Costo dell’energia troppo alto: a rischio l’occupazione nell’industria energivora europea
La Banca centrale europea lancia un monito sulla proporzionalità inversa tra costo dell’energia e occupazione. In un’analisi pubblicata il 5 maggio sul “blog” della Bce, tre economisti chiariscono come, nonostante il calo rispetto ai picchi del 2022, i prezzi nell’area dell’euro siano ancora ben al di sopra delle medie di lungo termine e potrebbero rimanere […] The post Costo dell’energia troppo alto: a rischio l’occupazione nell’industria energivora europea first appeared on QualEnergia.it.

La Banca centrale europea lancia un monito sulla proporzionalità inversa tra costo dell’energia e occupazione.
In un’analisi pubblicata il 5 maggio sul “blog” della Bce, tre economisti chiariscono come, nonostante il calo rispetto ai picchi del 2022, i prezzi nell’area dell’euro siano ancora ben al di sopra delle medie di lungo termine e potrebbero rimanere elevati nel prossimo futuro.
Alla luce di ciò, “stimiamo che un aumento permanente del 10% dei prezzi dell’elettricità potrebbe ridurre l’occupazione nei settori ad alta intensità energetica fino al 2%”.
Una previsione che interessa anche il nostro Paese, visto che “questi effetti sono ancora più significativi nelle aree con concentrazioni di industrie ad alta intensità energetica, tra cui la Germania meridionale, la Ruhr tedesca, l’Italia settentrionale e, seppur in misura minore, il Belgio settentrionale”.
Il danno potrebbe andare anche oltre, si legge nel blog, se si pensa che ogni posto di lavoro perso in ambito manifatturiero energivoro può causare fino a cinque occupati in meno tra indotto e servizi correlati.
Ciò è influenzato dal fatto che oggi in Europa i prezzi dell’elettricità sono 2,5 volte superiori a quelli degli Stati Uniti e quelli del gas quasi 5 volte sopra. Alla base di questi valori ci sono “tensioni geopolitiche, aumento dei prezzi delle quote di emissione e investimenti insufficienti nelle energie rinnovabili”.
La fotografia scattata si basa sull’analisi dei bilanci di circa 200.000 imprese manifatturiere di Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito. A loro si guarda con preoccupazione immaginando un possibile effetto domino: prezzi energetici strutturalmente alti, trasferimento dell’onere sul costo del prodotto finale, conseguente perdita di fatturato e, dunque, taglio dei lavoratori.
Non tutto è perduto, come sempre accade, se si considera come “le transizioni economiche passate suggeriscano che la perdita di posti di lavoro in un settore o in una regione non si traduce necessariamente in un aumento della disoccupazione complessiva. La flessibilità del mercato del lavoro è un fattore cruciale per gestire tale transizione. La capacità dei lavoratori di spostarsi tra settori e regioni e di adattarsi alle nuove competenze richieste attenua la perturbazione”.
Quel che serve sono incentivi e programmi di riqualificazione professionale, supportando anche la mobilità.
Il rapporto tra costo dell’energia, rinnovabili e lavoro
Come accennato in precedenza, la Bce vede nei mancati investimenti in ambito rinnovabili uno dei motivi che portano al rialzo dei prezzi energetici complessivi.
Basti pensare, in senso inverso, a quanto accaduto in Italia il 1° maggio, quando per la prima volta nella storia il mercato elettrico nazionale ha registrato prezzi pari o vicini allo zero per sei ore consecutive.
Un risultato che è stato considerato “la dimostrazione pratica che più solare significa meno spesa energetica per tutti”, secondo Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare (Come siamo arrivati al record di ore con il Pun vicino allo zero).
Sulla stessa linea Elettricità Futura, che sul suo sito web spiega: “La chiave per abbassare le tariffe elettriche è puntare con decisione sulle fonti rinnovabili, affiancandole a contratti a medio-lungo termine. Solo così sarà possibile scollegare il prezzo dell’elettricità da quello del gas”.
Riportando un’intervista del Dg Giorgio Boneschi a La Repubblica, l’associazione sottolinea come si debba aumentare il peso delle rinnovabili nel mix energetico, ma “siamo sulla strada giusta”; a fine 2024 la produzione da fonti sostenibili “ha coperto il 41% della domanda” e “arrivare al 60-70% avrebbe sicuramente un impatto positivo sui prezzi”. Tutto ciò senza dimenticare che “oggi ci sono 150 GW di nuova capacità rinnovabile in attesa di autorizzazione”.
Numeri e potenziali che avranno un risvolto in termini di posti di lavoro perché, come sottolinea la stessa Elettricità Futura in un’analisi pubblicata ad aprile, bisogna guardare anche all’interno del settore elettrico italiano quando si parla di sviluppo dell’occupazione.
Ad esempio, l’elettrico genera oggi 212.000 posti di lavoro nel solo indotto, contro i 59.000 di siderurgia, acciaio, moda chimica e farmaceutica, con una proiezione di 675.000 al 2027.The post Costo dell’energia troppo alto: a rischio l’occupazione nell’industria energivora europea first appeared on QualEnergia.it.