Dato per prosciugato, il Lago di Aral sta inaspettatamente rinascendo
Negli anni ‘60, i sovietici decisero di deviare i fiumi Amu Darya e Sir Darya – i principali immissari del lago d’Aral – per potenziare la produzione di cotone e riso. Fu l’inizio della fine, di quello che – prima degli anni ’60 – era il quarto lago più grande della Terra, che brillava per chilometri oltre i confini dell’Uzbekistan e...

Negli anni ‘60, i sovietici decisero di deviare i fiumi Amu Darya e Sir Darya – i principali immissari del lago d’Aral – per potenziare la produzione di cotone e riso. Fu l’inizio della fine, di quello che – prima degli anni ’60 – era il quarto lago più grande della Terra, che brillava per chilometri oltre i confini dell’Uzbekistan e del Kazakistan. Poi il nulla.
Il Lago d’Aral è andato gradualmente scomparendo negli ultimi sei decenni, causando insicurezza idrica e alimentare, influenzando la salute delle persone nei Paesi del bacino e influenzando il clima delle regioni.
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La maggior parte di quella superficie si è insomma ridotta a una distesa arida, dando vita al deserto più nuovo sulla Terra e colpendo 3milioni di persone che vivono nella regione circostante. Pochi anni fa ha preso il via l’Aral Sea Conservation Project che, finanziato dal Kazakistan e dalla Banca Mondiale, ha portato alla costruzione della diga Kokaral per impedire che l’acqua si disperdesse nella sabbia e si contaminasse con il sale.
Da allora, forse, qualcosa è cambiato, ma a piccolissimi passi.
Cosa è accaduto
Il Lago d’Aral un tempo si estendeva per 68mila km quadrati, ma i rapporti ora suggeriscono che tutto ciò che rimane attualmente sono circa 8mila km quadrati di acqua. Il resto del suo fondale marino bianco forma ora il deserto di Aralkum.
È certamente uno dei più grandi disastri ambientali del mondo, ha detto l’anno scorso Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione.
E non solo: gli studi hanno scoperto anche che la perdita di questo mare interno ha quasi raddoppiato la polvere atmosferica della regione tra il 1984 e il 2015, da 14 a 27 milioni di tonnellate: i venti infuriano e sollevano ovunque polveri tossiche.
La lenta ripresa
Il volume d’acqua della parte nord del lago di Aral (il Piccolo Lago d’Aral) è aumentato del 42% e ha raggiunto 27 miliardi di metri cubi alla fine della prima fase del progetto per preservare l’area settentrionale, ha annunciato il ministero kazako delle Risorse idriche e dell’Irrigazione, Nurzhan Nurzhigitov.
Nel 2008 è stato avviato l’Aral Sea Conservation Project, un’iniziativa finanziata dal Kazakistan e dalla Banca Mondiale che ha portato, come dicevamo, alla costruzione della diga Kokaral. Questa struttura è stata realizzata per evitare la dispersione dell’acqua nella sabbia e la sua contaminazione con il sale, contribuendo così al recupero dell’ecosistema del lago.
Già nel 1993, tuttavia, era nata l’IFAS (International Fund for Saving the Aral Sea), un’organizzazione che ha coinvolto Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Kirghizistan (quest’ultimo come Paese osservatore) con l’obiettivo di unire gli sforzi per contrastare la desertificazione e ripristinare l’ambiente naturale della regione.
Nel settembre scorso, il ministro kazako delle Risorse idriche e dell’Irrigazione ha annunciato un importante traguardo: dall’inizio del 2024, sono stati immessi nel lago 1,9 miliardi di metri cubi d’acqua, con una significativa riduzione della salinità e il ritorno della vita acquatica.
Nel periodo di massima irrigazione di quest’anno, il fiume Syr Darya ha portato nel lago un flusso di 80 metri cubi d’acqua al secondo, un dato nettamente superiore ai soli 6 metri cubi al secondo registrati l’anno scorso, ha dichiarato il ministro.
Secondo i dati ministeriali, il 75% del flusso del Syr Darya proveniva dal Kirghizistan, il 20% dall’Uzbekistan e il 5% dal Kazakistan. Si tratta di un tentativo di restituire al lago parte delle acque deviate per oltre cinquant’anni, una pratica che ha causato quel disastro ecologico di enormi proporzioni.
Di certo la situazione è ben lontana dall’essere risolta: per arginare, anche solo in parte, un disastro del genere serve molto di più.
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