Cosa deve fare l’Europa dopo i dazi di Trump

Il primo obiettivo riguarda le barriere interne all’Unione di cui ha parlato Draghi e gli oneri impropri che gravano sulle nostre imprese per il carico burocratico accumulato soprattutto negli ultimi tre decenni. Il commento di Sacconi pubblicato su QN

Apr 6, 2025 - 10:01
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Cosa deve fare l’Europa dopo i dazi di Trump

Il primo obiettivo riguarda le barriere interne all’Unione di cui ha parlato Draghi e gli oneri impropri che gravano sulle nostre imprese per il carico burocratico accumulato soprattutto negli ultimi tre decenni. Il commento di Sacconi pubblicato su QN

L’attesa iniziativa del presidente degli Stati Uniti, proprio perché dedicata soprattutto alla reindustrializzazione interna, ci impone di compensare il ridimensionamento del nostro secondo mercato di esportazione recuperando competitività e coltivando nuove rotte commerciali.

Il primo obiettivo riguarda le barriere interne all’Unione di cui ha recentemente parlato Mario Draghi e gli oneri impropri che gravano sulle nostre imprese per il carico burocratico accumulato soprattutto negli ultimi tre decenni. Confindustria li ha stimati ieri nella misura di ben 80 miliardi. Sono paradossalmente fattori negativi autoprodotti che possiamo quindi rapidamente ridimensionare. Dobbiamo sconfiggere solo le pulsioni ideologiche che li hanno determinati.

La Commissione europea non può rimanere in continuità con le demenziali misure ostili alle imprese deliberate o avviate nel trascorso quinquennio. Se gli equilibri interni la paralizzano, si affidi al Parlamento Europeo la possibilità di indicare le necessarie correzioni al green deal e agli altri atti che hanno pesantemente inginocchiato la nostra industria.

Sul piano interno occorre rivisitare drasticamente tutta la legislazione vincolistica, generata sull’onda di patologie spesso presunte e comunque rare. Tra il !947 e il 1964, l’Italia fu in testa nel gruppo delle economie moderne grazie ad un solo fattore: la libertà. Secondo una recente ricerca, non contarono né incentivi né investimenti pubblici. Contò “solo” la libertà!

Infine, la ricerca di nuovi sbocchi commerciali può essere sostenuta dal Piano Mattei che ora, dopo la predisposizione della architettura giuridica e degli strumenti finanziari, può tradursi in azioni concrete con il coinvolgimento delle numerose imprese italiane interessate, a partire da quelle già presenti in Africa. Dalle grandi infrastrutture alla formazione, l’Italia può coltivare un legittimo interesse nazionale perché compatibile con quello europeo.