Dazi Usa, dopo le auto tocca alla componentistica. La situazione americana e le preoccupazioni in Italia
Il “manuale Cencelli” applicato dall’amministrazione Trump ai rapporti commerciali degli Stati Uniti con il resto del mondo ha già fatto decuplicare le imposte sulle importazioni delle auto prodotte fuori dai confini nazionali, da 2,5% al 25% per quelle europee. Dal 3 maggio tocca anche alla componentistica, per la quale la quale la revisione in chiave […] L'articolo Dazi Usa, dopo le auto tocca alla componentistica. La situazione americana e le preoccupazioni in Italia proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il “manuale Cencelli” applicato dall’amministrazione Trump ai rapporti commerciali degli Stati Uniti con il resto del mondo ha già fatto decuplicare le imposte sulle importazioni delle auto prodotte fuori dai confini nazionali, da 2,5% al 25% per quelle europee. Dal 3 maggio tocca anche alla componentistica, per la quale la quale la revisione in chiave protezionistica è più complicata e serve un bilancino di precisione: per il solo motore del modello più venduto Oltreoceano, il pick-up Ford F-150, i pezzi arrivano da 24 nazioni differenti.
Tesla e Rivian, che producono peraltro solo veicoli elettrici, quelli formalmente snobbati dall’inquilino della Casa Bianca, sono le sole case automobilistiche a fabbricare negli Stati Uniti tutte le auto che vendono nel paese e quindi non sono colpite dai dazi. Poi ci sono Ford (77%), Honda (65%), Stellantis (57%), Subaru (56%) e Nissan e General Motors (52%).
Per la componentistica il discorso è diverso, perché gli USA sono strettamente legati a Canada e Messico e i veicoli prodotti nell’ambito degli accordi NAFTA e USMCA sono per il momento esentati dai dazi del 25%, imposti solo su quelle parti che hanno origine fuori da queste tre nazioni: Europa, Cina e resto del mondo, dunque.
Riguardo alle parti per auto, il tasso di “americanità” degli approvvigionamenti oscilla tra il 61% di Tesla (Honda è al 57% e Stellantis al 55%) e il 17% di Mercedes-Benz (Polestar arriva al 26% e Volvo al 28%, entrambe della galassia cinese Geely). Dal confinante Messico arrivano tra il 4% (Kia) e il 44% (Polestar) dei componenti, mentre dal Canada proviene fra poco meno del 3% (Volvo e Polestar) e il 7% (Tesla) dei pezzi.
Secondo l’agenzia Reuters, nella “lista nera” della componentistica figurano almeno 150 elementi fra i quali motori, trasmissioni, batterie agli ioni di litio, pneumatici, ammortizzatori e i prodotti informatici. Nel solo 2024 tutti questi pezzi hanno comportato importazioni negli USA per un totale di 138,5 miliardi di dollari.
Contraccolpi sull’Italia? Secondo i dati dell’ANFIA, l’associazione nazionale filiera industria automobilistica, nel 2023 il comparto nazionale della componentistica automotive valeva 2.200 imprese per un fatturato di 55,9 miliardi e 167.000 addetti, subfornitura inclusa. A differenza di quello dell’intero automotive, che è negativo, il saldo sulla bilancia commerciale della componentistica è in attivo da oltre 20 anni (6,2 miliardi di media).
“L’industria dell’auto sta già attraversando una fase molto complessa, dalla sfida della transizione energetica e tecnologica al cambiamento degli equilibri geopolitici globali che impattano su mercato e produzione, motivo per cui i dazi si impongono come ulteriore elemento di forte preoccupazione – avverte Gianmarco Giorda, direttore generale dell’ANFIA – I numeri lo confermano: l’export di componenti e veicoli dall’Italia agli Stati Uniti sfiora i 5 miliardi di euro. Più precisamente, nel 2024 abbiamo esportato verso gli USA circa 31.000 autoveicoli, e componenti per circa 1,2 miliardi di Euro. A ciò si aggiunge l’impatto indiretto che i dazi potrebbero avere sulla componentistica italiana destinata al mercato tedesco e utilizzata poi nei veicoli tedeschi venduti oltreoceano”. La Germania assorbe da sola il 20% delle esportazioni italiane della componentistica.
L’analisi di Confartigianato rivela come a livello regionale i dazi sull’automotive penalizzino soprattutto l’Emilia-Romagna, dove si concentra il 67,1% del totale dell’export italiano di autoveicoli e componenti per auto negli Stati Uniti. Con il 12,3% c’è poi il Piemonte, seguito dalla Campania (7,4%) e dal Trentino-Alto Adige (2,4%). “La politica dei dazi – ha osservato il presidente della confederazione Marco Granelli – non paga per nessuno. Le sfide commerciali si vincono garantendo la libera circolazione delle merci”.
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