Dazi e controdazi, tre cose da fare
La strada per una soluzione diplomatica è avviata. Se non avesse successo, i dazi di ritorsione avrebbero un effetto boomerang sulla nostra economia L'articolo Dazi e controdazi, tre cose da fare proviene da Economy Magazine.

Novanta giorni di sospensione degli extra dazi reciproci tra Usa e UE. Curiosamente, nel 1947 in 90 giorni venne finalizzato il piano Marshall. Speriamo che questi prossimi 3 mesi non raffreddino l’amicizia e la cooperazione transatlantica nate allora. La strada per una soluzione diplomatica è avviata. Se non avesse successo, i dazi di ritorsione avrebbero un effetto boomerang sulla nostra economia. Le importazioni in Italia dagli Usa riguardano per il 62% materie prime ed energetiche, 28% beni strumentali e 10% beni di consumo. Tariffe all’entrata si trasferirebbero sui costi di produzione, generando inflazione e aggravando la competitività di costo dei prodotti. Una manifattura di trasformazione ha bisogno di libero scambio.
90 giorni anche per preparare un piano B: un pacchetto di interventi da attuare se il nostro export sarà colpito. Credo ci siano una cosa da non fare (erogare sussidi) e tre da fare. Indennizzare gli esportatori colpiti equivale a far pagare al contribuente, che già pagherebbe i dazi in entrata, anche quelli in uscita. Si drogherebbe il sistema produttivo che invece dovrà adattarsi strutturalmente ad un nuovo scenario per spostare l’onere delle tariffe sui prezzi di vendita. E qui entrano in gioco qualità, innovazione, caratteristiche distintive di prodotto e marketing. Su questo il Made in Italy è forte, particolarmente nei settori che generano oltre la metà dell’export verso gli Usa (macchinari, mezzi di trasporto, farma e alimentare). Una politica industriale che rafforzi la competitività dell’offerta è la prima cosa da fare, agendo su innovazione digitale e struttura di costo (energia e oneri contributivi). La seconda riguarda incentivi a investire su nuovi mercati. L’export italiano verso mercati extra UE diversi dagli Usa è il 37% del totale, su molti di questi la quota di mercato dell’Italia è nell’ordine del 1% (è del 2.8% sul commercio mondiale): Cina, Giappone, Corea del Sud, Messico, India, Vietnam …. Un incentivo fiscale per finanziare le spese per crescere all’estero è semplice e costerebbe meno di un miliardo di euro: dimezzare l’aliquota IRPEG in proporzione del rapporto fra fatturato extra UE e fatturato totale. Terza, consumi privati e investimenti delle imprese per compensare minori esportazioni nella formula del Pil. Penso a un ulteriore taglio del cuneo fiscale che serva da spinta ai consumi interni e ad incentivi agli investimenti industriali. Riuscirà la diplomazia in 90 giorni ad evitare nuove tariffe, o almeno ridimensionarle? 90 giorni sono sufficienti per definire gli interventi per aiutare il sistema industriale a conviverci. Sono troppi per continuare a esporre economie e mercati alle “notevoli turbolenze” seguite al 2 aprile.
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