Ddl Sicurezza, l’appello a Mattarella dei familiari delle vittime delle stragi: “Fermi la norma sullo scudo ai servizi”

“Non possiamo assolutamente accettare che, in nome di una generica “tutela della sicurezza nazionale”, si possano in realtà mettere a repentaglio libertà e diritti dei cittadini”. Lo scrive il Coordinamento delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi, commentando il via libera in Commissione al Senato del ddl Sicurezza – già approvato alla Camera – […] L'articolo Ddl Sicurezza, l’appello a Mattarella dei familiari delle vittime delle stragi: “Fermi la norma sullo scudo ai servizi” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 21, 2025 - 15:14
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Ddl Sicurezza, l’appello a Mattarella dei familiari delle vittime delle stragi: “Fermi la norma sullo scudo ai servizi”

“Non possiamo assolutamente accettare che, in nome di una generica “tutela della sicurezza nazionale”, si possano in realtà mettere a repentaglio libertà e diritti dei cittadini”. Lo scrive il Coordinamento delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi, commentando il via libera in Commissione al Senato del ddl Sicurezza – già approvato alla Camera – e in particolare del suo articolo 31, che amplia a dismisura i poteri dei servizi segreti, consentendo tra l’altro agli agenti sotto copertura di dirigere e guidare organizzazioni terroristico-eversive (e non più solo di parteciparvi). Una norma che il Coordinamento aveva già definito una “licenza criminale fornita agli apparati di intelligence, chiedendo di poter intervenire in audizione di fronte alle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali di palazzo Madama, che stavano esaminando il testo.

Quella richiesta però è stata respinta dagli organi parlamentari con una lettera in cui si sosteneva che i termini per le audizioni fossero chiusi, invitando a presentare una memoria scritta: “Una risposta illogica e contraddittoria”, denunciano i familiari, in quanto, “oltre a non esistere un termine perentorio entro il quale le audizioni debbano essere concluse”, le Commissioni avrebbero potuto riaprirle in autonomia “secondo la prassi regolamentare”. Per questo il Coordinamento “condanna fermamente” il rifiuto opposto dal Senato, “interpretandolo come la negazione del legittimo diritto di partecipazione alla elaborazione di una normativa, sia per la rilevanza che avrà per la vita democratica del Paese che per le tragiche vicende di cui le associazioni del Coordinamento sono state protagoniste”, si legge nel comunicato firmato dai 21 componenti, tra cui il presidente Paolo Bolognesi (portavoce dei familiari delle vittime della strage di Bologna) e Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso da Cosa nostra.

“Se avesse potuto essere ascoltato”, si legge ancora, il Coordinamento “avrebbe espresso viva preoccupazione per l’ampliamento sproporzionato delle garanzie funzionali riconosciute anche per reati gravissimi come il terrorismo, vanificando i limiti della riforma del 2007 e riportando pericolosamente alle condizioni di cui i servizi segreti hanno fatto in passato pessimo uso, come testimoniano i costanti depistaggi, se non vere complicità, che hanno accompagnato le vicende delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese. Ha quindi il sapore della beffa“, denunciano i familiari, “addurre la chiusura dei termini per le audizioni quale motivazione del diniego, trattandosi, nel caso in specie, di un disegno di legge, non di decreto-legge soggetto a decadenza se non approvato entro certi termini, oltretutto con l’ipocrita disponibilità ad accogliere e dar diffusione a una memoria ben sapendo che la votazione era già stata calendarizzata e sarebbe stata effettuata pochi giorni dopo”.

In conclusione, il Coordinamento dei familiari delle vittime lancia un “appello alle forze politiche democratiche rappresentate in Parlamento, perché possano apportare al ddl in questione, e in particolare all’articolo 31, quelle giuste modifiche che lo riconducano nell’ambito della sua conformità ai principi costituzionali: confida che il Presidente della Repubblica faccia valere la propria “moral suasion” perché il Parlamento modifichi norme tanto inique quanto pericolose come l’articolo 31 e, qualora la maggioranza procedesse malauguratamente all’approvazione, che lo stesso provvedimento venga rinviato alle Camere“.

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