanti e immorali“, ritenendole una minaccia ai “tradizionali valori americani di duro lavoro, eccellenza e risultati individuali”.

Le comunicazioni inviate alle aziende, secondo quanto riportato dal Financial Times, includono una richiesta esplicita di certificare la non adozione di programmi DEI, pena l’esclusione dalle gare d’appalto. La formula utilizzata è apparentemente cortese, ma la sostanza è perentoria: “Se non accettate di firmare questo documento, vi saremmo grati di fornirci gentilmente motivazioni dettagliate, che saranno inoltrate al nostro ufficio legale”.

In Francia, la risposta è stata immediata e ferma. Il ministero del Commercio estero ha definito “inaccettabili” le “ingerenze americane nelle politiche di inclusione delle imprese francesi”, mentre il ministro dell’Economia, Eric Lombard, ha annunciato che avrebbe sollevato la questione con i suoi omologhi americani. Anche in Belgio, il vice primo ministro Jan Jambon ha respinto le richieste statunitensi, affermando: “Non abbiamo lezioni da imparare dal capo d’America”.

La situazione italiana è in evoluzione. Il Corriere della Sera ha interpellato l’ambasciata USA a Roma per sapere se comunicazioni analoghe siano state inviate a imprese fornitrici di beni e servizi nel nostro Paese. La risposta è stata evasiva, con il portavoce che ha rimandato al Dipartimento di Stato per ulteriori informazioni. Tuttavia, non risultano eccezioni rispetto a quanto avvenuto in Spagna e Francia, dove le ambasciate americane hanno confermato l’invio delle comunicazioni.

La vicenda solleva una serie di interrogativi sulle implicazioni per le aziende italiane che intrattengono rapporti commerciali con gli Stati Uniti. La rinuncia alle politiche di inclusione potrebbe comportare, tra le altre cose, anche una perdita di competitività sul mercato europeo, dove tali politiche sono sempre più diffuse e valorizzate. Inoltre, la mossa statunitense rischia di incrinare le relazioni transatlantiche, già messe a dura prova dalle tensioni commerciali degli ultimi anni.

L’impatto di questa vicenda è ancora incerto, ma è chiaro che la stretta statunitense sulla diversità sta generando un’ondata di reazioni in Europa, con possibili ripercussioni anche per le aziende italiane.

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