Don Samuele Marelli “colpevole” di abusi, condannato dal Tribunale ecclesiastico: interdizione a esercitare e confessare
“Colpevole” di atti sessuali con minori, ma anche di una persona maggiorenne con l’abuso di autorità. È la sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale per don Samuele Marelli, già vicario della comunità pastorale San Giovanni Paolo II di Seregno e responsabile della pastorale giovanile della stessa cittadina che comprende sei parrocchie, per sette anni responsabile della […] L'articolo Don Samuele Marelli “colpevole” di abusi, condannato dal Tribunale ecclesiastico: interdizione a esercitare e confessare proviene da Il Fatto Quotidiano.

“Colpevole” di atti sessuali con minori, ma anche di una persona maggiorenne con l’abuso di autorità. È la sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale per don Samuele Marelli, già vicario della comunità pastorale San Giovanni Paolo II di Seregno e responsabile della pastorale giovanile della stessa cittadina che comprende sei parrocchie, per sette anni responsabile della Fondazione diocesana per gli oratori milanesi. Il sacerdote era finito al centro di un’inchiesta canonica della Curia ambrosiana per abusi sessuali su minori ed è indagato dalla procura di Monza per lo stesso reato. Docce con gli adolescenti che accompagnava nei campi estivi, allusioni sessuali, numerose chat e foto inequivocabili, insulti e umiliazioni. Gli inquirenti, guidati da Claudio Gittardini, ancora nei giorni scorsi stavano raccogliendo ulteriori testimonianze.
La condanna – Al prete, classe 1976, sono state inflitte una serie di interdizioni. A don Marelli sarà proibito per cinque anni “di risiedere nel territorio dell’Arcidiocesi di Milano…” di esercitare “il pubblico del ministero sacerdotale”. Inoltre è stato condannato alla “proibizione perpetua di cercare contatti volontari con minori, se non alla presenza di un accompagnatore maggiorenne; alla privazione, per dieci anni, della facoltà di confessare e di poter svolgere attività di direzione spirituale; alla proibizione perpetua di cercare contatti volontari, attraverso qualunque mezzo, con persone che erano canonicamente domiciliate a Seregno nel periodo in cui don Samuele ha svolto ivi il ministero sacerdotale”.
La nota neutra – La notizia della condanna è stata pubblicata – con un titolo neutro – sul sito della Diocesi di Milano senza informare la stampa tramite comunicato stampa come invece era avvenuto per il mea culpa del 17 aprile dell’arcivescovo Mario Delpini in cui si parlava di “ferita inguaribile”. E così sul sito compare questo comunicato: “Pubblichiamo la lettera che mons. Michele Elli, Vicario episcopale della Zona V (Monza), ha indirizzato ai fedeli della Comunità pastorale “Giovanni Paolo II” di Seregno, una comunicazione che lo stesso mons. Elli ha letto al termine della Messa celebrata questa mattina alle 11 nella parrocchia di San Giuseppe a Seregno. Carissimi fedeli, vi raggiungo con questa mia lettera per un aggiornamento rispetto a quanto già vi avevo comunicato in data 30 marzo in merito alla vicenda che ha coinvolto don Samuele Marelli e la vostra comunità.
Lo scorso giovedì 24 aprile, infatti, si è concluso il primo grado di giudizio del processo canonico, nel quale don Samuele era imputato. Il Tribunale ecclesiastico incaricato ha comunicato all’Arcivescovo di aver riconosciuto la colpevolezza di don Samuele, in riferimento a due fattispecie delittuose per l’ordinamento canonico: atti contro il sesto comandamento del decalogo con minore da parte di un chierico (can. 1398 § 1, 1°) e atti contro il sesto comandamento del decalogo da parte di un chierico con persona maggiorenne, compiuti tramite abuso di autorità (can. 1395 § 3)”. Il sesto comandamento è quello dell’adulterio e riguarda la violazione dell’impegno alla castità da parte di chi ha preso i voti.
Sentenza non definitiva – La nota prosegue con la condanna e questa riflessione: “Ogni pena canonica è sempre finalizzata ad ottenere il ristabilimento della giustizia, il pentimento del reo e la riparazione dello scandalo (cfr. cann. 1311 § 2 e 1341) ed è pertanto uno strumento che la Chiesa fa suo per custodire il bene di tutti fedeli. Trattandosi di una sentenza in primo grado di giudizio, essa è soggetta a possibile appello e non è dunque da considerarsi come definitiva. Nel mentre, rimangono in essere le misure cautelari imposte al sacerdote (si trova in una residenza, ndr) , al quale continua pertanto ad essere proibito l’esercizio pubblico del ministero al di fuori del luogo della sua attuale dimora, nonché il contatto volontario con i fedeli della comunità di Seregno. In questa domenica in cui celebriamo la “Divina misericordia”, esprimo nuovamente la vicinanza a tutte le persone coinvolte e che hanno sofferto per questa vicenda, nonché a tutta la comunità cristiana che vive un momento di turbamento e di ferita. I fatti accaduti – conclude la nota – ci spronano a ricercare una sempre migliore formazione di tutti coloro che svolgono un servizio educativo nelle comunità cristiane, una prevenzione più efficace e una condivisione delle scelte e degli stili educativi. Ringrazio coloro che in questa difficile situazione hanno sostenuto e incoraggiato il cammino di tante persone e dell’oratorio”.
Se in appello la condanna dove essere confermata, la sentenza definitiva per il sacerdote potrebbe essere la riduzione allo stato laicale che verrà decisa in Vaticano. Con la morte di Papa Francesco, ovviamente, diversi cariche sono decadute e solo con il nuovo pontefice saranno nominati i responsabili.
Dal 2018 – Gli abusi, a quanto scoperto dal FattoQuotidiano, erano stati segnalati già a partire dal 2018, ma la pandemia aveva fermato ogni tipo di verifica, consentendo così al sacerdote di continuare ad agire in modo indisturbato. Quando, però, nel febbraio 2024, la Curia ambrosiana ha finalmente dato il via all’investigatio praevia, trovando conferme alle pesantissime accuse, nessuno ha pensato di darne immediata comunicazione alla procura, soprattutto visto il coinvolgimento di minori all’epoca dei fatti. Atti, quelli dell’investigatio praevia, che sono stati inviati al Dicastero per la dottrina della fede, organismo vaticano competente per questi reati, che ha dato subito indicazioni alla Curia ambrosiana di come procedere con il processo canonico vero e proprio. Che si è quindi concluso con il verdetto di condanna. Vale la pena ricordare che, a fronte delle segnalazioni arrivate, lo stop da tutti gli incarichi è stato chiesto dal sacerdote solo nel febbraio 2024, “per favorire un recupero psico-fisico” e “rileggere l’esperienza degli anni di ministero”.
L’inchiesta di Monza – Don Marelli, comunque, dovrà rispondere anche la procura. Il suo nome è iscritto nel registro gli indagati e gli inquirenti anche nei giorni scorsi hanno proseguito l’attività di indagine condotta dai carabinieri. Sono state raccolte diverse testimonianze. Un lavoro delicatissimo in considerazione del fatto che alcuni giovani sono stati sentiti proprio nell’ambito del processo canonico. L’inchiesta di Monza è partita in seguito a più denunce.
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