Conti pubblici, approvato il Def (che cambia nome): crescita dimezzata allo 0,6% nel 2025
Con il Dfp 2025 il governo rivede al ribasso la crescita, gestisce un deficit ancora alto, attende gli effetti della riscrittura del Pnrr e tiene ferma la spesa per la difesa

Il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo Documento di finanza pubblica, il primo con la sigla Dfp al posto del vecchio Def. Cambio di etichetta, ma anche di ambizioni: la cornice economica indicata dall’esecutivo perde brillantezza e si adatta a un orizzonte decisamente più opaco.
La riunione a Palazzo Chigi è durata 45 minuti, quanto basta per certificare che le previsioni di crescita dovranno fare i conti con un realismo più severo. Il testo è atteso in Parlamento giovedì per il consueto passaggio formale.
Crescita Pil Italia 2025-2027: le nuove previsioni
“Abbiamo deciso di adottare stime di crescita allineate a quelle recentemente ridotte da Banca d’Italia, quindi abbiamo una crescita reale del Pil di 0,6% nel 2025, 0,8% nel 2026 e 0,8% nel 2027, dimezzando di fatto la previsione del Piano che era 1,2%” ha dichiarato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Un taglio netto alle ambizioni iniziali, che riflette un contesto internazionale poco rassicurante e un’economia interna che fatica a guadagnare trazione.
Anche le stime di medio periodo traballano: lo stesso Mef ammette che le cifre potrebbero peggiorare. Mancano all’appello, per ora, gli effetti della riscrittura del Pnrr, che dovrebbe essere formalizzata entro la fine di maggio.
Deficit e debito pubblico: le stime aggiornate
Giorgetti ha comunicato che il disavanzo resterà sopra la soglia del 3% nel 2025, per poi rientrare nei due anni successivi. Il superbonus, dopo aver appesantito i conti come un macigno, inizierà a perdere spinta. I tecnici prevedono un rientro progressivo del disavanzo strutturale: 1,3%, 1,6%, 1,9%, 1,7% e infine 1,5% nel 2029.
Nessun capitolo straordinario inserito nel documento: le voci sono già state impacchettate dentro le previsioni ordinarie. Sul fronte del debito, si oscilla tra il 136,6% e il 137,6%, con un picco nel 2026 e un leggero calo previsto per l’anno seguente, complice l’effetto esaurimento dei bonus edilizi. Nessuna sorpresa, ma nemmeno spazio per illusioni.
Spesa per la Difesa e clausola di eccezione Ue
Il ministro ha affrontato anche il tema della spesa militare. Secondo Giorgetti, al momento non sono previsti cambiamenti: “La spesa per la difesa in questo momento mantiene l’orientamento e l’andamento originario”. L’Italia, ha spiegato, si considera in linea con la soglia del 2% fissata in ambito Nato, pur riservandosi di discutere i criteri adottati nelle sedi internazionali.
Quanto all’eventuale richiesta di attivare la clausola nazionale di eccezione rispetto agli indicatori europei, il governo ipotizza di avanzarla entro fine aprile. Questo implicherebbe la necessità di una votazione rafforzata in Parlamento, da effettuare nel momento in cui verrà esaminata la risoluzione sul nuovo Documento di finanza pubblica.
In merito alle pressioni arrivate da Bruxelles per incrementare le spese nel comparto difensivo, il governo prende tempo: eventuali scelte verranno valutate più avanti. Per procedere oltre l’attuale soglia del 2% servirebbe una revisione parlamentare attraverso una procedura di scostamento di bilancio.
Revisione Pnrr e prospettive economiche europee
Un altro fronte aperto è quello legato alla revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Giorgetti ha ricordato che sul tavolo ci sono diverse opzioni, tra cui la proposta di Raffaele Fitto sull’utilizzo dei fondi di Coesione e la possibilità di accantonare una quota dei progetti legati alle discipline Stem. Secondo il ministro, l’obiettivo verrà raggiunto, anche se il percorso è tutt’altro che lineare.
Le decisioni economiche future dipenderanno molto dal quadro normativo europeo, con particolare attenzione alle regole di bilancio: “Se succede una recessione bestiale rispetto a tutto ciò che sta accadendo, qualcuno dovrà chiedersi se queste regole sono ancora attuali o no” ha dichiarato Giorgetti, a margine di una domanda sulla riduzione dell’Irpef per il ceto medio. Il ministro ha inoltre sottolineato che il nuovo quadro è stato delineato in un contesto fortemente instabile a livello internazionale, rendendo le previsioni particolarmente incerte anche sul breve periodo.