Da "Pisa non si piega" a “La storia siamo noi”

A un passo dal baratro e 8 anni dopo siamo pronti a goderci la festa. Ecco tutto quello che abbiamo passato

Mag 4, 2025 - 14:34
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Da "Pisa non si piega" a “La storia siamo noi”

Pisa, 4 maggio 2025 – Eccoci, 8 anni dopo. Provate a immaginarvi Francesco De Gregori e la sua "La storia siamo noi" mentre leggete queste righe e tutto avrà un altro sapore. In questi anni (e in questo successo) va iscritta di diritto anche la rivolta popolare guidata dalla Curva Nord con lo slogan "Pisa non si piega". Un sussulto di dignità contro chi ha provato a usare il club solo come un bancomat, provando a lucrare anche sui suoi stessi debiti e sulla pelle di un gruppo di dipendenti della società di allora rimasti per molti mesi senza stipendi e alla fine senza neppure la corrente elettrica per consentire ai magazzinieri di utilizzare le levatrici per lavare le mute degli allenamenti.


Era il Pisa di Petroni, patron di Terravision (ve la ricordate la foto pubblicata da La Nazione del pullman fermo in aeroporto con le ganasce alle ruote?) che continuava a rilanciare come su un tavolo della roulette nel tentativo di affossare il club insieme alla sua dissennata gestione economico-finanziaria che aveva distrutto il sodalizio fondato sette anni prima con la matricola 930911 dagli avvocato Andrea Bottone e Federico Menichini, insieme a Paolo Mancini, dopo il fallimento di Luca Pomponi. Atti ufficiali, formali, che più di tante parole spiegano quanto il Pisa fosse ed è patrimonio di tutti.


Nel 2016 Petroni e il suo clan stavano gettando di nuovo tutto alle ortiche. Fu Rino Gattuso a denunciare la frottola del Pisa Football College, ideato solo per spillare soldi e non per costruire un settore giovanile. Furono mesi di angoscia dopo la promozione in serie B conquistata a Foggia. Era "l'estate del pisano" e di "Mai una gioia". L'estate di "Pisa non si piega" e di chi i nostri colori li difende a prescindere, non li calpesta, né li sfrutta.


Mesi di preoccupazione culminati a dicembre dello stesso anno con il provvidenziale intervento della famiglia Corrado (insieme al patron di allora Enzo Ricci e con la regia dell'allora presidente della Lega B, Andrea Abodi) che accettarono di pagare un mare di soldi per prendersi un club fallito e sommerso di debiti. Per salvaguardarne la storia, l'identità e rimettere carburante (denaro fresco) in un club precipitato a un passo dall'esclusione del calcio professionistico e tenuto in vita grazie alla caparbietà del tecnico calabrese che mantenne per mesi il timone di una barca alla deriva. Sembra preistoria, solo perché il presente è fatto non solo di successi sportivi, ma anche di una organizzazione societaria riconosciuta anche dai massimi livelli del nostro calcio.