Del Conte “Le aziende creano poco valore e pagano il minimo”

Isalari in Italia «sono piatti da trent’anni, dalla stagione delle moderazione salariale inaugurata con il protocollo Ciampi del 1993». Da allora, per Maurizio Del Conte, docente di diritto del Lavoro in Bocconi, solo «la spirale della bassa produttività e l’avvitamento con i bassi salari». Professore, tutta colpa della concertazione? «All’epoca l’obiettivo era portare l’Italia nell’Europa […] L'articolo Del Conte “Le aziende creano poco valore e pagano il minimo” proviene da Iusletter.

Mar 25, 2025 - 15:57
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Del Conte “Le aziende creano poco valore e pagano il minimo”

Isalari in Italia «sono piatti da trent’anni, dalla stagione delle moderazione salariale inaugurata con il protocollo Ciampi del 1993». Da allora, per Maurizio Del Conte, docente di diritto del Lavoro in Bocconi, solo «la spirale della bassa produttività e l’avvitamento con i bassi salari».

Professore, tutta colpa della concertazione?

«All’epoca l’obiettivo era portare l’Italia nell’Europa e nell’euro.Tirare un colpo di freno alla scala mobile, all’inflazione, rientrare nei parametri economici. L’abbiamo fatto blindando la contrattazione nazionale per tenere sotto controllo i salari.Dando maggiore potere aisindacati in cambio di maggiori sacrifici dei lavoratori».

Poi però le imprese si sono adeguate.

«Quando punti tutto sulla moderazione salariale si innesca un fenomeno: il tuo sistema produttivo si sposta dove compete sul basso costo del lavoro, anziché investire in tecnologia e migliorando la qualità del prodotto».

Si spiegano così i bassi salari e il lavoro povero?

«Se disinvesti sulle produzioni a maggior valore aggiunto e non fai più ricerca e sviluppo perché costa troppo, fai la fine che dice l’Ocse: finisci nella parte bassa della catena del valore. Le eccellenze italiane non fanno sistema né massa. Il grosso viene da grandi imprese che producono poco valore e bassi salari. Così non migliori la produttività, metti più gente a lavorare e la paghi poco. Quello che sta avvenendo in questa fase».

Come leggere il record di occupazione?

«Il numero degli occupati cresce, come in tutta Europa dopo la pandemia. Ma non cresce in modo corrispondente, con la stessa forza, la produzione. E quindi non si recupera Pil. Questo si traduce in un ulteriore deprezzamento del lavoro. Le aziende assumono tanto perché pagano poco. C’è poi il problema di reperire e trattenere il lavoro, anche per la crisi demografica.L’arma è il prezzo: retribuzione basse in cambio di contratti a tempo indeterminato».

Cosa può risolvere il salario minimo?

«Non il problema vero: quello dei salari mediani che sfiorano ormai la soglia di povertà. Abbiamo troppo legato la questione salariale in Italia al salario minimo, facendogli un grande torto e allo stesso tempo non guardando cosa succede laddove un’ora di lavoro viene pagata 12-13 euro, ma i lavoratori non riescono neanche a coprire l’affitto».

Colpa anche dei sindacati?

«Siamo rimasti incastrati. Nel 1993 è stato disegnato un sistema senza salario minimo, con un contratto nazionale su livelli bassi ed eventuali integrazioni nel contratto aziendale. Sistema simile a una leva trattenuta proprio per non alzare i salari. Ma anche laddove è aumentata la produttività, come negli ultimi due anni, poi non si è andati a redistribuire. E i salari non si sono alzati. A tutti andava bene così».

Come se ne esce?

«L’obiettivo dell’agenda di Lisbona del 2000 era “More and better jobs ”. Abbiamo creato più lavoro, non migliore».

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