Intervista ad Alteria: “Sul palco mi sento a casa. Lo studio mi dà ancora un po’ di ansia da prestazione”

Artista potente, instancabile e dalla voce inconfondibile, Alteria torna con un nuovo album che è un vero manifesto personale ed emotivo.  L'articolo Intervista ad Alteria: “Sul palco mi sento a casa. Lo studio mi dà ancora un po’ di ansia da prestazione” proviene da imusicfun.

Apr 10, 2025 - 14:04
 0
Intervista ad Alteria: “Sul palco mi sento a casa. Lo studio mi dà ancora un po’ di ansia da prestazione”

Artista potente, instancabile e dalla voce inconfondibile, Alteria torna con un nuovo album che è un vero manifesto personale ed emotivo. 

Nel fiore dei tuoi danni“, suo quarto disco e il terzo in lingua italiana, è una raccolta di canzoni che si muove tra la rabbia e la dolcezza, l’introspezione e la carica rock, raccontando di crescita, errori, consapevolezze e identità. 

In questa intervista, Alteria si racconta con sincerità e profondità, parlando di come è nato il disco, del valore del live, del rapporto con la lingua italiana e della sua anima introversa che trova nella musica la sua vera casa. Un viaggio che parte da una figlia diciottenne e arriva fino alla donna che non smette mai di esplorarsi, artisticamente e umanamente.

Intervista ad Alteria, il nuovo album “Nel fiore dei tuoi danni”

Alteria, cominciamo subito da questo momento così pieno di fermento. Come stai vivendo l’uscita del tuo nuovo album e il tour?

E’ un periodo davvero frizzantino. Sono molto felice, ci sono tante cose in movimento: il nuovo album, il tour, il contatto con il pubblico. È un bel momento.

Il tuo album “Nel fiore dei tuoi danni” è uscito in formato fisico il 21 marzo, mentre sarà disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 9 maggio. 

Come mai questa scelta di separare le due uscite?

Una scelta legata anche al mondo del live: volevo che il disco fisico potesse essere un’esperienza esclusiva, un oggetto da acquistare durante i concerti, tra vinili, cd e perfino musicassette. È un modo per creare un legame più poetico e concreto con chi viene a vedermi dal vivo. Lo streaming ovviamente arriverà, ma mi piaceva dare questa anteprima tangibile a chi sceglie l’esperienza del live.

A proposito di live: sei nel pieno del tour. Possiamo dire che per te il palco è la vera casa del rock?

Assolutamente sì. Quando salgo sul palco mi sento esattamente a casa. Lo studio mi dà ancora un po’ di ansia da prestazione, che è utile ma diversa. Il palco invece è adrenalina pura, è una dimensione che amo, soprattutto nel rock, che è per definizione musica da vivere dal vivo.

Questo è il tuo terzo disco in italiano: che consapevolezze hai maturato nel cantare rock nella nostra lingua?

Ho capito che amo cantare in italiano. È stata una sfida iniziale perché sono cresciuta ascoltando il rock in inglese, ma l’italiano ha una musicalità e una ricchezza di sfumature che si sposa benissimo anche con le spigolosità del rock. E poi dà ancora più peso ai testi, che per me stanno diventando sempre più importanti nel mio percorso cantautorale.

Parliamo del brano “Pixie”: citi “Where is my mind?” dei Pixies, ma il tuo pezzo è tutto fuorché una cover. Raccontaci il processo che ha portato alla creazione di questa canzone.

Non è una cover, ma una canzone originale con alcune citazioni volutamente inserite. La storia che racconto è vera, e i Pixies erano davvero in radio in quel momento che descrivo nel testo.“Where is my mind?” era la colonna sonora reale di quel periodo, e mi sembrava necessario omaggiarla per ricreare l’atmosfera. È un modo per fissare in musica un’immagine che ho vissuto profondamente.

Nel disco c’è anche “Wonderful”, che ha un’anima country folk molto riconoscibile. Come ti trovi con queste sonorità?

Mi ci trovo benissimo! Amo quel mondo acustico, caldo, come quello del disco solista di Robert Plant, “29 Palms”, che è tra i miei riferimenti. In realtà inizialmente volevo fare un disco interamente acustico, poi scrivendo sono venuti fuori anche pezzi più tirati… e ho deciso di non frenarmi: sono tutte parti di me, anime diverse ma autentiche.

“Camomilla col gin” è il singolo di lancio. Un titolo che colpisce subito, quasi uno simoro. Come nasce questa immagine così visiva e potente?

È il simbolo perfetto della mia doppia natura: da un lato sono solare e ironica, dall’altro molto introversa. A volte sento il bisogno di isolarmi, di staccarmi da tutto, anche se faccio un lavoro che richiede una certa energia estroversa. Quel cocktail esiste davvero (ed è buono!), ma rappresenta anche questa mia dicotomia interiore: la camomilla è il mio bisogno di calma, il gin la mia parte più “fuori”.

Subito dopo “Camomilla col gin” troviamo “L’ultima”, un brano che sembra avere legami tematici con il precedente. È stata una scelta voluta nella tracklist?

Assolutamente sì. So che oggi si ascoltano le canzoni singolarmente, ma io ancora mi faccio tutte le “pippe” da vinile: voglio che la tracklist racconti un percorso. “L’ultima” è un pezzo più arrabbiato, è il mio sfogo per tutte le difficoltà che si affrontano nel fare musica inedita oggi in Italia. Dopo il bisogno di isolamento arriva il peso di lottare per la propria arte.

A metà disco troviamo “Salvami”, una breve traccia poetica e inattesa. Come nasce questa “virgola”?

Nasce da una melodia che mi girava in testa da tempo, con le parole “le favole che non so”. Non volevo buttarla via anche se era breve, e così è diventata proprio una virgola narrativa, un momento sospeso, come se segnasse il passaggio dal lato A al lato B del vinile. È un frammento fragile, ma prezioso.

Il titolo dell’album è “Nel fiore dei tuoi danni”. A chi è rivolto?

Alla mia figlia diciottenne. Il titolo gioca col classico “fiore degli anni”, ma parla anche dei danni, degli errori che si fanno crescendo. Lei e io siamo cresciute insieme, io sono diventata mamma molto giovane, e oggi che lei entra nella sua età adulta, mi guardo anche io: a 40 anni sono ancora nel fiore dei miei danni. Il disco è anche una lettera d’amore a lei.

C’è un detto che dice “non si cresce con gli anni, ma con i danni”. Quali sono stati i tuoi?

Ne ho fatti parecchi. Il più grande è stato quello di non buttarmi subito nella musica inedita. Per tanto tempo mi sono dedicata solo agli omaggi al rock, complici anche i miei lavori in tv e radio. Ho cominciato troppo tardi a scrivere i miei pezzi, e forse avrei dovuto sperimentare prima anche l’italiano. Però ogni errore ha portato a qualcosa, quindi… ci sta.

Nel brano “Personalissima rivolta” si sente un richiamo forte al Teatro degli Orrori. È voluto?

Eccome se lo è! Li adoro, Capovilla in particolare. Quando ho scritto quel pezzo avevano appena annunciato la reunion, ed ero super carica. La strofa ha volutamente quel timbro, quella scansione vocale. È un mio personale omaggio a loro. E il pezzo dal vivo spacca, la gente lo sente subito.

Chiudiamo con “Il cortile”. In un disco così personale, che ruolo ha questo brano?

È uno sguardo indietro, al passato, al luogo da cui provengo. Concludere con “Il cortile” è stato un modo per ricollegarmi alle radici, per chiudere un cerchio e al tempo stesso lasciarlo aperto. È malinconico, ma anche pieno di gratitudine. Come tutto il disco, d’altronde.

Il concerto della rocker e speaker radiofonica ALTERIA, inizialmente previsto per martedì 22 aprile presso il Legend Club di Milano e tappa del “Voglio Andare Oltre (Royal Enfield Tour)”, è stato posticipato per motivi organizzativi a giovedì 15 maggio alle ore 20.00 nella stessa location. 

Advertisement
Advertisement

L'articolo Intervista ad Alteria: “Sul palco mi sento a casa. Lo studio mi dà ancora un po’ di ansia da prestazione” proviene da imusicfun.